La festa parla di noi
Organizzare una festa non è una cosa semplice. Per alcuni è un’occasione entusiasmante, per altri un dovere da assolvere. Alcuni sono contenti di essere per un po’ al centro dell’attenzione, altri si sentono in imbarazzo ed eviterebbero volentieri questo impegno. In altre parole, la festa dice qualcosa di noi e, come ne Il pranzo di Bebette, può diventare persino l’occasione per esprimere concretamente l’affetto e il valore della vita: nel racconto di Karen Blixen, da cui è tratto l’omonimo film, la protagonista, in fuga da Parigi, arriva in Danimarca e si mette a servizio di due rispettabili donne del luogo.
Dopo diversi anni, per ringraziare dell’ospitalità, utilizza tutta la grossa somma vinta a una lotteria per preparare un pranzo per i suoi amici, un pranzo attraverso il quale riesce a riconciliare gli animi e ad esprimere il suo grande talento. In passato, infatti, era stata la cuoca di un famoso locale di Parigi.
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La lista degli invitati
Uno dei momenti più delicati nella preparazione di ogni festa è comunque la lista degli invitati. È l’occasione molte volte per ricordare esperienze positive o per dare voce al dolore e al rancore. Invitare a una festa getta luce sulla nostra rete di relazione. A volte ci si rende conto che non vale la pena invitare qualcuno, a volte lo si invita solo per correttezza. Alcuni scoprono che nella propria vita ci sono tante persone significative, altri si accorgono che nella propria vita c’è il vuoto. Ma ancor più doloroso è scoprire a volte che coloro che avevi invitato non verranno alla tua festa. Spesso è l’occasione per la fine di una relazione! Non andare a una festa, alla quale eravamo invitati, segna sicuramente un cambiamento nel rapporto.
È evidentemente un’immagine della vita: ci capita di restare soli, ci capita di vivere l’esperienza del rifiuto. A volte ci ritroviamo accanto persone a cui non avremmo pensato e a volte c’è anche chi entra nella nostra vita senza essere invitato, magari cercando di coprire la propria falsità con un abito ingannevole.
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L’esperienza del rifiuto
In questa parte del suo Vangelo, Matteo insiste sull’esperienza del rifiuto: abbiamo letto di un figlio che non va nella vigna del padre, poi il Vangelo ci ha presentato dei contadini che non accolgono i messaggeri e addirittura uccidono il figlio del padrone della vigna, ora leggiamo che persino coloro che sono invitati alla festa del figlio non rispondono a questo invito.
Matteo ci sta forse consegnando un sentimento che è stato di Gesù e che certamente descrive una realtà che continua ad accadere: il figlio non è accolto! E questa sua esperienza si ripete continuamente nella vita di ognuno di noi: ci saranno sempre coloro ai quali la nostra vita non interessa, coloro che, seppur invitati, non vogliono fare festa con noi.
Invitati impensabili
Quando gli altri si rifiutano di rispondere al nostro invito, possiamo scegliere se rimanere con la casa vuota o se provare a invitare altre persone che restano meravigliate di quest’attenzione. Il Re della parabola raccontata da Gesù non accetta di lasciare la casa vuota, il pranzo infatti è ormai preparato. Alla fine proprio coloro che non avrebbero mai pensato di poter entrare nella casa del Re, si ritrovano a essere gli ospiti cercati e chiamati a fare festa. Sono gli esclusi, come la pietra scartata, il figlio. Le pietre scartate con cui Dio costruisce il suo Regno. Gli invitati sono coloro che tutti riterrebbero indegni, inadeguati, coloro ai quali mai nessuno avrebbe pensato. Forse qualche volte anche noi ci siamo sentiti così: dimenticati e indegni. Ma Dio sa dare sempre un senso alla nostra vita.
L’abito della festa
Queste persone scartate che adesso riempiono la sala della festa non sono un riempitivo, non servono semplicemente a sostituire chi non si è presentato. Il Re infatti vuole vederli. E si accorge così che qualcuno non ha l’abito adatto per essere lì in quella festa. Commentando questo passo, sant’Agostino nota che deve trattarsi di un abito invisibile e interiore, perché solo il Re se ne accorge.
Se fosse stato un abito esteriore, i servi lo avrebbero notato e gli avrebbero impedito di entrare. Quell’abito, dice sant’Agostino, è l’abito della carità, la sincerità del cuore. Si può essere invitati nella festa della vita di qualcuno e non avere la sincerità del cuore. Ci capita infatti di invitare qualcuno a far parte della festa della nostra vita e scoprire poi che le sue intenzioni non erano oneste. Certamente è un’occasione di delusione, ma anche un necessario momento di verità.
Leggersi dentro
- Se dovessimo fare degli inviti per la festa della nostra vita, a chi penseremmo?
- Come viviamo l’esperienza del rifiuto?
per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte