Risorse sconosciute
C’è una parola che va molto di modo in questi ultimi anni e, ancora di più, è tornata in auge durante questo ormai lungo dramma della pandemia. È la parola ‘resilienza’ ovvero la capacità di trovare e far emergere risorse inaspettate, sconosciute, che ci permettono di affrontare le situazioni difficili per non soccombere. Capita, per fortuna, che, dopo aver attraversato un periodo difficile, ci ritroviamo a chiederci come abbiamo fatto a superarlo: se me l’avessero detto, non ci avrei creduto! Alla luce di queste esperienze, possiamo anche gettare uno sguardo di fede su questi eventi e comprendere che a volte Dio permette queste situazioni difficili anche perché ci consentono di crescere, di conoscerci e di scoprire appunto doni e forze che non sapevamo di avere. C’è in altre parole anche una resilienza spirituale, che porta alla luce l’opera di Dio in noi.
Tre immagini
Le letture di questa domenica ci invitano a contemplare, dentro la natura stessa, questa forza di ricominciare e di affrontare la fatica. In modo particolare, troviamo tre immagini: un’operazione di innesto (o quella che tecnicamente è chiamata talea), il seme che affronta la morte sotto la terra per portare frutto e la piccolezza di un seme che ci sorprende con la sua trasformazione e la sua crescita. Il profeta Ezechiele e poi Gesù nel Vangelo ci presentano queste immagini come esempio della forza di Dio che entra nella storia e la trasforma al di là di ogni apparenza e aspettativa.
Ricominciare altrove
Il profeta Ezechiele svolge la sua missione durante l’esilio babilonese, dunque in un tempo di sconforto, di umiliazione e di vergogna. Il compito del profeta è perciò quello di rincuorare il popolo, aiutando a leggere quello che Dio sta operando nella storia.
A volte per fiorire abbiamo bisogno di essere tagliati e portati altrove. Non è un’operazione comprensibile al momento. Il piccolo ramoscello tagliato dalla punta del cedro si sente forse privato della sua pianta, si può sentire senza radici, senza legami e, in un certo senso, potrebbe avvertire la paura per il futuro: dove andrò a finire? Quale sarà il mio destino?
Il profeta mostra come proprio quell’innesto in un altro luogo permette al ramoscello di fiorire e portare frutto. In questa immagine c’è sicuramente tutta la paura della fragilità. Forse l’agricoltore stesso si chiederebbe se quel ramoscello ha davvero le energie e la forza per poter ricominciare altrove. Eppure il profeta vuole ricordarci che, talvolta, Dio opera proprio così: non si lascia spaventare dalla nostra debolezza perché crede nelle nostre risorse e soprattutto perché sa di essere Egli stesso la linfa che ci fa rifiorire dovunque egli ci innesti nuovamente.
La pazienza della fede
Anche le immagini che Gesù ci offre nel Vangelo ci invitano ad avere pazienza e a fidarci dell’opera di Dio nella storia. A volte infatti siamo impazienti anche con Dio, vorremmo vedere in tempo reale la sua azione. E invece per molti mesi il contadino vede la terra brulla e deserta. Dopo aver seminato, non ci sono segni che garantiscano la riuscita di quella operazione. Eppure la vita sta andando avanti.
Dal contadino impariamo la pazienza della fede. Chi ha seminato non può andare continuamente a riaprire la terra per controllare quello che succede. Se facesse questo, ucciderebbe il seme, impedendogli di portare frutto. La terra deve coprire il seme. Il buio deve avvolgerlo. Il tempo deve farlo marcire. E poi dal segreto della terra, da dove per molto tempo non abbiamo visto alcun segnale, proprio da lì, nasce la vita. A suo tempo.
Dal contadino infatti impariamo anche a rispettare i tempi. Una lezione da applicare anche nelle relazioni, con le persone per esempio dalle quali ci aspettiamo risultati secondo i nostri criteri. Tante volte questo accade con i figli, ai quali vorremo imporre i nostri tempi. Il contadino ci insegna a lasciare all’altro i suoi percorsi, ad aspettare che la vita fiorisca al momento opportuno. Si tratta di accogliere il mistero di questo lavoro silenzioso di Dio che opera in ogni cosa.
La piccolezza che sorprende
L’ultima immagine è quella della piccolezza che sorprende. Gesù vuole farci contemplare un altro aspetto dell’agire di Dio. Lo sguardo del mondo disprezza quello che è piccolo, inerme, banale. Siamo portati a cercare quello che è potente, quello che ci sembra forte, quello che ci offre garanzie. Persino nelle amicizie, nelle relazioni, cerchiamo il potere, il sostegno, l’appoggio. E invece Dio opera proprio attraverso quello che è semplice, messo da parte, ritenuto inutile.
Sant’Agostino, nel discorso 223/H, nella notte di Pasqua, attribuisce questa immagine a Gesù: è lui che, umiliato, è sepolto nella terra, per poi dare ombra a tutti coloro che si rifugiano in lui «come se fossero degli uccellini, tutti coloro che hanno il cuore gonfio».
Dio opera nella storia secondo la logica del granello di senape. È un invito anche a non disprezzare il poco che vediamo in noi, a non considerarlo inutile. È un invito altresì a non disprezzare quelle persone e quelle situazioni che sono piccole, semplici, apparentemente inutili. Tutto è da amare, perché attraverso ogni cosa Dio può far fiorire la sua presenza. Anzi, Dio preferisce il granello di senape. È nella piccolezza, come ci insegna san Paolo, che Egli manifesta infatti la usa forza e la sua grandezza.
Quando ci sentiamo dunque piccoli, inutili, deboli, proviamo a fidarci della forza e della ricchezza che Dio è capace di mettere dentro di noi per aiutarci a rifiorire dovunque la vita ci avrà portato.
Leggersi dentro
- Quali risorse ho riconosciuto in me nei momenti in cui ho affrontato periodi difficili?
- Quanto sono disposto ad aspettare i tempi di Dio e a lasciarmi sorprendere del suo modo di agire?
P. Gaetano Piccolo S.I.
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