Cosa c’è di più intimo di un utero che accoglie il seme che lo feconda, cosa c’è di più intimo del dare cibo e nutrimento al frutto di amore che è nato grazie al seno che allatta? Cosa c’è più intimo di questo che nasce da un rapporto sessuale di amore? Niente verrebbe da dire, eppure c’è qualcosa di più grande. Dall’esperienza che nasce dal guardarci intorno potremmo dire cosa c’è di più intimo di un orecchio che mi accoglie con un ascolto che si esprime a parole ma che parla di tutto ciò che l’altro è?
Cosa c’è di più bello di due persone che si ascoltano e comprendono non solo i suoni che escono dalla bocca ma ciò che questi suoni mi dicono al di là delle parole. Cosa c’è di più fecondo di una parola che nasce dal cuore e giunge al cuore dell’altro? Forse il luogo più adatto della parola per fecondare è il cuore, più che l’utero.
In fondo quella donna altro non ha fatto che parlare della sua esperienza, in un tempo in cui la maternità e la fecondità avevano un posto di primo piano nella vita di una donna e di una famiglia. Una realtà forse ancor più importante del rapporto con l’uomo. In fondo è quanto mi pare di avere colto nella realtà del Mozambico, dove l’uomo serve per fecondare ma poi, nella gran parte dei casi, ci pensa la donna a dare la vita prima e dopo il parto. L’uomo serve a ben poco e chi manda avanti l’economia domestica è la donna. Non solo perché l’uomo ha un ruolo di secondo piano, ma anche perché l’uomo in molti casi proprio sparisce dall’orizzonte della vita familiare.
Maria, come ogni donna, è beata perché ha concepito, perché ha partorito, perché ha allattato. Questa beatitudine rimane centrale nell’esperienza di Maria come di ogni donna. Gesù ci vuole dire che c’è qualcosa non solo di più grande ma addirittura alla portata di tutti. C’è una beatitudine che esalta, trascende e valorizza la maternità di ogni uomo. Quello che Maria ha vissuto nella sua maternità ha un’origine e un compimento che trascende l’utero e il seno non perché annulla tale esperienza, ma perché la porta a una comprensione e un compimento molto più grande.
A ben pensare non credo che sia cosa ininfluente nella vita di una donna il sentire che in lei qualcosa si muove perché è incinta. Così come non credo che sia qualcosa di secondario il potere coccolare il bimbo mentre succhia latte al proprio seno, forse ciò che succhia di più è qualcosa di più grande e di più profondo, forse succhia amore.
Gesù ci dice che questa esperienza è solo apparente, meglio ancora esterna, meglio ancora che è azione ma che c’è un atteggiamento interiore che la trascende e la esalta. Questa esperienza è l’ascolto con tutto noi stessi dell’altro, comprendendo col cuore ciò che l’altro non solo dice ma, soprattutto, è. Tale ascolto è maternità donata a tutti gli uomini. Anche il maschio non ha la scusa di tagliare la corda perché anche lui è coinvolto in tale maternità. Non è più cosa da donne la maternità, la tenerezza, il figlio: è cosa da uomini (oltre che da donne)!
La maternità di Maria non è onore riservato a lei, non saprei che farmene. La maternità di Maria è un onore e un onore di ciascuno di noi, è beatitudine per tutti. Basta con l’esaltazione di Maria e della maternità come qualcosa da mettere sugli altari così da non lasciarci coinvolgere nel nostro quotidiano. È tempo di mettere allo scoperto i nostri uteri e i nostri seni, sia quelli maschili come quelli femminili. È tempo di beatitudine perché il seme della parola dell’altro, come di quello di Dio, entra in noi, ci feconda, ci fa comprendere lui. Lasciandoci fecondare dalla parola dell’altro, sia uomo che Dio, noi possiamo comprendere veramente, e dunque amare, chi l’altro è! Tutti siamo chiamati ad ascoltare la Parola e a dargli corpo, sia quella di Dio come quella del fratello/sorella. Ascoltare non è cosa vana. Ascoltare è lasciarsi fecondare per fare, per fare un figlio con chiunque incontri. Un figlio con un solo DNA, quello del Padre.
Veramente fecondo è stato l’ascolto di Maria della Parola di Dio; veramente feconda è stata la sua maternità; siamo chiamati a riprodurre la bellezza di questa esperienza tutti noi accoglienti la Parola.
Eccomi, disse Maria! La sua maternità prima che nel ventre fu nell’orecchio e nel cuore. Così il seme di un uomo come quello della Parola di Dio, diventa atto di amore che feconda vita, ciccia piena di amore e dunque vitale. Maria obbedì, vale a dire ascoltò, per questo fu Madre. La beatitudine è la stessa per chi accoglie il seme della Parola. È l’ascolto il principio dell’incarnazione, del Natale.
Accogliere la parola e custodirla con perseveranza è la chiamata che siamo invitati a vivere oggi. Il nostro rapporto con Dio diventa quotidianamente fecondo, come il nostro rapporto col prossimo può diventare fecondo, pieno di beatitudine.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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