Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 5 gennaio 2025.
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La sua tenda in mezzo a noi
La scena piรน famosa di tutto il ciclo di affreschi della Cappella Sistina รจ forse la creazione di Adamo. Lโattenzione di chi la contempla รจ subito rapita da quelle mani che si sfiorano senza toccarsi, dallโindice di Dio teso verso la mano inerte del primo uomo, nellโincanto dello sbocciare della vita.
Pochi perรฒ prestano attenzione allโaltra mano di Dio, la sinistra che, in un tenero abbraccio, avvolge una stupenda ragazza, la Sapienza che โ come dice la Bibbia โ era accanto a lui quando โcon intelligenza distendeva i cieliโ (Ger 10,12).
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Si rimane affascinati dallโarmonia del firmamento e dallโordine dellโuniverso e lo sguardo del credente puรฒ cogliere nel creato il progetto sapiente da cui tutto ha avuto inizio. Puรฒ coglierlo perchรฉ โin principioโ Dio ha operato assistito dalla sua Sapienza.
Fra le creature che noi conosciamo, lโuomo รจ lโunico in grado di comprendere che i cieli non sono solo degli spazi infiniti e misteriosi, ma sono la realizzazione di un disegno, di un sogno dโamore.
Gli antichi che sapevano ascoltare il canto delle stelle e godere delle danze celesti degli astri erano forse piรน uomini di noi.
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Il mondo esiste, va studiato e usato, punto e basta โ afferma lo scienziato.
ร vero: non cโรจ bisogno di Dio per capire le leggi che regolano lโuniverso.
Ma, se rinunciamo a cercare il senso del creato, se rinunciamo a cogliere la Sapienza con cui รจ stato fatto, siamo uomini?
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โPiรน della luce amo la tua Sapienza, Signore!โ.
Prima Letturaย ย (Sir 24, 1-4.8-12)
1ย La sapienza loda se stessa,
si vanta in mezzo al suo popolo.
2ย Nellโassemblea dellโAltissimo apre la bocca,
si glorifica davanti alla sua potenza:
3 โIo sono uscita dalla bocca dellโAltissimo
e ho ricoperto come nube la terra.
4ย Ho posto la mia dimora lassรน,
il mio trono era su una colonna di nubi.
8ย Il creatore dellโuniverso mi diede un ordine,
il mio creatore mi fece posare la tenda
e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe
e prendi in ereditร Israele.
9ย Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creรฒ;
per tutta lโeternitร non verrรฒ meno.
10ย Ho officiato nella tenda santa davanti a lui,
e cosรฌ mi sono stabilita in Sion.
11ย Nella cittร amata mi ha fatto abitare;
in Gerusalemme รจ il mio potere.
12ย Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella porzione del Signore, sua ereditร โ.
NellโAntico Testamento ci sono molte personificazioni: Gerusalemme รจ una sposa che si adorna di gioielli (Is 61,10); Babilonia una donna tenera e voluttuosa, prima regina e poi schiava costretta a muovere la mola e macinare la farina (Is 47,1-2); la giustizia e la pace sono sorelle che si baciano (Sal 85,11); il peccato una belva accovacciata che tende insidie (Gen 4,7), un tiranno che rende schiavi (Pr 5,22).
Fra le personificazioni bibliche una emerge su tutte, la Sapienza. Ragazza affascinante: assiste allโopera del Creatore, รจ come sua figlia, collabora con lui, danza e si diletta, comunica gioia in cielo e delizia gli uomini sulla terra (Pr 8,22-31).
Nella lettura di oggi la Sapienza si autopresenta come parola โuscita dalla bocca dellโAltissimoโ, come โnube che ha ricoperto la terraโ (v. 3).
Benedetti coloro che prestano attenzione alla sua voce e camminano al riparo della sua ombra!
In queste immagini la Sapienza appare come colei che indica la via della vita; mostra le scelte che conducono alla felicitร . ร colei che aiuta a discernere fra il bene e il male, fra la luce e le tenebre.
