Una cattiva testimonianza
Sono sempre più convinto che uno dei motivi per cui la gente abbandona la fede o non si avvicina a Dio sia da ricercare nella testimonianza della comunità cristiana. Diamo l’immagine di persone divise, appartenenti a gruppi di potere che si scontrano continuamente su ogni cosa. Facciamo fatica a costruire la comunione, anzi ci facciamo guerra. I nostri contesti ecclesiali sono spesso luoghi di assurde scalate al potere, anche quando il potere significa decidere dove piazzare il vaso con i fiori. In poche parole, il grande nemico delle testimonianza del Vangelo è l’incoerenza, quella distanza che passa tra le parole che pronunciamo nelle nostre preghiere e nelle nostre assemblee liturgiche e la vita concreta che ci vede spesso protagonisti di rancori, intolleranze e vendette.
Una pratica vuota
In fondo si tratta di una situazione molto simile a quella descritta nel capitolo 58 di Isaia. Questo testo appartiene alla terza parte del Libro di Isaia ovvero a quegli scritti che si collocano nel periodo del ritorno dall’esilio: il popolo si ritrova davanti alle macerie e alla necessità della ricostruzione. In questo contesto di fatica, di difficoltà economiche e sociali, invece di intraprendere atteggiamenti di solidarietà, ognuno cerca di ricostruirsi una propria immagine, usando a tale scopo persino il culto. La pratica del digiuno, ci dice specificamente questo testo, diventa semplicemente un modo per farsi vedere giusti. Ma a questa pratica non corrispondono gesti concreti di solidarietà. Dietro questo atteggiamento c’è un’idea confusa di Dio: come se Dio volesse i nostri sacrifici personali e non la cura e la preoccupazione per coloro che hanno bisogno. C’è un fraintendimento delle fede, una distorsione dell’immagine di Dio. Ma, come ci ricorda il salmo 111, l’osservanza delle pratiche religiose ci renderà al più corretti (formalmente), ma non giusti: la giustizia sta nella pratica dell’amore che non sempre può essere misurata sulla base dell’osservanza dei precetti.
Una comunità chiamata ad annunciare
Ma Gesù insiste, proprio alla fine del discorso sulle Beatitudini, nel persuadere la comunità affinché diventi consapevole della sua missione di evangelizzazione: siete proprio voi, perseguitati e oltraggiati, che diventate strumento privilegiato dell’annuncio del Vangelo. A tale scopo, Gesù usa due immagini: il sale e la luce.
Si tratta di due immagini che hanno molto in comune e che descrivono il modo in cui la comunità è chiamata a vivere per annunciare il Vangelo: il sale e la luce raggiungono il loro scopo consumandosi, si tratta di perdersi e di scomparire, come il sale nella minestra e come l’olio nella lampada. Si tratta di un modo di amare discreto. Il sale e la luce sono al servizio degli altri: il sale dà sapore al cibo perché qualcun altro possa mangiarne, la lampada fa luce affinché qualcun altro possa camminare sicuro. Il sale e la luce sono dunque immagini di un amore che non cerca se stesso, ma si mette generosamente a servizio di altri. Questo è l’amore del cristiano. Questa è la testimonianza che dovremmo dare, questo è il parametro con cui confrontarci.
Gente che dà sapore
La comunità è come il sale della terra. Un’espressione apparentemente incomprensibile, che forse vuole alludere alla necessità di portare il Vangelo dappertutto. L’immagine del sale richiama ovviamente il sapore. Il sale che non-ha-sapore richiama sia in greco che in aramaico anche l’insipiente, lo sciocco. Se la comunità dei discepoli perde la sapienza del Vangelo, chi annuncerà la Parola di Dio? I cristiani sono invece coloro che devono dare sapore alle situazioni in cui vivono attraverso la sapienza del Vangelo. Come il sale, i cristiani dovrebbero fare la differenza là dove vengono messi.
Non nasconderti
La luce è invece nella tradizione ebraica immagine della Legge, quella Legge che insegna come vivere. La comunità deve portare questa luce nel mondo. La luce è fatta per splendere non per rimanere nascosta. Qui si allude forse al bisogno del coraggio: la vita di ognuno di noi è luce chiamata a splendere. Mettere la lampada sotto un secchio vuol dire spegnerla, soffocarla. Eppure molte volte ci lasciamo mettere un secchio addosso, talvolta noi stessi, per vergogna o per paura, ci nascondiamo sotto un secchio. Ma in questo modo la nostra vita si spegne e perde il suo senso. La vita di ciascuno di noi è lampada che non può non illuminare. Nessuno può pensare che la propria vita sia inutile.
Ma ancor di più, dunque, è la comunità stessa che è chiamata a essere lampada che splende davanti agli uomini. Siamo chiamati a illuminare il mondo con la nostra comunione, con le nostre relazioni ispirate a una logica diversa da quella del mondo. La comunità si ritrova nelle mani un dono e al contempo una responsabilità enorme. Le azioni e i gesti che viviamo tra noi possono essere via che porta a Dio o ostacolo che impedisce agli altri di incontrarlo.
Leggersi dentro
Come vivi il dono e la responsabilità di annunciare il Vangelo?
Qual è il tuo contributo e la tua testimonianza nella costruzione delle relazioni comunitarie?
P. Gaetano Piccolo S.I.
Compagnia di Gesù (Societas Iesu) – Fonte
Letture della Domenica
V Domenica del Tempo Ordinario – ANNO A
Colore liturgico: VERDE
Prima Lettura
La tua luce sorgerà come l’aurora
Dal libro del profeta Isaìa
Is 58, 7-10
Così dice il Signore:
«Non consiste forse [il digiuno che voglio]
nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti?
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se aprirai il tuo cuore all’affamato,
se sazierai l’afflitto di cuore,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio».
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Sal 111 (112)
R. Il giusto risplende come luce
Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia. R.
Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrà da temere,
saldo è il suo cuore, confida nel Signore. R.
Sicuro è il suo cuore, non teme,
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria. R.
Seconda Lettura
Vi ho annunciato il mistero di Cristo crocifisso.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1 Cor 2,1-5
Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
Parola di Dio
Vangelo
Voi siete la luce del mondo.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Parola del Signore