p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 12 Ottobre 2020

Da sempre l’umanità cerca di realizzare delle realtà che possano essere segno di felicità, di realizzazione. La buona riuscita economica è segno di una persona realizzata, che è in gamba, che merita. L’uomo che si fa da sé è segno di riscatto e di bravura, salvo poi scoprire che per arrivare dove è arrivato uno ne ha fatto di cotte e di crude. Così una donna di successo nella moda o nel cinema, si scopre che ha “dovuto” sottostare a certe avance se voleva avere un ruolo e avere successo. Ciò che importa sembra essere la buona riuscita, non la riuscita bella che cambia la vita anche se meno apparente.

Altra dimensione del tempo moderno in cui si cercano questi segni, è la dimensione del mondo scientifico. Una delle convinzioni del mondo scientifico è quella di dire che loro, gli scienziati, sono privi di ogni concetto e preconcetto, non hanno alcuna preclusione di fronte all’umano, non sono portatori di alcun valore da ricercare se non la libertà da ogni valore e concetto di umanità che possa diventare facilmente un preconcetto. Sia concetto religioso come concetto umano e culturale. L’affermazione di questa libertà non è forse un concetto preconcetto con cui questo mondo si avvicina all’universo, sia esso umano come sociale come creaturale?

È facile che tanto più uno abbia bisogno di sottolineare la sua libertà culturale da ogni preconcetto tanto più non si accorga del suo preconcetto che è proprio quello di negare la sua appartenenza ad una vera o presunta libertà, che è punto di partenza per affrontare la realtà. Non esiste un punto libero da noi stessi da cui partire perché anche quando noi affermiamo di essere liberi da ogni cosa, noi stiamo proprio partendo da quella cosa, dalla libertà, vera o presunta, da ogni cosa.

Un segno sia esso scientifico come sia esso religioso come sociale come finanziario non lo posso negare. Il punto è se quel segno diventa per me l’ancora della salvezza oppure è qualcosa che mi aiuta ad essere rimandato a qualcun altro o qualche altra realtà.

Una bandiera o mi rimanda ad una realtà oppure diventa un idolo; o è simbolo e mi dice qualcosa d’altro, oppure è un pezzo di stoffa più o meno bella.

I segni della presenza di Dio sono strumenti che noi tendiamo a fare diventare fini e dunque idoli per affermare il nostro bisogno di conferma o di successo. Così i segni spettacolari di madonne di turno o di soli che vanno e vengono o … che costringono all’assenso, sono semplicemente delle tentazioni, non miracoli. I miracoli sono a servizio dell’uomo. Nessun evento può essere ritenuto miracolo nel momento in cui costringe a credere perché uccide l’intimo più profondo dell’uomo, la sua libertà.

L’amore esige, anzi crea libertà. Chi ama è sempre esposto al rifiuto: pur di non costringere l’altro, muore lui stesso di passione non corrisposta. Questo è segno di un amore assoluto e senza costrizioni che noi non avremo mai, ma verso cui siamo invitati a camminare. La Parola che ci chiama alla conversione, ad innamorarci della Vita, è annuncio di questo amore rifiutato e crocifisso per noi, in nome del quale ogni crocifissione del fratello è abuso e violenza che non viene dal Padre, ma da noi che usiamo il Padre che è stato crocifisso nel Figlio per giustificare le nostre crocifissioni.

I segni sono strumenti per giungere alla fede. Ma i segni cessano nel momento in cui siamo di fronte alla realtà. Incontrare Gesù e cercare ancora segni è rifiuto della fede e allontanamento perché ci obbliga ad instaurare un rapporto di ricatto invece che di fiducia. Pur con tanta devozione i segni cercati sono una negazione della presenza del Cristo morto e risorto, con buona pace di ogni cultura miracolistica compulsiva della libertà della persona umana.

Giona mediò a malincuore la misericordia del Padre; Gesù è la stessa misericordia del Padre: questa è la realtà del nostro essere figli.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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