Dove trovarla, come incontrarla? โLa sapienza da dove si trae? โ si chiedeva Giobbe โ Dovโรจ il luogo della saggezza? Lโuomo non sa dove trovarla, essa non si trova sulla terra dei viventiโ (Gb 28,12-13).
La Sapienza di Dio non รจ di questo mondo, non รจ frutto delle capacitร e della genialitร umane, viene dallโalto, รจ dono del Signore.
Salomone la desiderava piรน della ricchezza, piรน della potenza, piรน di una lunga vita, la amava piรน di una sposa (1 Re 3,1-15). La chiese al Signore: โDammi la Sapienza che siede accanto a te in trono, inviala dai cieli santi perchรฉ mi assista e io sappia ciรฒ che ti รจ gradito. Essa mi guiderร prudentemente nelle mie azioni e io sarรฒ degno del trono di mio padreโ (Sap 9,1-12). Dio gliela concesse.
La gioia della Sapienza era stare con i figli degli uomini (Pr 8,31), per questo il creatore dellโuniverso le diede questโordine: โFissa la tenda in Giacobbeโ (v. 8).
Raggi di Sapienza divina sono presenti in tutta la creazione, possono essere rintracciati nelle culture di tutti i popoli, ma รจ in Israele โ popolo benedetto e glorioso โ che la Sapienza ha preso stabile dimora (vv. 8-12).
La tradizione giudaica lโha identificata con la Legge di Mosรจ (Sir 24,23). โQuanti si attengono ad essa โ assicurava il profeta Baruc โ avranno la vita, quanti lโabbandonano morirannoโ (Bar 4,1).
Ma i cristiani lโhanno vista incarnata, non in un libro, ma in una persona, in Gesรน di Nazaret che โ come dice Giovanni nel prologo del suo vangelo โ รจ venuto a piantare la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1,14).
Seconda Lettura (Ef 1,3-6.15-18)
3 Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesรน Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli,in Cristo.
4 In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo,
per essere santi e immacolati al suo cospetto nella caritร ,
5 predestinandoci a essere suoi figli adottivi
per opera di Gesรน Cristo,
6 secondo il beneplacito della sua volontร .
E questo a lode e gloria della sua grazia,
che ci ha dato nel suo Figlio diletto.
15 Perciรฒ io, Paolo, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesรน e dellโamore che avete verso tutti i santi, 16 non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, 17 perchรฉ il Dio del Signore nostro Gesรน Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una piรน profonda conoscenza di lui.
18 Possa egli davvero illuminare gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua ereditร fra i santi.
La lettera agli efesini esordisce con un inno di benedizione a Dio per le meraviglie da lui operate in favore degli uomini.
La benedizione รจ la piรน caratteristica delle preghiere giudaiche. In ogni momento della giornata, il pio israelita pensa agli interventi di Dio in favore del suo popolo, ricorda i benefici da lui concessi e lo ringrazia pronunciando benedizioni.
Quella della Lettera agli efesini รจ un inno commovente, sgorgato dal cuore di un cristiano dellโAsia minore, eseguito durante le celebrazioni liturgiche e che ci รจ stato conservato dallโautore della lettera.
Inizia con una lode al Signore, che non รจ piรน chiamato โDio dโAbramo, dโIsacco e di Giacobbeโ, ma Padre del Signore nostro Gesรน Cristo (v. 3). ร benedetto perchรฉ, avendoci inseriti in Cristo, ci ha resi partecipi di ogni benedizione spirituale.
Le benedizioni promesse ai patriarchi erano materiali, Dio si mostrava benevolo verso il suo popolo quando donava messi abbondanti, moltiplicava greggi e armenti, faceva crescere i figli come virgulti dโulivo e rendeva le figlie incantevoli โcome colonne dโangoloโ (Sal 144,12).
