Imparare a contare i propri giorni
Una delle regole per fare una scelta è, secondo Sant’Ignazio di Loyola, negli Esercizi spirituali [al n. 186], quella di immaginarsi in punto di morte e riguardare da lì la propria vita: “mi chiederò allora quale criterio e misura avrei voluto tenere in quella scelta”.
Ignazio sta rievocando una lunga tradizione spirituale che ha visto nella meditazione sulla morte un valido esercizio per riconoscere il senso più profondo dell’esistenza. Si tratta di una tradizione che ovviamente si fonda sulla sapienza biblica, basti pensare al Salmo 90, in cui il salmista prega Dio affinché gli insegni a contare i suoi giorni. È questa infatti l’unica via per ottenere la sapienza del cuore.
Ci sono due modi di guardare la morte: il primo consiste nel vederla come la fine drammatica della propria vita, il limite di un’esistenza che rischia di restare senza senso – è lo sguardo cupo che conduce a pensare che in fondo è inutile affaticarsi in questa vita – oppure la morte può essere vista come la soglia da attraversare per continuare la vita per sempre. Può sembrare strano, ma la nostra fede, come dice San Paolo, si gioca in questo sguardo, perché da questo dipende il modo in cui ciascuno vive. La vita del cristiano è iniziata con il battesimo e non finirà più, da quel fonte battesimale è cominciata la vita eterna!
La paura della morte
La nostra cultura tende invece a esorcizzare la morte, ci fa paura, vorremmo eliminarne le tracce. E per questo, proviamo a ironizzare sulla morte, proprio come fanno i Sadducei di questo testo del Vangelo. I Sadducei, come alcuni nostri contemporanei, anche che si dicono cristiani, dicono no a tutto, non credono quasi a niente, non credono agli angeli né agli spiriti, della Bibbia, essi salvavano solo il Pentateuco, e soprattutto non credevano alla risurrezione.
I Sadducei erano i grandi latifondisti del tempo, ricchi proprietari terrieri, che temevano di perdere le loro proprietà. Proprio per questo avevano paura che il patrimonio si disperdesse nella suddivisione tra i discendenti. Ecco perché li vediamo ironizzare su un istituto estremamente importante per il pio israelita, cioè quella legge del levirato che imponeva al fratello del defunto di prendere in moglie la vedova per dare una discendenza a chi moriva. Dietro questa legge c’è un profondo desiderio religioso: colui che moriva avrebbe potuto vedere l’avvento del Messia, tanto atteso dagli Ebrei, attraverso gli occhi della sua discendenza. Chi invece non aveva discendenza non avrebbe avuto più la speranza di colmare quell’attesa fondamentale di vedere il Messia.
Incapaci di generare vita
I Sadducei sono persone che vivono radicate nel loro benessere e cercano di esorcizzare ogni attentato alla loro proprietà. Anche in questo la loro mentalità si ritrova molto in quella contemporanea. Proprio per mettere in ridicolo questa prassi, che contrastava con il loro attaccamento ai beni, inventano una storia che in realtà parla inconsapevolmente proprio di loro. Raccontano infatti di una donna che non riesce a generare e di uomini che la prendono in moglie, l’uno dopo l’altro. Uomini che muoiono senza dare vita.
Ecco chi sono i Sadducei. Ma ecco ciò che spesso siamo anche noi: persone così attaccate alle loro cose da diventare incapaci di generare. La nostra vita diventa sterile perché non siamo più capaci di donare. Tratteniamo invece di dare. Ci illudiamo di possedere, fino a quando la realtà bussa alla nostra porta e ci costringe a renderci conto che non c’è nulla che possiamo considerare nostra proprietà. Tutto ci viene donato, eppure noi confondiamo il dono con un possesso. Vigiliamo ingenuamente sulle nostre proprietà, sulle nostre relazioni, sui nostri ruoli, sui nostri affetti, dimenticando che tutto passa.
Proprio come gli uomini della storia che inventano, i Sadducei non vivono l’amore, ma vogliono possedere: quei mariti prendevano moglie, considerano la donna come un oggetto, una parte della proprietà. Quando le relazioni sono vissute come possesso diventano appunto sterili. Le persone invece vanno accolte, non prese!
Non è l’ultima parola
Quando cominceremo a vivere la logica del dono, non solo entreremo nella vita eterna, ma cominceremo a diventare simili a Dio. È Lui infatti il primo a vivere così, è Lui il primo che si è espropriato di se stesso per fare spazio all’umanità. È Lui che per primo ha donato la vita senza trattenerla.
Il nostro Dio, dice Gesù, è il Dio dei Viventi, non dei morti. Vuol dire che la morte non ha a che fare con Lui. Tutto quello che è morte, l’egoismo, la divisione, la superbia, l’invidia, la paura…tutto quello che ha i segni della morte non appartiene a Dio. La morte allora non può essere mai l’ultima parola, perché noi apparteniamo a Dio!
Leggersi dentro
- Se oggi fosse l’ultimo giorno della tua vita, come valuteresti le scelte importanti che hai fatto?
- Quale immagine di Dio nasconde il tuo modo di guardare alla morte?
P. Gaetano Piccolo S.I.
Compagnia di Gesù (Societas Iesu) – Fonte
Letture della
XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Prima Lettura
Il re dell’universo ci risusciterà a vita nuova ed eterna.
Dal secondo libro dei Maccabèi
2 Mac 7,1-2.9-14
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».
[E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Sal 16 (17)
R. Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.
Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno. R.
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole, R.
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. R.
Seconda Lettura
Il Signore vi confermi in ogni opera e parola di bene.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
2 Ts 2,16 – 3,5
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.
Parola di Dio
Vangelo
Dio non è dei morti, ma dei viventi.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 20, 27-38
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Parola del Signore
Oppure forma breve Lc 20,27.34-38
Dio non è dei morti, ma dei viventi.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, disse Gesù ad alcuni sadducèi, i quali dicono che non c’è risurrezione:
«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.
Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Parola del Signore