L’atteggiamento con cui noi spesso ci avviciniamo al prossimo è un atteggiamento di avvicinamento di lontananza, lontananza che si evidenzia nel giudizio che noi diamo sul prossimo. Giudizio che diventa per noi motivo per girare al largo dalla persona stessa: non è degna di essere avvicinata, bisogna evitarla. È atteggiamento che ritroviamo anche nelle nostre chiese: chi è irregolare, chi è degno, chi è bravo e chi non lo è.
Non è così per Gesù. Non si lascia incantare dagli elogi dello spirito impuro, anche se lo reputa un rovina persone. Gesù si avvicina e lascia avvicinarsi l’uomo posseduto perché la sua impurità, il suo peccato, il suo essere indegno, diventano motivo non per allontanarsi ma per l’incontro, per la vita, per la purificazione. È Dio che impasta le sue mani nell’umano così come è e non quando l’umano è perfetto e purificato, reso degno della sua presenza.
Proprio perché sei così io mi avvicino a te, dice Gesù. Proprio perché sei così tu hai bisogno di me. Perché peccatore tu hai bisogno della mia grazia e del mio perdono. Perché malato tu hai bisogno del mio essere medico perché il medico o si prende cura del malato o perde di senso e di significato.
Gesù si avvicina all’uomo posseduto dallo spirito impuro. I complimenti dello stesso li ritiene spazzatura e non verità, anche se in parte dicono la verità.
Scaccia lo spirito impuro, si prende cura dell’uomo e lo libera dalla sua possessione. Lo rende libero, non lo allontana. Prima si avvicina; dopo che lo spirito impuro lascia l’uomo Gesù lascia l’uomo, non lo trattiene a sé. Lo ha liberato e lo lascia libero.
L’uomo dallo spirito impuro conosce il nome di Gesù, vuole manifestare il suo potere su di lui, lo definisce santo, lo vuole ammaliare.
Gesù lo scaccia non giudicando l’uomo. Non ha bisogno di giudicare, non trova alcuna categoria entro cui bloccarlo. Semplicemente lo guarisce da buon medico quale è, perché il medico è per i malati e non per i sani; Gesù è per i peccatori non per coloro che si ritengono a posto e non bisognosi della sua opera.
Spesso noi agiamo allontanando il diverso e il malato. Se un extra comunitario, un emigrato, uno straniero tiene gli occhi bassi, non si fa notare, non ha il cellulare in mano, lo riteniamo degno di attenzione. Per noi quella persona è brava se impara a non essere nessuno. Gli occhi bassi lo fanno scomparire dalla nostra presenza: così va bene. Se sta zitto è accolto, se parla per chiedere un’informazione viene respinto. Preferiamo la presenza di nessuno, l’assenza del tutto. Se non esiste è ok. Sedersi e raccontare e ascoltare con loro e loro, non è cosa ben vista, ma è senz’altro cosa umana e umanizzante, cosa di fede.
Abbiamo diviso il mondo tra i buoni, cioè noi ricchi, e i non buoni, cioè i poveracci. Abbiamo usato il terrorismo per dominare ciò che non riuscivamo a dominare. Continuiamo a dirci stati di diritto quando il nostro diritto è tutto basato sul non diritto di gran parte dell’umanità. Non ci rimane che ritornare al piccolo a condizione di non usarlo per escludere gli altri.
Se cominciassimo a ritenere questi nostri indemoniati, questi profughi, dei viaggiatori di sfortuna, forse ritorneremmo ad umanizzare il nostro sguardo e a muovere con grazia le nostre mani. È il nostro sguardo ad essere indemoniato, ad essere estraneo alla vita, a vivere da straniero con la nostra umanità. Umanità senza humus che umanità sei? E noi abbiamo timore di impastare le nostre mani con l’humus della vita? Perdiamo ogni giorno terreno perché ogni giorno perdiamo la bellezza di mettere le mani nel letame, nel terreno, nella vita così come si presenta a noi. Siamo costretti ad avere paura della vita, di chi porta vita, di chi sa ancora vivere nonostante le sue povertà e il suo non avere neppure il minimo per vivere. Loro salveranno il mondo, non noi e di questo noi ne abbiamo paura. Paura che esprimiamo nel modo più primitivo: escludendo e accusando gli sfortunati come coloro che sono il problema e non l’effetto del problema.
Non ci rimane che avvicinarci al Signore oggi, ora, e attendere che Lui preghi su di noi la sua benedizione: “Taci! esci da lui!”.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
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Gesù insegnava come uno che ha autorità.