Chi, mediante il battesimo, รจ stato inserito in Cristo, รจ colmo di benedizioni spirituali, che non sono in contrapposizione con quelle materiali, ma costituiscono una realtร nuova, unโofferta di beni imperituri, di una vita che va oltre gli orizzonti di questo mondo.
Dopo questa esclamazione gioiosa, lโinno presenta il progetto dโamore ideato da Dio (vv. 4-6). Giร prima della creazione del mondo, egli ha pensato alla salvezza di tutti gli uomini; ha voluto che divenissero unโunica persona in Cristo, che fossero partecipi della sua vita ed entrassero a far parte della sua famiglia. Questo รจ il destino che attende lโintera umanitร : non la rovina, ma la gioia senza fine, โa lode e gloria della sua graziaโ. La gratitudine dellโuomo รจ rivolta a Colui che non premia secondo i meriti, ma dona tutto in modo incondizionato, elargisce i suoi beni ai poveri, offre a chi non puรฒ vantare alcun diritto.
La gioia che pervade lโintero inno deriva dalla certezza che la benevolenza di Dio non dipende dalla bontร dellโuomo, ma รจ pura grazia.
Quando, nella storia del mondo o nella vita personale, il male sembra avere il sopravvento, questo canto rammenta al credente che la vittoria finale apparterrร allโamore di Dio. Egli riuscirร comunque a portare a compimento il disegno che ha ideato โprima della creazione del mondoโ (v. 4).
Dopo aver richiamato lโinno di benedizione, Paolo si congratula con i suoi lettori per le belle notizie che ha ricevuto. Gli รจ stato riferito della loro fede incrollabile e dellโamore che regna nelle loro comunitร . In un mondo segnato da divisioni, odi e violenze essi sono diversi dagli altri, si comportano da santi, sono riconoscibili perchรฉ sui loro volti brilla lโimmagine di Cristo, il Santo (v. 15).
LโApostolo ricorda agli efesini la preghiera che continuamente egli eleva a Dio per loro. Non chiede i beni di questo mondo, la ricchezza, il successo, ma il dono piรน sublime, lo spirito di sapienza (vv. 16-17).
Salomone confidava al Signore: โAnche il piรน perfetto fra gli uomini, privo della sapienza che viene da te, sarebbe stimato un nullaโ (Sap 9,6) e Paolo non vuole che i suoi cristiani orientino la loro vita secondo la saggezza e il buon senso di questo mondo che รจ follia agli occhi di Dio (1 Cor 1,18). Per questo chiede al Signore di illuminare gli occhi del loro cuore (v. 18).
Il cuore, nella cultura semitica, rappresenta il centro della persona, il punto in cui vengono prese tutte le decisioni.
Il cuore ha occhi che perรฒ corrono il rischio di essere ottenebrati da ragionamenti incompatibili con il vangelo. Tali erano gli occhi dello stesso Paolo prima che venisse illuminato sulla via di Damasco.
Lโacqua del Battesimo li lava ad ogni credente, li rende luminosi, cosรฌ il cuore puรฒ fare scelte secondo la sapienza di Dio. ร per questo che nei primi secoli i battezzati erano chiamati โgli illuminatiโ (Eb 6,4).
Vangeloย (Gv 1,1-18)
1ย In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2 Egli era in principio presso Dio:
3ย tutto รจ stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente รจ stato fatto di tutto ciรฒ che esiste.
4ย In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5ย la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non lโhanno accolta.
6ย Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
7ย Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perchรฉ tutti credessero per mezzo di lui.
8ย Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
9ย Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
10ย Egli era nel mondo,
e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
11ย Venne fra la sua gente,
ma i suoi non lโhanno accolto.
12ย A quanti perรฒ lโhanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13ย i quali non da sangue,
nรฉ da volere di carne,
nรฉ da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
14ย E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di veritร .
15ย Giovanni gli rende testimonianza
e grida: โEcco lโuomo di cui io dissi:
Colui che viene dopo di me
mi รจ passato avanti,
perchรฉ era prima di meโ.
