La paura di ricominciare
In questi mesi, a causa della pandemia, stiamo vivendo una situazione di sospensione. Molte attività sono bloccate, non soltanto quelle economiche, ma anche tutte quelle esperienze di relazione, di incontro, di formazione personale. Chi è rimasto sempre fermo, chi già viveva come recluso, chi sentiva come un peso le relazioni sociali, si sente garantito e giustificato, guadagnandosi persino la patente di persona responsabile e prudente. Sono quelle persone che continuano a stare ferme, avendo ormai rinunciato a crescere e a camminare nella loro vita.
Al contrario però tante altre persone non vedono l’ora di incontrare gli altri, non per un banale bisogno di divertimento, ma perché la relazione e l’incontro personale aiutano a crescere: viaggiare, litigare, abbracciarsi sono dimensioni antiche e costitutive dell’essere umano. Talvolta, allora, capita di pensare a quando sarà possibile ricominciare e forse siamo presi da una certa paura: cosa troveremo? Saremo capaci di riprendere il filo? Sarà un vita diversa quella che ci aspetta?
Un nuovo inizio
Ancora una volta le letture della liturgia domenicale gettano luce proprio su queste nostre domande. Parlano infatti di un inizio, della possibilità di ricominciare in ogni momento della vita, sono un incoraggiamento a non spaventarsi per quello che possiamo trovare quando torneremo nella nostra terra.
È infatti anche l’esperienza del popolo a cui Isaia si rivolge con parole di consolazione: parole che hanno lo scopo di incoraggiare coloro che dopo molti anni stanno tornando dall’esilio in Babilonia e hanno giustamente paura di quello che possono trovare nella terra che hanno lasciato molti anni prima. Si ritroveranno davanti alle macerie e alla devastazione. Il rischio dello scoraggiamento è in agguato.
Prepararsi
Sedersi sui resti di quella che era la propria vita e iniziare a piangere è comprensibile. Eppure le parole di Isaia sono vere perché non solo incoraggiano a pensare che in qualunque momento della vita si può ricominciare, ma invitano anche a ricordare che Dio non abbandona il suo popolo: se prepariamo la strada, Dio ci raggiunge, ma se innalziamo barriere fatte di sfiducia, ironia, pregiudizio e autosufficienza saremo noi stessi a tenerlo fuori dalla nostra vita.
Il profeta Isaia ci invita a impiegare questo tempo di attesa per prepararci: occorre spianare quella steppa che ci impedisce di guardare lontano, occorre innalzare quelle valli di delusione e scoraggiamento nelle quali siamo precipitati, occorre abbassare le montagne dell’orgoglio che non ci fanno vedere gli altri e i loro bisogni, occorre sistemare il terreno accidentato delle nostre relazioni per poter raggiungere gli altri senza farci male, occorre evitare il terreno scivoloso dei nostri pensieri e delle nostre parole che ci fanno perdere la pace. È proprio così che ci stiamo preparando? Su cosa stiamo concentrando la nostra attenzione e le nostre energie? Non occorre forse prepararsi per vivere un nuovo inizio?
Un nuovo inizio
Ogni cristiano, ogni discepolo, prendendo in mano il Vangelo di Marco si trova subito davanti a questa parola: inizio. Quella parola, ancora una volta, ci incoraggia a credere che qualunque sia il momento della vita in cui essa ci incontra, un nuovo inizio è sempre possibile, anche mentre siamo ancora dentro una pandemia. Convincersi che non ci sia futuro, non è l’atteggiamento del cristiano.
Quella parola ‘inizio’ suona in greco anche come motivo, principio, ragione che sta alla base di un movimento. È un termine ben noto alla filosofia antica.
Nel Vangelo l’inizio è la buona notizia, il vangelo di Gesù Cristo. È lui, la sua presenza, il motivo per cui possiamo sempre ricominciare. Quell’espressione buona notizia, in greco appunto ‘vangelo’, era anch’essa ben nota nel linguaggio classico, perché indicava la vittoria del Re. Era il messaggio portato dagli araldi nei vari punti del Regno per annunciare la vittoria del Re sul nemico. Marco usa questo termine probabilmente per rinnovarne il significato: questa volta il Re vittorioso è Gesù Cristo e il nemico sconfitto è la morte!
Lasciare il passato
Ogni inizio richiede il coraggio di separarsi dal passato. L’inizio è un invito a guardare avanti. Sappiamo bene che quando siamo bloccati, facciamo fatica a liberarci dal peso della delusione. Forse anche per questo, nel Vangelo di Marco, l’inizio è segnato anche da un gesto profondamente significativo: l’inizio è segnato infatti dal battesimo, cioè da un’immersione nella morte, per lasciare l’uomo vecchio e prendere su di sé l’abito dell’uomo nuovo.
A ben guardare è la dinamica di ogni cammino che ricomincia: c’è un passato da consegnare e un futuro da percorrere. Certo, il futuro è pieno di incertezza e di rischio, per questo a volte preferiamo la sofferenza presente e sicura piuttosto che intraprendere un cammino dall’esito sconosciuto. Per questo la parola di Dio ci incoraggia, perché probabilmente da soli non saremmo mai in grado di buttarci in questa vita che ci aspetta.
Leggersi dentro
- Che cosa può aiutarti ad accogliere meglio il Signore nel tuo cuore?
- Quali sono le paure che ti bloccano e ti impediscono di pensare a un nuovo inizio nella tua vita?
P. Gaetano Piccolo S.I.
Compagnia di Gesù (Societas Iesu) – Fonte