p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 13 Aprile 2019 – Gv 11, 45-56

Lazzaro è stato risuscitato da Gesù, è tornato alla vita. Molti hanno creduto in Gesù. Molti altri, tra cui i capi, temono quanto Gesù sta facendo. Non sono riusciti a squalificarlo a parole con tutte le polemiche sul sabato e la legge, ora non gli resta che squalificarlo coi fatti condannandolo a morte.

 Su questa linea ci troviamo tutti, non prendiamocela coi capi dei sacerdoti e i farisei. Troppo facile vivere col nemico di turno con cui prendersela. Troppo facile sì, ma allo stesso tempo quanto ci complica la vita. Gesù ha risuscitato Lazzaro e noi rischiamo di andare a riempire la tomba della nostra vita di nuovo di morte. Non c’è storia, ne sono convinto, non ci sono nemici con cui prendersela. La storia dei nemici è storia diabolica. Vi sono solo fratelli da amare senza chiedere nulla. Non cambiano e non cambieranno, come non cambiamo noi. Ma non possiamo fare morire la libertà di amare a causa delle nostre morti quotidiane.

I capi decidono il da farsi. Gesù si dà da fare risuscitando i morti, loro decidono di dare la morte ai vivi. Noi rendiamo morti i vivi. Con chi vogliamo prendercela ancora? Meglio: a cosa serve prendersela con qualcuno se non dare la morte a quel qualcuno non salvando e non dando vita a nessuno?

Jaweh in una notte ha liberato il popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto, ma in quarant’anni di deserto non è riuscito ad estirpare dal loro cuore l’Egitto. Gesù in tre giorni è morto ed è risorto dando vita ad ogni uomo, ma in duemila anni non è ancora riuscito a liberare il nostro cuore dalla schiavitù che necessita del nemico.

È ora di renderci conto che noi siamo i capi dei sacerdoti, noi siamo i farisei, noi siamo i romani che distruggono, noi siamo quelli che credono ma non perseverano, noi siamo quelli appassionati di amore, non ce ne sono altri.

Noi abbiamo paura di chi distruggerà i nostri templi e le nostre chiese. Noi temiamo di non potere essere più liberi e allora ci condanniamo alla schiavitù della paura di chi ci può togliere la nostra libertà. Abbiamo paura che arrivino i romani o i musulmani di turno a portare morte e distruzione e non ci accorgiamo che noi stiamo distruggendo questo mondo portando morte in ogni dove. Gesù non è venuto a liberarci dai romani di turno, siano essi musulmani o terroristi di ogni razza, Lui è venuto a liberare noi e loro dal gioco di morte che tutti facciamo e nel quale tutti noi siamo immersi.

Siamo troppo subordinati al potere della morte, siamo sudditi della morte, nessuno escluso. Lui, il Signore della vita, viene e guarda dove abbiamo relegato l’uomo, Lui vuole instaurare il regno della Vita, dove non ci siano più nemici né morti non perché questo non accade più, ma perché questo siamo chiamati a viverlo in modo nuovo, in modo diverso. Bando alla paura che terrorizza la nostra esistenza, bando alle inimicizie. Qualcuno ne approfitterà? Senz’altro, ma questo non smuove di un centimetro la convinzione che ciò che vale è vivere il bene vivendolo bene.  Il male c’è e continuerà ad esistere, ma questo non è motivo sufficiente perché io mi allei col male solo perché, all’apparenza, è quello che l’ha vinta su tutto e su tutti.

Gesù è l’uomo solo che muore a vantaggio di tutti! Questo è solo ciò che vale, questo è quanto siamo chiamati a vivere noi se non vogliamo essere schiavi del padrone di turno che giorno dopo giorno porta alla morte e alla distruzione la nostra umanità.

Bene descrive questa realtà cristiana, Turoldo, con il suo “Fratello Ateo”:

Fratello ateo, nobilmente pensoso,
alla ricerca di un Dio che non so darti,
attraversiamo insieme il deserto.

Di deserto in deserto andiamo oltre
La foresta delle fedi,
liberi e nudi verso
il Nudo Essere
e là
dove la parola muore
abbia fine il nostro cammino.

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

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Per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.

Dal vangelo secondo Giovanni
Gv 11, 45-56

In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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