16ย Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia.
17ย Perchรฉ la legge fu data per mezzo di Mosรจ,
la grazia e la veritร vennero per mezzo di Gesรน Cristo.
18ย Dio nessuno lโha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
che รจ nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato.
Tutti gli autori curano con particolare impegno la prima pagina dei loro libri perchรฉ costituisce il foglio di presentazione di tutta lโopera. Deve essere non solo piacevole e accattivante, ma รจ bene che accenni anche ai temi essenziali che verranno trattati in seguito. ร un modo per stuzzicare lโinteresse e la curiositร del lettore.
Per introdurre il suo Vangelo, Giovanni compone un inno cosรฌ sublime, cosรฌ elevato da meritargli, giustamente, il titolo di โaquilaโ fra gli evangelisti. In questo prologo, come nellโโouvertureโ di una sinfonia, รจ possibile cogliere i motivi che saranno poi ripresi e sviluppati nei capitoli successivi: Gesรน inviato del Padre, sorgente di vita, luce del mondo, pieno di grazia e di veritร , Unigenito nel quale si rivela la gloria del Padre.
Nella prima strofa (vv. 1-5) Giovanni sembra spiccare il volo da unโimmagine cara alla letteratura sapienziale e rabbinica: la โSapienza di Dioโ raffigurata come una ragazza incantevole e deliziosa.
Ecco come la โSapienzaโ si autopresenta nel libro dei Proverbi: โIl Signore mi ha creato allโinizio della sua attivitร , prima di ogni sua opera. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io sono stata generata. Quando egli fissava i cieli, io ero lร ; quando stabiliva al mare i suoi limiti, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con luiโ (Pr 8,22-29).
Si tratta di una personificazione ripresa anche nel libro del Siracide, dove si afferma che la Sapienza si รจ come incarnata nella Torร h, nella Legge, e ha fissato la sua tenda in Israele (Sir 24,3-8.22).
Giovanni conosce bene questi testi e โ forse anche con un filo di polemica nei confronti del giudaismo โ li riprende e li applica a Gesรน.
ร lui โ dice โ la Sapienza di Dio venuta a porre la sua tenda in mezzo a noi, รจ lui, e non la legge mosaica, che rivela agli uomini il volto di Dio e la sua volontร . Egli รจ il Verbo, la Parola ultima e definitiva di Dio, รจ quella stessa Parola mediante la quale Dio, in principio, ha creato il mondo.
Non solo. A differenza della Sapienza personificata (Sir 24,9), la Parola di Dio โ che in Gesรน si รจ fatta carne โ non รจ stata creata, ma โeraโ presso Dio, esisteva dallโeternitร ed era Dio.
Per Israele la Sapienza รจ โun albero di vita per chi ad essa si attieneโ (Pr 3,18). Giovanni chiarisce: la Sapienza di Dio si รจ manifestata pienamente nella persona storica di Gesรน. ร lui, non piรน la Legge, la sorgente della vita.
La venuta di questa Parola nel mondo divide la storia in due parti: prima e dopo Cristo, tenebre senza di lui, luce dove cโรจ lui. Parola che, come una spada, penetra nellโintimo di ogni uomo e separa in lui ciรฒ che รจ โfiglio della luceโ da ciรฒ che รจ โfiglio della tenebraโ. La tenebra cercherร di sopraffare questa luce, ma non vi riuscirร . Anche la risposta negativa dellโuomo non potrร soffocarla e alla fine la luce avrร la meglio nel cuore di ognuno di noi.
La seconda strofa (vv. 6-8) รจ un primo intermezzo narrativo che introduce la figura del Battista. Di lui non si dice che โera presso Dioโ. Giovanni รจ un semplice uomo suscitato da Dio per una missione. Doveva essere il testimone della luce. Il suo ruolo รจ tanto importante che viene sottolineato per ben tre volte.
