Il tempo della parola
Siamo nel tempo della parola, vengono dette tante cose, ci sono molti strumenti per comunicare. Siamo però più specificamente nel tempo della parola manipolatrice, della comunicazione strategica. Siamo in un tempo in cui la parola, lo slogan, la notizia, i messaggi in generale sono utilizzati per indurre comportamenti. Vengono costruite narrazioni che creano i fatti, attraverso le parole vengono generati i miti: si decide quale personaggio deve essere esaltato e chi deve essere distrutto. Con le parole viene nutrito il mito della personalità di figure funzionali al potere. Eppure, proprio in questo tempo di parole malate, il Vangelo continua ad affermare che la parola vera è quella di Dio, una Parola che esce da Dio, una Parola che è divina.
Dio vuole parlarci
Chi è dunque Dio? È innanzitutto colui che vuole parlarci, vuole comunicare con l’umanità. Rivolgere una parola a qualcuno significa riconoscere la sua esistenza, anzi, Dio ci fa esistere, proprio perché vuole parlarci. Questo è l’amore, il cui contrario infatti non è l’odio, ma l’indifferenza. La fine dell’amore inizia quando cominciamo a non rivolgerci più la parola, quando la comunicazione si spegne, quando non abbiamo più niente da dirci.
La parola rifiutata
Che cosa allora ci sta dicendo Dio in questo tempo? Ascoltiamo tante parole, ma qual è quella di Dio? Inevitabilmente c’è il rischio di confondersi, di essere ingannati, di non sentire più la parola vera. Proprio il prologo di Giovanni ci ricorda infatti che Dio si è esposto al rifiuto, la Parola talvolta non viene accolta, anzi addirittura, dice Giovanni, non è stata accolta proprio dai suoi, da chi gli era più vicino, da coloro per i quali quella parola è stata anzitutto pronunciata. È un altro segno dell’amore: parlare è un rischio, perché ci espone sempre alla possibilità di non essere capiti o ascoltati. La parola è sempre un dono che ci viene fatto o che facciamo.
Riconoscere la parola
Come facciamo a riconoscere tra le tante parole udite proprio quella di Dio? La parola di Dio dà vita e illumina. Se una parola getta nella disperazione, fa sentire in colpa, non offre prospettive, allora non viene da Dio. Se una parola confonde, getta nell’oscurità e non dà speranza, allora non è una parola che viene da Dio.
Testimoniare la parola
La parola che illumina ha in ogni tempo i suoi testimoni a cominciare da Giovanni Battista, il primo testimone. La domanda che diventa allora inevitabile oggi è: chi sono adesso i testimoni della Parola di Dio? Chi sono coloro che sono disposti a compromettersi, a parlare un linguaggio diverso dalle parole usate nelle strategie di manipolazione? Chi sono coloro che aiutano a fare luce senza mettersi al posto della luce? Sì, perché un altro grande problema della comunicazione di oggi è proprio quel narcisismo da cui Giovanni Battista rifuggiva: la luce non sono io. Siamo disposti a illuminare, mettendoci da parte?
Parola incarnata
Un altro limite delle parole umane è che molte volte sono solo chiacchiere. Parliamo, facciamo promesse, comunichiamo annunci e iniziative che poi si rivelano vuoti, inesistenti, inadempiuti. La parola di Dio invece si fa carne, cioè si compie sempre. Dio non dice mai una parola che non si realizza. Questa è la fedeltà dell’amore. Se ti consegno una parola, poi la mantengo. La parola di Dio si fa carne anche perché si compromette con l’umanità: Dio si consegna al destino dell’umanità. Quest’alleanza, questa promessa di bene e di amore non può venire mai meno. Dio è entrato nella storia e non se ne separerà mai più. Questa è la buona notizia che non dobbiamo mai dimenticare, soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo, un tempo nel quale siamo propensi alla disperazione e alla sfiducia. In questo tempo deve risuonare invece nel nostro cuore quella promessa: sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo!
Leggersi dentro
- Presto attenzione al modo in cui uso le parole?
- Quale parola oggi il Signore mi sta consegnando?