Separazione
La nostra vita è fatta di tante separazioni, comincia con una separazione, quella da nostra madre, e continua con altre esperienze che ci ricordano quel taglio iniziale. Per questo sperimentiamo ogni volta la sofferenza e il dolore del distacco, ma oggi, nel presente, siamo anche consapevoli che siamo vivi proprio grazie a quella separazione. Questa situazione si ripete quando per esempio ci congediamo da una persona cara, quando finisce una relazione o quando termina un lavoro, un cammino, un servizio, una missione. Sperimentiamo la paura di restare soli. Ci spaventa forse l’incognita del futuro e ci addolora la nostalgia per qualcosa che ci manca.
Un capitolo da vivere
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Nel passo del Vangelo di questa domenica, i discepoli intravvedono nelle parole di Gesù un addio, intuiscono che qualcosa sta per finire, ma non riescono ad abitare la speranza di qualcosa di nuovo che potrebbe cominciare. Del resto è vero anche per noi: abbiamo bisogno di attraversare il dolore, è un capitolo che va comunque vissuto. Soltanto dopo, potremo cominciare a scrivere un capitolo nuovo. Il lungo discorso di Gesù nel Cenacolo è un modo per accompagnare i discepoli a percorrere questo cammino di consapevolezza.
Saper aspettare
Attraverso queste esperienze, le relazioni cambiano, si evolvono, si trasformano. Questi passaggi sono certamente anche dolorosi, ma sono necessari. Il modo in cui viviamo queste fasi di cambiamento, rivela spesso anche come abbiamo vissuto quella relazione fino a quel momento. Gesù invita i discepoli ad aspettare, prima o poi si ritroveranno. Se ti fidi dell’altro, la distanza ti addolora, ma non ti spaventa, perché sei certo che vi ritroverete.
Tommaso è l’immagine di coloro che non sanno aspettare, ma cercano di mantenere il controllo sulle situazioni e soprattutto il controllo sull’altro. Tommaso vuole sapere dove va Gesù, in modo da poterci arrivare da solo. Come se noi volessimo avere la garanzia di sapere cosa succederà alla fine. Tommaso è impaziente, vuole già sapere cosa ne sarà di quella relazione.
Conoscere l’altro
Nei momenti di cambiamento, che sono sempre momenti di crisi, ci rendiamo conto a volte di non aver mai conosciuto veramente l’altra persona. Gesù si meraviglia davanti alla domanda di Filippo, che chiede a Gesù di mostrargli il padre. È come se Filippo, nonostante tutto quel tempo passato con Gesù, non l’avesse mai conosciuto veramente. Se questo avviene tra noi, quando ci accorgiamo di non aver mai veramente conosciuto l’altro, è facile pensare che questo possa avvenire anche nella relazione con Gesù. Si può stare con una persona, ma non entrare mai veramente in comunione con l’altro. Possiamo stare nella relazione con Gesù per abitudine, per convenienza, per pigrizia, e a un certo punto accorgerci di non averlo mai conosciuto veramente.
Parole di padre
Da parte sua Gesù cerca di incoraggiare i discepoli di ogni tempo. Cerca di andare incontro alla paura del discepolo di restare orfano, di sentirsi solo e abbandonato. Gli parla infatti del padre e gli parla da padre: «farete cose più grandi di me!». È la frase che ogni figlio vorrebbe sentirsi dire da un padre, perché esprime la fiducia, la stima, l’incoraggiamento. Ed è questo che fa crescere ogni relazione: parole che sostengono, non parole che bloccano.
Abitare nell’amore
Per aiutarci a vincere le nostre paure, per invitarci ad affrontare quello che ci spaventa, Gesù desidera farci entrare in quello spazio d’amore che è la sua comunione con il Padre, quell’amore che non è chiuso, che non esclude, ma invita e accoglie, protegge e rassicura. Solo lì possiamo trovare la consolazione davanti alle nostre angosce e ai nostri turbamenti. Il tempo di Pasqua ci porterà piano piano a riconoscere che lo Spirito santo è quest’amore tra il Padre e il Figlio che viene ad abitare in noi, se noi siamo pronti ad accoglierlo.
Leggersi dentro
- Come vivi i momenti di separazione?
- Riesci a fidarti di Gesù?
per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte