HomeVangelo del Giornop. Giovanni Nicoli - Commento al Vangelo del 1 Marzo 2024

p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 1 Marzo 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mt 21,33-43.45-46

L’uomo moderno è l’uomo delle conquiste. E quando uno conquista si convince sempre più che tutto è suo, che lui è padrone di quanto conquistato.

Noi sappiamo che l’uomo conquistatore è un uomo che ha rubato ad altri uomini la loro dignità. Ha rubato terre, da conquistadores; ha rubato cultura, ha rubato oro, ha rubato vita, ha rubato dignità, ha rubato libertà. Il conquistatore, in fondo, oltre che essere una persona che sa accumulare, e dunque ben vista nella nostra società, è una persona che distrugge quanto incontra. Prende oro e lo fonde per avere lingotti o gioielli di suo gusto, senza preoccuparsi di quanto distrugge per potere avere questo.

Tutto quello che conquisto è mio! Sulla base di questo abbiamo creato una società e un mondo sempre più attento a depredare o a cercare di accaparrarsi sempre più risorse e possibilità della creazione. Una creazione che sappiamo essere finita, viene trattata come una cosa che non ha fine. Per questo rischia di scoppiarci fra le mani un mondo sempre più martoriato e sempre meno rispettato.

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Il Signore ci invita ad invertire la rotta, a convertirci. L’inversione di rotta è chiara e profetica allo stesso tempo: non più conquistatori e accumulatori, ma fratelli che vivono la condivisione.

Di primo acchito ci viene da dire che la cosa è difficile, anzi impossibile. E può essere vero. Ma se ci fermiamo a questo altro non facciamo che credere e dire che il cristianesimo non ha più nulla da dire a questo mondo: non gli rimane che aderire ai valori di questo mondo e alla sua dinamica di ingiustizia, perché non si può fare diversamente. Noi cristiani da liberatori diveniamo giustificatori di una modalità di schiavitù che il nostro mondo tanto ama, schiavitù dai colletti bianchi, certo, ma sempre di schiavitù si tratta.

Essere fratelli, essere e vivere da condivisori, è invito a non ritenere nulla nostro, se non ciò che ci è necessario per vivere. Se non accettiamo di vivere non da conquistatori ma da gente che ha ricevuto tutto in dono, a noi verrà tolto il Regno di Dio e sarà dato ad altri che meglio lo incarnano. Se non accoglieremo la chiamata ad essere profeti, nascondendoci dietro una non chiamata ad adeguarci al mondo, non saremo più discepoli del Signore.

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La rivoluzione è questa: non vivere più le relazioni dall’alto in basso pensandoci maestri, ma vivere le relazioni da fratelli che condividono quanto hanno ricevuto e quanto sono. L’incapacità ad essere fratelli è la vera peste del nostro vivere, perché ci porta a trattare l’altro da subalterno, da persona da conquistare e da usare, come tutta la creazione viene trattata nella stessa maniera e ne viene, per questo, depredata, ne viene inquinata, ne viene distrutta.

Il vangelo ci indica una strada, una strada tracciata da Gesù: rinunciare ad ogni presunta superiorità per perseguire la chiamata alla fraternità. Seguendo Gesù che ha vissuto tale fraternità come profeta in parole ed in opere, nel proclamare e nel vivere, nel morire e nel risorgere.

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