p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 14 Dicembre 2019

Gesù ha portato i discepoli sul monte dove si è trasfigurato davanti a loro. Hanno visto ma non hanno capito nulla. Mentre vedevano il Padre è intervenuto dicendo: questi è mio Figlio ascoltatelo, indicando Gesù. Scendendo dal monte Gesù dice ai discepoli di non dire nulla di quanto hanno visto e parla della risurrezione: peggio che andar di notte, i discepoli non comprendono nulla.

Dei discorsi di Gesù i discepoli non capiscono molto e quando uno non capisce diventa intellettuale, teologo. Sono un pescatore di mestiere, ci tengo al mio Signore, non ci capisco nulla e allora avvio una discussione che mi aiuti a sviare la mia non comprensione delle cose alzando un po’ il livello del mio sapere, almeno in apparenza. La discussione verte sul profeta Elia che i maestri dicevano sarebbe dovuto tornare. Doveva venire Elia, per ristabilire ogni cosa, e poi il Messia. Questo per parlare delle tappe della storia, della salvezza, del come andrà a finire la storia. Un parlare per dare aria alla bocca. Sembra il nostro mondo di regali che non comprende il mistero del Natale e allora si rifugia nelle canzoni natalizie, nei regali, nelle luci, nel presepio e chi più ne ha più ne metta. Meglio stare sulle generali per potere vendere un po’ di fumo anche senza arrosto.

Gesù fa passare il discorso da teorico e fumoso al concreto, all’oggi. Elia è già venuto ma non l’abbiamo riconosciuto. Anzi quell’Elia venuto noi lo trattiamo sempre a pesci in faccia, lo trattiamo come ci gira, pur di non dovere ascoltare la Voce che dice la Parola. Il passaggio a Gesù che deve soffrire è il passaggio all’Incarnazione prima e alla morte e risurrezione poi. Capiscono che Gesù parla di Giovanni Battista del quale ne hanno fatto ciò che hanno voluto chiudendo la bocca perché la Voce non potesse pronunciare parole vere.

La concretezza con cui Gesù tratta la questione porta la questione da un futuro fumoso ed evanescente all’oggi.

Intuiamo che il profeta Elia di oggi, cioè il Battista, cioè Gesù, cioè chiunque si spende per il bene, è andato a finire male. Leggendo questo oggi di Dio possiamo comprendere che non possiamo essere schiavi di risultati che non contano e che non sono assicurati, che possono diventare degli idoli.

Nascita, morte e risurrezione sono facce della stessa medaglia, sono aspetti dell’unica vita nostra. Non possiamo passare la vita a scandalizzarci di questo dato di fatto che è la nostra vita: ci obblighiamo a non vivere. Non possiamo neppure stare ad attendere qualcuno che metta a posto tutto, qualche profeta ruffiano che ci prometta l’impromettibile pur di averci dalla sua parte.

Il problema, in realtà, è un altro: è capire già da ora che come di Elia, come del Battista, come di Gesù hanno fatto quello che volevano, così sarà di ogni realtà buona e di ogni profeta fedele.

La negatività del mondo, che è dentro ognuno di noi, non è allontanata da Dio, non è condannata dal suo amore, è invece abitata dalla sua vita. Il Padre, nel Figlio, si incarna e si sporca le mani vivendo la pazienza di speranza nella nostra realtà, con noi.

Questo altro non è che la passione di Dio per l’uomo. Questo è il vero punto che fa la differenza fra le fantasie di falsi profeti e ciò che Lui in noi chiede di incarnare e chiede di vivere. Il mondo diverso non è fuori da questo mondo; il mondo migliore non è lontano dalla nostra vita. L’Incarnato si impasta le mani nella nostra storia che il più delle volte non è proprio bella. Solo così si invera l’amore del Padre per i figli grazie al Fratello.

Accogliamo la luce che ci raggiunge oggi in questo avvento che ci fa camminare verso il Natale. Abbiamo tutti sperimentato una gioia che ci prende tutti e ci fa vivere momenti belli. Abbiamo tutti una bellezza interiore che parla di vita e ci spinge alla vita.

Questo desiderio siamo chiamati a coltivare se vogliamo riconoscere il Battista che è Voce della Parola oggi. Così diverremo capaci di ascolto che non è andare alla ricerca di qualcosa che possa darmi ragione di quello che penso e credo. In questo vivremo le sofferenze come parte della vita e dell’amore e non come castigo o come fatica inutile, da evitarsi e da cercare di tenere lontane.

Le mani della Madre nostra non disdegnano di sporcarsi per rendere migliore la vita dei figli suoi. Figli che non possono negare la fatica e la durezza della vita per cose fatue come certi discorsi teologici su Elia che deve venire. Figli che riscoprono la bellezza dello sporcarsi le mani come dato di vita. Così con le mani sporche di fango e di terra, possiamo ritrovare bellezza e gioia di vita.

Fonte

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI


Elìa è già venuto, e non l’hanno riconosciuto.
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 17, 10-13   Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».   Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».   Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista. Parola del Signore

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