p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 1 Agosto 2022

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È ora che il popolo cristiano si svegli, riscopra la propria chiamata, comprenda di nuovo il grande servizio che è chiamato a fare per il mondo, creda di nuovo al miracolo.

Il miracolo non è uno strappo alle leggi della natura, ma alle leggi del potere e dell’economia. Il miracolo che attendiamo è la liberazione da leggi inique che sono impossibili da realizzarsi e che lanciano continuamente gli uomini in sfide sterili, impossibili ed inutili.

Facciamo un esempio: la nostra economia se non riprende a crescere genera deflazione e mancanza di lavoro. La ricetta è: l’economia deve riprendere a crescere. Il problema della non crescita, che è la malattia, si pensa possa essere guarito dalla medicina della crescita. Crescita che non può ripartire perché il sistema è malato. Se si realizzasse perderebbe il suo potere di schiavizzare gli uomini, li lascerebbe liberi di fare quanto è bene per loro.

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La legge della crescita del mercato come cosa infinita necessita di due atteggiamenti diffusi ma disumani allo stesso tempo. L’atteggiamento della competizione dove il più forte vince sul più debole. L’atteggiamento dell’accumulo infinito che significa: tutto ciò che ho non mi basta mai. La legge del più forte, della competizione e dell’accumulo portano al più grande peccato mondiale: ad avere una schiera di morti di fame e una schiera di obesi a causa del cibo di ogni tipo.

La rivoluzione del cristiano, cioè il miracolo, nasce dal rivoluzionare questo sistema iniquo che avvelena la nostra esistenza.

La rivoluzione è cosa quotidiana e comunitaria: passare dalla logica dell’accumulo alla logica della condivisione. Questo è il miracolo! È un miracolo di obbedienza, quella vera, che ci vede protagonisti di fronte a Gesù. È il miracolo dell’uomo di fede che obbedisce alla vita, a Gesù, anziché alle leggi del mercato.

Oggi Gesù si ritira in un luogo deserto, in disparte, a causa di un dolore: Giovanni Battista è stato decapitato dal capriccio del potere politico.

Mentre si ritira addolorato incontra la folla affamata e sente compassione. Gesù vive il silenzio del dolore e in questo silenzio vede e ascolta la folla, vede il proprio dolore non isolandosi dalla vita ma affinando il suo udito.

Nel silenzio ascolta il bimbo che muore di fame e lo vede. Nel suo silenzio pulisce il suo sguardo da quella perversità che uccide il nostro vedere facendoci vedere tutti i difetti di una società dell’accumulo e della competizione non più come virtù, ma come difetti. Se noi vediamo ciò che ci appare come virtù come un difetto, noi possiamo compiere un miracolo: il miracolo di essere liberati dalla schiavizzante legge di mercato che non è per l’uomo ma che usa l’uomo per i propri fini perversi.

A questo Gesù, uomo di fede, che vive nel silenzio lo sguardo nuovo e la conseguente carità compassionevole, noi siamo chiamati ad obbedire. Se noi riusciamo ad ascoltare questo Gesù e ad obbedirvi, noi possiamo compiere il miracolo. Il miracolo che udendo i propri dubbi e le proprie paure va oltre e obbedisce.

Così fanno i discepoli: con poco pane e pochi pesci fanno sedere i 5000. Con quanti dubbi avranno fatto questo. Questo gesto semplice che provoca i nostri dubbi, diventa gesto miracoloso: è il miracolo dell’obbedienza al Padre, è il miracolo del riscoprirsi figli. Quando noi ci ascoltiamo come figli e fratelli noi ci mettiamo alla ricerca della condivisione lasciandoci alle spalle la schiavitù dell’accumulo; veniamo liberati riscoprendo la bellezza dell’incontro delle diversità nella collaborazione.

Siamo chiamati ad essere uomini e donne di fede che, come Gesù, prendono con gratitudine il pane e il pesce e benedicono per questo dono. Siamo chiamati a passare dalla recriminazione che abbiamo poco alla bellezza della benedizione per il poco che abbiamo. Liberi dal disprezzo perché non abbiamo di più, per giocarci nella benedizione per il poco o tanto che abbiamo. Gesù accoglie e benedice ogni cosa, anche il limite, anche il proprio dolore, anche il proprio silenzio, anche la propria fatica. La benedizione per quanto abbiamo è il primo passo per ogni miracolo liberante che nasce dalla condivisione. La benedizione è l’inizio della moltiplicazione di ciò che non è sufficiente. Sappiamo che nello spirito dell’accumulo ciò che abbiamo non ci basta mai, mentre nello spirito della condivisione ce n’è per tutti.

Gesù, uomo di fede, spezza il pane e lo dona ai discepoli perché lo distribuiscano. È nello spezzare il proprio tempo, le proprie energie, le proprie capacità di amare, la propria tenerezza che tanti, oserei dire tutti, possono trovare casa e pane e due occhi da incontrare. È nello spezzare il pane che diventiamo uomini eucaristici, che facciamo messa, che compiamo la comunione facendola. Andiamo a messa, ci mettiamo in comunione con Gesù, diventiamo abili ad essere in comunione con i fratelli: siamo uomini del silenzio caritatevole che spezzano il pane col prossimo.

Il poco pane spezzato, attua la comunione del cuore e del corpo di molti. Diventa il vero atto di fede. È infatti nell’eucaristia, nella comunione, nello spezzare il pane, nella condivisione che tra gli uomini il pane si moltiplica per tutti i viventi. Quel pane e quel pesce che accumulati vanno a male, se condivisi fanno bene. Questo è il vero miracolo obbediente per la salvezza del mondo. Un atto rivoluzionario di compassione che dice quanto noi cristiani siamo essenziali a questo mondo.

AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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