Egli non era la luce, ma seppe riconoscere la luce vera e indicarla a tutti.
La terza strofa (vv. 9-13) sviluppa il tema di Cristo-luce e la risposta degli uomini di fronte al suo apparire nel mondo.
Lโinno si apre con un grido di gioia: โVeniva nel mondo la luce veraโ. Gesรน รจ la luce autentica, in contrapposizione ai luccichii illusori, ai fuochi fatui, ai miraggi, ai bagliori ingannevoli proiettati dalla sapienza degli uomini.
A questo grido entusiastico si contrappone perรฒ subito un lamento: โil mondo non lo riconobbeโ. ร il rifiuto, lโopposizione, la chiusura alla luce. Gli uomini preferiscono lโoscuritร perchรฉ affezionati alle loro opere malvagie (Gv 3,19).
Neppure gli israeliti โ โla sua genteโ โ la accolgono. Eppure avrebbero dovuto riconoscere in Gesรน la manifestazione ultima, lโincarnazione della โSapienza di Dioโ, di quella Sapienza che โfra tutti i popoli aveva cercato un luogo di riposo nel quale stabilirsiโ e proprio in Israele aveva trovato la sua dimora. Il Creatore dellโuniverso le aveva dato questโordine: โFissa la tua tenda in Giacobbe e prendi in ereditร Israeleโ (Sir 24,7-8).
Sorprende il rifiuto della luce e della vita da parte degli uomini, anche dei piรน preparati e ben disposti. Anche Gesรน si meraviglierร un giorno dellโincredulitร dei suoi stessi conterranei (Mc 6,6). Questo significa che la luce che viene dallโalto non si impone, non fa violenza, lascia liberi, ma pone di fronte ad una decisione ineludibile: bisogna scegliere fra โbenedizione e maledizioneโ (Dt 11,27), fra โ vita e morteโ (Dt 30,15).
La strofa si conclude con la visione gioiosa di coloro che hanno creduto nella luce. Credere non significa dare il proprio assenso intellettuale ad un pacchetto di veritร , ma accogliere una persona, la Sapienza di Dio che si identifica con Gesรน.
A coloro che si fidano di lui viene concesso โun dirittoโ inaudito: divenire figli di Dio. ร la rinascita dallโalto di cui Gesรน parlerร a Nicodemo (Gv 3,3), rinascita che non ha nulla a che vedere con la nascita naturale che รจ legata alla sessualitร , al volere dellโuomo. La generazione da Dio รจ di un altro ordine, รจ opera dello Spirito.
La quarta strofa (v. 14): โE il Verbo si fece carne e fissรฒ la sua tenda in mezzo a noiโ. ร il punto culminante di tutto il prologo e sono le parole del Vangelo che oggi ascolteremo in ginocchio. Sono ancora cariche dellโammirazione gioiosa e stupita dei cristiani delle prime comunitร di fronte al mistero di Dio che per amore si spoglia della sua gloria, annienta se stesso e prende dimora sotto la nostra tenda.
โCarneโ nel linguaggio biblico indica lโuomo nel suo aspetto di essere debole, fragile, perituro. Si percepisce qui la drammatica contrapposizione fra โcarneโ e โParola di Dioโ espressa in modo cosรฌ efficace nel famoso testo di Isaia: โOgni carne รจ come lโerba e tutta la sua gloria รจ come il fiore del campo. Secca lโerba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura per sempreโ (Is 40,6-8).
Quando Giovanni dice che la โParolaโ divenne carne non afferma semplicemente che prese un corpo mortale, che si rivestรฌ di muscoli, ma che divenne uno di noi, che si fece in tutto simile a noi (compresi i sentimenti, le passioni, le emozioni, i condizionamenti culturali, la stanchezza, la fatica, lโignoranza โ sรฌ, anche lโignoranza โ e poi le tentazioni, i conflitti interioriโฆ). In tutto simile a noi fuorchรฉ nel peccato.
