Dare la vita
Ci sono modi diversi di stare in una relazione: ci si può giocare fino in fondo, con il rischio di perdere, oppure ci si può stare cercando solo di guadagnarci, pensando esclusivamente al proprio interesse. Molte relazioni si spezzano e finiscono perché non c’è mai stato un noi. Se metto al centro della relazione il mio io, prima o poi me ne vado, perché mi rendo conto che ogni relazione chiede sempre di perdere un po’ qualcosa di me.
L’amore è sempre una perdita, ma una perdita che paradossalmente mi realizza, perché mi fa toccare con mano ciò che è proprio di Dio. Spendersi con gratuità in una relazione è infatti proprio di Dio.
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Nel momento in cui riesco a dare la vita per amore, mi accorgo che sto portando a compimento quello a cui nel profondo mi sento chiamato. Se ne accorge una mamma che sacrifica la sua vita per il figlio, se ne accorge chi rimane accanto alla malattia di un’altra persona e se ne prende cura, se ne accorge chi perdona per andare avanti.
Pastore o mercenario
Il buon pastore è l’immagine di chi dona la vita per amore. Non per obbligo, ma per scelta: «nessuno me la toglie» (Gv 10,18). Il pastore è buono, realizza cioè pienamente la sua identità di pastore, proprio quando è capace di dare la vita. Ma in una relazione ci si può stare anche da mercenari: il mercenario è chiamato per svolgere un compito per il quale è pagato. Sta con le pecore solo per un suo interesse. Le pecore non gli appartengono, non c’è un legame di vita. Le pecore sono solo l’oggetto del suo commercio.
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Il mercenario è interessato solo a guadagnarci dalla relazione con le pecore. Proprio per questo, quando arrivano le difficoltà, il mercenario fugge, perché gli importa solo di salvare la propria vita. Il mercenario non è disposto al sacrificio. Il testo di Giovanni usa per il mercenario la stessa espressione attribuita a Giuda: come al mercenario non importa delle pecore, così a Giuda non importa dei poveri.
I lupi
Nella vita ci sono sempre dei lupi che arrivano. I lupi sono le difficoltà da affrontare, i problemi da risolvere, gli imprevisti da gestire. Ed è lì, quando arrivano i lupi, che si vede se colui che hai accanto è un pastore o un mercenario. Il lupo infatti rapisce e disperde: quando le relazioni vanno in frantumi e non si riesce più a stare insieme vuol dire che l’amore che credevamo di vivere è in realtà un amore mercenario, cercavamo noi stessi, non il bene dell’altro. Vuol dire che non ci siamo mai conosciuti veramente, perché si può amare solo quello che si conosce e ci si conosce veramente solo provando a volersi bene. Il pastore e le pecore si conoscono proprio perché si amano.
Il gregge
Queste dinamiche fanno parte della vita, perché tutti noi siamo pecore, non nel senso in cui lo intendeva Nietzsche, affermando che noi cristiani cerchiamo qualcuno che ci dica cosa fare e perché non siamo capaci di scelte autonome. Siamo gregge perché abbiamo bisogno di stare insieme. Non siamo fatti per stare da soli. La vita di fede non è un cammino solitario. Siamo un gregge, che deve imparare a riconoscere il pastore disposto a dare la vita, in modo da non fare troppo affidamento sui mercenari. Siamo gregge perché abbiamo comunque bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi. A volte siamo anche chiamati a essere pecore, che si lasciano condurre al macello senza fare resistenza. Gesù infatti è certamente il pastore buono, ma è anche l’agnello immolato che ci insegna cosa sia l’amore.
Leggersi dentro
- Nelle relazioni significative della tua vita ti sembra di essere capace di essere pastore o ti senti più mercenario?
- In che modo il Signore si sta prendendo cura di te in questo momento della vita?
Per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte