p. Gaetano Piccolo S.I. – Commento al Vangelo di domenica 2 Aprile 2023

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Dinamiche umane

Ci sono alcune situazione che fanno parte della vita umana, situazioni che, prima o poi, viviamo tutti. Sono esperienze, dolori, sofferenze che prima o poi incontriamo. Ma forse ciò che rende tutto questo molto più faticoso è la percezione di essere soli dentro questo dramma.

Se leggiamo con questo sguardo il racconto della Passione, ci accorgiamo che ritroviamo molte di queste situazioni che appartengono alla vita di tutti noi. Gesù le attraversa per dire che non siamo soli. Ogni volta che siamo lì, in quel dramma, lui lo sta attraversando con noi. E forse proprio oggi io sono lì, in uno di quei momenti. Nulla di quello che ci accade è inutile, ma può essere trasformato in una stazione di questo cammino di redenzione.

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Tradimento

La prima esperienza drammatica è quella di sentirci traditi: chi ci è stato accanto, la persona di cui ci siamo fidati, ha aspettato l’occasione propizia per consegnarci. A volte è persino un’istituzione dalla quale pensavamo di poter essere tutelati. Hanno atteso, ci hanno illuso, hanno mentito fino al momento in cui hanno messo in vendita la nostra vita. Per tutelare i loro interessi, per salvare la loro immagine, per dare seguito ai loro progetti, ci hanno consegnato.

A volte ti senti venduto proprio in quella relazione dove hai dato la tua vita, il corpo e il sangue, proprio là dove ti sei lasciato baciare, hai creduto nell’affetto. Il tradimento dilaga, parte da Giuda, ma coinvolge tutti gli amici, tutti infatti alla fine, davanti alla minaccia del pericolo. lo abbandonarono e fuggirono! (Mt 26,56)

Le false promesse

Il tradimento svela le false promesse, le promesse di chi si riempiva la bocca di garanzie, chi ti raccontava che ti avrebbe difeso e tutelato. Ma nel momento in cui si tratta di compromettersi per te, ti abbandona, ti lascia solo, dice di non conoscerti, ti rinnega. Pietro ha fatto proclami, forse ci ha anche creduto veramente, ma alla prova dei fatti, scompare, non si fa più sentire, come quelli che cerchi invano, che non ti rispondono più, che fanno finta di non conoscerti.

La stanchezza

Si può resistere fino a un certo punto. Poi ci si stanca, non si riesce neanche più a pregare, perché tutto sembra inutile. Dio sembra assente, resta in silenzio, non risponde. I discepoli, come accade anche a noi nei momenti difficili, si addormentano (cf Mt 26,43), non hanno il coraggio di guardare quello che sta succedendo. Gli occhi si fanno pesanti, perché il cuore non riesce più a sperare. Tutto sembra ormai finito. Le cose non sono andate come speravamo.

La vendetta

Per un momento abbiamo anche pensato di vendicarci, abbiamo recuperato quella spada (cf Mt 26,51) che portavamo sempre con noi, l’arma che abbiamo custodito. In fondo non abbiamo mai pensato che Dio potesse salvarci veramente. Ci siamo tenuti le nostre armi, quelle da utilizzare al momento opportuno. Ma ormai non servono più neanche quelle. Abbiamo solo fatto la figura di quelli che non si sono fidati fino in fondo. Siamo rimasti delusi e senza speranza.

Il processo

La vita è sempre più o meno un processo. Siamo sempre sotto processo: la vita, gli altri, indagano su di noi, ci osservano, aspettano un nostro errore, aspettano l’occasione per colpirci. Non si fanno scrupoli a interpellare falsi testimoni (cf Mt 26,60): l’importante, per loro, è solo vincere, avere ragione, dimostrare che è proprio come hanno detto loro.

Sono gli ipocriti che si stracciano le vesti (cf Mt 26,65), gli ipocriti, che spesso sono quelli che hanno responsabilità sugli altri, che fanno finta di essere alla ricerca della verità, invece sono solo alla ricerca della loro pruriginosa vendetta. Vogliono vincere solo per dimostrare di essere più forti. È il modo in cui si illudono di trovare senso alla loro vita: condannare, rovinare la vita degli altri, distruggere l’esistenza di un altro pensando di nutrire il proprio egoismo affamato. In fondo accusano sempre in maniera preventiva, per evitare di essere messi loro stessi sotto giudizio.

L’umiliazione

La via del tradimento, della vendetta e della condanna passa sempre attraverso la stazione dell’umiliazione. L’uomo cattivo prova sempre a togliere all’altro la sua dignità: lo spoglia nel tentativo di mostrare a tutti la sua nudità, vuole mostrarlo fragile affinché altri ne possano approfittare. Ci si prende gioco dell’altro, lo si traveste di un abito che non è suo, gli si cuce addosso una storia che non gli appartiene. In quante realtà si procede così? La storia della passione è proprio finita una volta per sempre o torna a ripetersi nella vita di tanti poveri Cristi?

Il rimorso

Alcuni si pentono altri no. Giuda vive l’esperienza del rimorso, i capi dei sacerdoti e gli anziani no (cf Mt 27,4). Giuda riconsegna il denaro, i capi dei sacerdoti e gli anziani ci fanno altri affari. Prendere consapevolezza del male compiuto può essere un’esperienza ancora più drammatica, forse proprio per questo la respingiamo, ci rifiutiamo di ammettere la nostra cattiveria, continuiamo a vivere con il nostro peccato, mettiamo un impedimento alla redenzione che vorrebbe inondare la nostra vita.

La corruzione

Tutto questo può accadere solo grazie a un sistema generalizzato di corruzione: uffici, tribunali, comunità, strutture di potere… la sofferenza degli uomini e delle donne di ogni tempo può avvenire solo perché intorno non c’è la solidarietà e la giustizia, ma la corruzione e l’interesse volgare per il proprio misero pezzo di potere.

I capi dei sacerdoti e gli anziani sobillano la folla (cf Mt 27,20), la manipolano per farne uno strumento per conseguire i loro interessi: è la gogna mediatica, la creazione del mostro, la costruzione della narrazione che deve andare solo in quella direzione. Tutti devono dire che Barabba va liberato e Gesù sia condannato. Ripetiamolo tutti insieme! Più forte è il grido della folla, più il potere sarà persuaso che non si può fare altrimenti. Costringiamo chi deve giudicare a voler tutelare la sua immagine: se agirà in modo diverso, se si comporterà in coscienza, giungendo ad altre conclusioni, la folla lo distruggerà. E come sempre il potere sceglie di tutelare se stesso e la propria immagine!

La solidarietà

È vero, ci sono anche piccole gocce di rugiade, la solidarietà di chi inconsapevolmente si sente costretto a condividere quella croce. Ci sono anche altri nella stessa situazione: ci si guarda nella reciproca sofferenza. Non cambia nulla, ma forse ci si sente meno soli. La croce, prima o poi, cerca le spalle di ciascuno di noi.

L’autosalvezza

Quando la sofferenza diventa estenuante, ti chiedi dove hai sbagliato, forse avresti dovuto pensare di più a te stesso, ti chiedi chi te l’abbia fatto fare. È la tentazione dell’autosalvezza, che persino Gesù deve affrontare fino all’ultimo momento. Abbiamo gli occhi addosso sempre: attese, pregiudizi, richieste. La pressione di dimostrare quanto vali, chi sei veramente, quello che gli altri non hanno capito. Ma vale veramente la pena? Devo vivere per dimostrare qualcosa a qualcuno? Devo agire solo perché gli altri vogliono vedere il mio spettacolo?

Gesù per primo resiste a questa tentazione fondamentale che si ripresenta nella vita di ciascuno di noi (cf Mt 27,42). Come Gesù, posso vivere fino in fondo quello che sono e ciò in cui credo.

L’abbandono

Sì, in questo modo ci si sentirà anche abbandonati, forse persino da Dio. C’è un momento in cui siamo proprio soli, dipende solo da noi cosa vogliamo farne della nostra vita. Gesù trasforma l’esperienza dell’abbandono nell’occasione per abbandonarsi al Padre. Sta qui il passaggio fondamentale che ci fa entrare definitivamente nella vita vera.

Riconoscimento o rassegnazione

E forse chissà, qualcuno si accorgerà di chi eravamo, di quello che abbiamo cercato di custodire e di annunciare con la nostra vita, come il Centurione, che solo in quel momento alza lo sguardo e riconosce il volto di Gesù (cf Mt 27,54).

L’alternativa è la rassegnazione, è metterci una pietra sopra e non pensarci più. Come Giuseppe d’Arimatea, che si prende cura di Gesù, del suo corpo morto. È coraggioso, fa tutto quello che si deve fare, si compromette, ma poi rotola una grande pietra e se ne va (cf Mt 27,60), nella consapevolezza rassegnata che è tutto finito e non c’è più speranza. Le donne invece restano ancora lì, forse coltivando ancora un piccolo barlume di fiducia.

La prossima stazione

Per ora la strada finisce qui, ma c’è per ognuno di noi un’altra stazione, un altro passo che Dio vuole farci percorrere. Ciascuno è chiamato a interrogarsi, a chiedersi se vuole chiudere il discorso o se vuole andare avanti. Dio ha sempre, per ciascuno di noi, un’altra stazione.

Leggersi dentro

  • Quali dinamiche della mia vita ritrovo nella passione di Gesù?
  • Qual è la strada che il Signore mi sta facendo percorrere per camminare verso la risurrezione?

per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte