Motivazioni e desideri
La nostra vita va avanti se abbiamo una motivazione. Più è forte questa motivazione più riusciamo ad affrontare anche gli ostacoli che inevitabilmente troviamo sul nostro cammino. Ci pensavo guardando agli anziani che, soprattutto quando si sentono abbandonati o trascurati, perdono ogni gusto per la vita e si lasciano morire. Ma pensavo anche ai più giovani che non hanno più desideri perché fondamentalmente sono accontentati, protetti ed esauditi. Paradossalmente, questo tempo difficile della pandemia ha insegnato anche a loro che la vita non è sempre un’esperienza dove non ci sono problemi da affrontare. Questo tempo di privazioni potrebbe rimettere in modo la capacità di desiderare!
Una pedagogia
La liturgia delle ultime domeniche ci sta accompagnando attraverso una pedagogia che può aiutarci a crescere umanamente e nella relazione con Dio: abbiamo contemplato il cammino coraggioso dei Magi che alzano lo sguardo per seguire la stella della loro vita; abbiamo visto poi, attraverso il racconto del Battesimo di Gesù, come il Signore risponda a quel desiderio che ci portiamo nel cuore di sentirci amati così come siamo, anche nelle nostre parti più oscure; oggi la liturgia ci invita a consegnare al Signore il desiderio che abita nel nostro cuore, anche se è un desiderio incipiente, semplice, un desiderio che può apparire banale. Certo, le letture di oggi ci suggeriscono anche che nella vita abbiamo bisogno di essere accompagnati per scoprire e seguire le parole che a volte ci sembrano incomprensibili, strane, ma che ci incuriosiscono e ci fanno alzare dalle nostre situazione di morte.
Svegliarsi
Samuele, per esempio, anche per la sua giovane età, non è ancora capace di riconoscere l’invito che il Signore gli rivolge, eppure quella voce che lo chiama per nome lo porta a scomodarsi, a svegliarsi dal sonno, lo spinge a chiedere. Attraverso il profeta Eli, Dio trova una strada per raggiungere il suo cuore. È importante però notare la disponibilità di Samuele ricordata dal testo: «non lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole» (1Sam 3,19). A volte, preferiamo invece rimanere addormentati, siamo pigri anche nella vita dello Spirito, preferiamo non essere disturbati, ma in questo modo perdiamo la possibilità dell’incontro con il Signore.
L’inizio del desiderio
Anche il Vangelo parla di un incontro che viene messo in moto da un parola oscura, ma attraente: «Ecco l’agnello di Dio!» (Gv 1,36). I due discepoli di Giovanni Battista non possono comprendere ancora il significato profondo di quella parola, eppure si mettono a cercare, anche senza sapere cosa desiderano esattamente. È Gesù che raccoglie il loro desiderio, non lo banalizza e non lo trascura, ma fa’ in modo che quel desiderio possa emergere, possa crescere e maturare. Gesù si ferma e si volge verso di loro, li interroga: «che cercate?», come per dire cosa desiderate? Se stai cercando qualcosa è perché ne senti la mancanza, anche se non sai ancora esattamente che cosa può rispondere pienamente a quella mancanza. Eppure bisogna mettersi in cammino.
Desiderio di conoscere
La risposta dei due discepoli mette in evidenza questa semplicità iniziale del desiderio, rispondono chiedendo solo di sapere dove abita Gesù. Il luogo in cui abitiamo evidentemente parla di noi. Entrare nella casa di qualcuno vuol dire avere una certa confidenza, condividere uno spazio personale. I due discepoli stanno chiedendo quindi di conoscere la persona di Gesù. E per conoscere c’è bisogno di condividere un’intimità. Gesù infatti risponde non attraverso una definizione, ma invitandoli a fare un’esperienza: occorre andare a vedere…
Un incontro autentico
Se abbiamo incontrato veramente il Signore, difficilmente ne possiamo dubitare. Un incontro autentico rimane impresso nella memoria: i discepoli si ricordano l’ora precisa di quell’incontro (erano circa le quattro del pomeriggio), ma sentono anche l’esigenza di annunciare quello che hanno vissuto. L’incontro con Gesù apre all’annuncio, non riusciamo a trattenere la gioia, abbiamo bisogno di raccontare affinché anche altri possano vivere la stessa esperienza. È anche vero che pur ricordando il momento preciso di quell’incontro, il testo non ci dice però dove abita Gesù: quel luogo nel quale sono stati invitati per vivere un’esperienza con il Signore non viene descritto, forse per evitare di pensare che esista un solo luogo, una sola modalità, dove si possa incontrare il Signore. Quel luogo è sempre nuovo e specifico per ciascuno di noi e non può mai essere assolutizzato. Ognuno di noi è chiamato a fare la sua esperienza di Dio.
Un incontro che cambia
La conclusione del testo evangelico mostra anche che l’incontro con il Signore cambia la realtà: uno dei due discepoli è Andrea, il quale porta l’annuncio dell’incontro con il Messia a suo fratello Simone. È interessante notare che mentre il libro della Genesi, fin dall’inizio e ripetutamente, raccontava di conflitti e violenze tra fratelli, il Vangelo di Giovanni inizia invece con la sequela di Cristo vissuta propria da coppie di fratelli, come a dire che la buona notizia riconcilia e rinnova finalmente quelle relazioni difficili.
C’è poi un ultimo indizio di cambiamento: il nome di Simone diventa Cefa, Pietro, come a segnare, in maniera ancor più radicale, che qualcosa è cambiato. Se il nome indica l’identità della persona, il cambiamento del nome indica una novità profonda, quella novità che Cristo porta nella nostra vita, una novità che molte volte cerchiamo senza sapere bene dove trovarla.
Leggersi dentro
- Quale desiderio abita il tuo cuore in questo tempo?
- Dove hai incontrato il Signore nella tua vita?