โE noi vedemmo la sua gloriaโ. Lโuomo biblico era cosciente che lโocchio umano รจ incapace di vedere Dio. Di lui si puรฒ solo contemplare la โgloriaโ, cioรจ, i segni della sua presenza, le sue opere, i suoi gesti di potenza in favore del suo popolo: โDimostrerรฒ la mia gloria sul faraone e su tutto il suo esercito, i suoi carri e i suoi cavalieriโ (Es 14,17).
Si sentono riecheggiare in questa frase del prologo le espressioni colme di intensa commozione della prima lettera di Giovanni: โCiรฒ che era fin da principio, ciรฒ che noi abbiamo udito, ciรฒ che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciรฒ che noi abbiamo contemplato e ciรฒ che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poichรฉ la vita si รจ fatta visibile, noi lโabbiamo veduta e di ciรฒ rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si รจ resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi. Queste cose vi scriviamo, perchรฉ la nostra gioia sia perfettaโ (1 Gv 1, 1 -4).
Giovanni parla al plurale perchรฉ intende riferire lโesperienza dei cristiani delle sue comunitร che, con lo sguardo della fede, sono riusciti a cogliere, al di lร del velo della โcarneโ di Gesรน umiliato e crocifisso, il volto di Dio.
Il Signore ha manifestato spesso la sua gloria con segni e prodigi, ma mai si era rivelato in modo cosรฌ chiaro e palese come nel suo โUnigenito, pieno di grazia e di veritร โ. โGrazia e veritร โ รจ unโespressione biblica che significa โamore fedeleโ. La troviamo nellโAT quando il Signore si presenta a Mosรจ come โil Dio misericordioso e pietoso, lento allโira e ricco di grazia e di fedeltร โ (Es 34,6). In Gesรน รจ presente la pienezza dellโamore fedele di Dio. Egli รจ la dimostrazione inconfutabile che nulla potrร mai sopraffare la benevolenza di Dio.
La quinta strofa (v. 15) รจ il secondo intermezzo. Ricompare il Battista e questa volta egli parla al presente: โrende testimonianzaโ in favore di Gesรน. โGridaโ agli uomini di tutti i tempi che egli รจ unico.
La sesta strofa (vv. 16-18) รจ un canto di gioia dal quale trabocca la riconoscenza a Dio della comunitร per il dono ricevuto. Dono incomparabile. Anche la legge di Mosรจ era un dono di Dio, ma non era definitiva. Le disposizioni esterne che essa conteneva non erano in grado di comunicare โla grazia e la veritร โ, cioรจ, la forza che permette allโuomo di corrispondere allโamore fedele di Dio. La โgrazia e la veritร โ sono state donate per mezzo di Gesรน. Compare qui, per la prima volta, il suo nome.
Dio nessuno lโha mai visto. ร unโaffermazione che Giovanni richiama spesso (5,37; 6,46; 1 Gv 4,12.20). La si ritrova giร nellโAT: โTu non potrai vedere il mio volto โ dice Dio a Mosรจ โ perchรฉ nessun uomo puรฒ vedermi e restare vivoโ (Es 33,20).
Le manifestazioni, le apparizioni, le visioni di Dio raccontate nellโAT non erano delle visioni materiali, erano un modo umano di descrivere le rivelazioni dei pensieri, della volontร , dei progetti del Signore.
Ora invece รจ possibile vedere realmente, concretamente Dio osservando Gesรน. Per conoscere il Padre non si devono fare ragionamenti filosofici o perdersi in sottili disquisizioni. Basta contemplare Cristo, osservare quello che fa, cosa dice, cosa insegna, come si comporta, come ama, chi preferisce, chi frequenta, da chi va a cena, chi sceglie, chi rimprovera, chi difende. Basta, soprattutto, contemplarlo nel momento piรน alto della sua โgloriaโ, quando viene innalzato sulla croce. In quella manifestazione somma di amore il Padre ha detto tutto.