Quale gioia?
Che fine ha fatto la gioia? Sembra una parola d’altri tempi, un’espressione retorica. Davanti alle difficoltà, alla follia del mondo, al successo degli incapaci, ti viene forte la tentazione di mollare. Non serve a niente quello che faccio! Tutto si copre di una coltre di tristezza e getti via la spugna ormai consumata dalla fatica e dalle lacrime. È difficile parlare di gioia a chi è nel dolore.
Un invito
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Eppure, in questo cammino verso il Natale, la Chiesa ci invita a soffermarci su questo sentimento. Ce lo ricordano le parole del profeta Sofonia, che addirittura ci incoraggia a non lasciare cadere le braccia, come a dire non smettere di lavorare, continua a fare il tuo lavoro. E ce lo ricorda anche Paolo nella lettera ai Filippesi, invitandoci a essere lieti, a non angustiarci e a presentare a Dio, in ogni circostanza, le nostre richieste.
Il compito
Forse la gioia è quella capacita di stare là dove la vita ci ha messi, provando a fare quello che la vita ci chiede. Forse è proprio vivere il compito, il proprio compito, quello che permette di sentire la gioia. L’albero prova a fiorire e a portare frutto come può, nonostante le intemperie. A volte ci riuscirà di più, a volte di meno. E se qualcuno lo taglierà, proverà a dare calore se viene bruciato, o a dare forma, se è modellato per costruire un oggetto.
«Il compito che un uomo deve assolvere nella sua vita – diceva Viktor Frankl – è quindi nel fondo sempre indicato e non è mai in sostanza inadempibile». Rimanere fermi nella tempesta non è facile, ma non è certamente una questione di passività. Ci vuole energia per non lasciarsi portare via dal vento.
Una speranza per ciascuno
La parola del Vangelo è un invito a trovare il proprio compito: che cosa dobbiamo fare? E allora forse è vero che si vive la gioia nel compito. Tutti chiedono a Giovanni Battista cosa devono fare, qualunque sia la loro situazione. C’è una speranza per tutti, anche per i soldati e per i pubblicani, che potevano sembrare esclusi o perduti.
Se è vero che c’è una risposta specifica per ognuno, è anche vero che le proposte di Giovanni Battista alle varie categorie di persone hanno però un tratto comune: la solidarietà. Il compito non è mai fine a se stesso, il compito che la vita ci consegna ha sempre un tratto generativo, è sempre in qualche modo anche per altri. Perché la vita non è mai chiusura su di sé. Si tratta in qualche modo di dare, perché è la consegna che ti fa vivere la gioia. Diventi triste quando ti ripieghi su di te. Puoi fare anche tante e grandi cose nella vita, ma se le hai fatte solo per te sarai comunque triste!
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La gioia della verità
Anche Giovanni Battista sta chiarendo a se stesso quale sia il suo compito. È un uomo onesto. Non inganna gli altri, non si presenta per quello che non è, non si prende un merito che non ha. Sta nel suo. Sta dove la vita gli chiede di stare. Non travalica, non straborda. Come dirà Agostino, Giovanni è la voce, non la Parola. E certamente Giovanni avrà sperimentato la gioia nell’essere voce, anche se non è stato facile, anche se gli è costato la vita. Ciò che Giovanni indica agli altri, lo vive prima di tutto su di sé. La gioia sta anche in questa verità di sé, senza maschere e senza compromessi.
Leggersi dentro
- Cosa ti sta togliendo la gioia?
- Qual è la tua responsabilità in questo tempo?
Per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte