Si sta diffondendo la fama di Gesù come il Messia. Gesù va a Nazaret dove i suoi compaesani sono suoi parenti. Rifiutano che Gesù possa essere il Messia perché è come loro, Lui è il Dio con noi, è l’Emmanuele, è l’Incarnato. Questo dato è rifiutato dai suoi in attesa di un Messia forte e potente, un Dio appunto, non un Dio fattosi uomo. è il nostro scandalo, di noi cristiani, di avere un Dio che è uno di noi, condivide la nostra carne e la nostra fragilità, fino a morire. Fragilità che non diventa luogo di divisione ma di comunione.
Gesù viene a Nazaret, nella sua vita quotidiana, dove ha vissuto per trent’anni, praticamente tutta la sua vita. In questo posto ritroviamo il luogo dove si realizza il vangelo. È il luogo della vita quotidiana. Nella sinagoga di Nazaret Gesù aveva imparato a conoscere la Parola, imparato a leggere. Nazaret era stato il centro della sua vita, dove aveva ascoltato per trent’anni la Parola di Dio.
È bello vedere come Gesù, in giorno di sabato, giorno di festa, entra nella sinagoga. Il sabato è il giorno in cui si compie la creazione, è il giorno dove noi vogliamo arrivare. La compiutezza di vita è vita piena che raggiunge il suo apice nel settimo giorno. Il gusto del sabato è il gusto in anticipo della festa, della gioia, del riposo. Di sabato non si lavora. Il sabato si mangia, si beve, si fa festa e si ascolta la Parola. L’uomo è fatto per questo. A volte sembra che noi riduciamo la festa, come il Natale che abbiamo appena celebrato, ad un carnevale. La festa è festa di tutta la persona: del corpo come dell’animo, dello spirito come dell’intelligenza, delle relazioni come del silenzio. Questa è la festa il settimo giorno, questa è la festa definitiva, dell’al di là, dell’incontro definitivo col Padre della vita.
Gesù dunque entra a Nazaret, luogo del suo quotidiano, ed entra nella sinagoga, luogo della Parola. Gli viene dato il libro, Lui si alza e lo apre. Gesti semplici ma profondamente significativi. Fin nell’antichità il libro della Parola è libro chiuso con sette sigilli, cosa che continuiamo anche noi a vivere. Non apriamo mai questo libro e se lo apriamo ci capiamo ben poco. Gesù lo apre perché Lui Parola vivente, è la logica spiegazione e compimento di quanto ci viene detto nella Parola di Dio, nella Bibbia. Lo apre stando in piedi, come sta in piedi il Risorto. Gesù che legge è come Gesù risorto che interpreta la Scrittura, ne mostra il compimento.
Questo libro, scritto dentro e fuori, poco compreso, è il simbolo, letto a Nazaret nel luogo del quotidiano, del nostro quotidiano che sembra essere sigillato. Facciamo fatica non tanto a correre nel nostro quotidiano, quanto invece a comprendere il senso del nostro camminare, del nostro darci daffare. È la nostra esistenza che sembra essere misteriosa ai nostri occhi, non la sappiamo leggere, tanto meno capire e interpretare. Per questo viviamo nella sofferenza insensata e nell’insensatezza sofferente.
Gesù si presenta a noi oggi nella nostra Nazaret, nel nostro quotidiano, e, stando in piedi da risorto, ci invita a risorgere ascoltandone la lettura piena di senso. Ci legge la vita, nel senso bello del temine, e ci invita ad una comprensione nuova.
E cosa fa Gesù, oggi? Annuncia il vangelo ai poveri, la Buona Notizia a noi poveri di tutto. Non sono le cose che fanno ricca o povera una persona, quanto invece il senso della sua esistenza.
Povero è uno che quasi non ha volto perché vive di dono e di dipendenza. Poveri sono quelli che non hanno da vivere. Poveri siamo noi condannati a vivere un carnevale anziché un Natale, a vivere di cose che non ci bastano mai e che non ci danno né mai ci daranno vita.
Nelle cose fondamentali siamo tutti poveri: la vita non ce la diamo da soli, così non ci diamo l’intelligenza, tanto meno ci possiamo donare amore, abbiamo bisogno della cura degli altri. Le cose che ci fanno vivere e che danno senso alla nostra esistenza ci vengono donate gratuitamente, sono dono. Se non sono dono costano troppo care e non arrivano mai.
In fondo il dono è il Risorto che stando in piedi toglie il sigillo dal libro della vita e ce lo legge. La mancanza di dono e di gratuità è il sigillo che rimane chiuso e non ci permette di aprire il libro della vita che ci dice il senso del nostro esistere. Senza tale dono la vita è solo guerra e disperazione, necessitante sempre più di miriadi di persone che non hanno diritto alla vita e non sono ritenute neppure persone. Carne da macello, roba da eliminare con in testa il diritto di poterlo fare. Il dono della vita da parte del Risorto è ciò che ci rende capaci di leggere la nostra vita e di trovarne un senso nuovo e vero, da risorti appunto.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI
Oggi si è compiuta questa Scrittura.