Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 26 Maggio 2024.
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Trinitร : Lโarcano mistero
Non abbiamo lโesclusiva della fede in Dio, ma lโaffermazione che, nellโunico Dio, esiste una paternitร , una filiazione e un dono dโamore รจ specifica del cristianesimo. Con un termine astratto, non biblico e certo inadeguato, chiamiamo questo mistero Trinitร .
La rifiutano gli ebrei che, nella preghiera del mattino e della sera, ripetono: โIl Signore รจ uno soloโ (Dt 6,4-5); non lโaccettano i musulmani, per i quali solo โAllah รจ grande e Maometto รจ il suo profetaโ.
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Noi parliamo di mistero, non nel senso di realtร oscura, incomprensibile e, se intesa male, anche contraria alla ragione, ma di ricchezza di vita infinita dellโunico Dio; trascende ogni comprensione e progressivamente si svela allโuomo per introdurlo nella pienezza della sua gioia.
Sarร possibile allโuomo sondare questo imperscrutabile segreto? Un saggio, vissuto al tempo di Gesรน, asseriva: โA stento ci raffiguriamo le realtร terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi puรฒ rintracciare le cose del cielo?โ (Sap 9,16).
Per penetrare nel mistero di Dio i musulmani hanno il Corano dal quale ricavano i novantanove nomi di Allah; il centesimo rimane indicibile, perchรฉ lโuomo non puรฒ comprendere tutto di Dio. Gli ebrei scoprono il Signore attraverso gli avvenimenti della loro storia di salvezza, meditata, riscritta e riletta per secoli, prima di essere consegnata definitivamente al popolo, e molto tardi, nei libri santi. Per i cristiani il libro che introduce alla scoperta di Dio รจ Gesรน Cristo. Egli โรจ il libro aperto a colpi di lanciaโ, รจ il Figlio che, dalla croce, rivela che Dio รจ Padre e dono dโAmore, Vita, Spirito.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โIntroducimi Signore, con la mente e col cuore, nella tua vita che รจ amoreโ.
Prima Lettura (Dt 4,32-34.39-40)
Mosรจ parlรฒ al popolo dicendo:ย 32ย โInterroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creรฒ lโuomo sulla terra e da unโestremitร dei cieli allโaltra, vi fu mai cosa grande come questa e si udรฌ mai cosa simile a questa?ย 33ย Che cioรจ un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come lโhai udita tu, e che rimanesse vivo?ย 34ย O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a unโaltra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore vostro Dio in Egitto, sotto i vostri occhi?
39ย Sappi dunque oggi e conserva bene nel tuo cuore che il Signore รจ Dio lassรน nei cieli e quaggiรน sulla terra; e non ve nโรจ altro.
40ย Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti dรฒ, perchรฉ sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perchรฉ tu resti a lungo nel paese che il Signore tuo Dio ti dรก per sempreโ.
Anche se sono attribuite a Mosรจ, le esortazioni contenute in questo brano appartengono a un autore anonimo, vissuto a Babilonia nel VI secolo a.C. fra gli israeliti coscienti di essere responsabili della condizione di schiavitรน in cui si trovano e convinti di aver ormai definitivamente compromesso con i peccati la loro storia. Sono avviliti, scoraggiati e hanno bisogno di udire parole di consolazione e di speranza.
Il profeta si rivolge a questi deportati e li invita a ripensare al passato. Chiede loro di ricordare le opere di salvezza compiute dal Signore in Egitto e di confrontarle con le gesta che gli altri popoli attribuiscono ai loro dรจi. La conclusione รจ scontata: in tutto il mondo nessuno ha mai sentito dire che un Dio sia intervenuto con tanta forza per liberare il suo popolo, come ha fatto il Signore con Israele. Nessun Dio ha mai parlato come egli ha fatto con Abramo, con i patriarchi e nel roveto ardente con Mosรจ; non sโรจ mai udito che un Dio abbia compiuto prodigi straordinari come ha fatto il Signore per salvare il suo popolo (vv. 32-34).
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Gli dรจi degli altri popoli abitano in cielo e si disinteressano di ciรฒ che accade sulla terra, dimorano in templi dove attendono di essere serviti e ricevere sacrifici dai loro devoti; il Dio dโIsraele invece รจ coinvolto nella storia del suo popolo. Anche il salmista ne รจ convinto: โChi รจ pari al Signore nostro Dio che siede nellโalto, ma si china a guardare in basso, nei cieli e sulla terra?โ (Sl 113,6-6).
Se i deportati a Babilonia si fidano di questo Dio attento alle vicissitudini dellโuomo, non possono piรน lasciare cadere le braccia: come ha fatto in passato, egli certo interverrร per liberarli.
Questa rivelazione di Dio amico e protettore, richiamata dal profeta agli israeliti che si trovano in Mesopotamia, รจ rivolta oggi a ogni uomo affinchรฉ, in ogni circostanza della vita, si senta accompagnato dal Signore e si renda conto che egli gioisce dei suoi successi ed รจ partecipe delle sue delusioni. Chi crede in questo Dio non si perde dโanimo anche se, nella propria vita, verifica errori: sa, infatti, che egli li comprende e indica come porvi rimedio.
Lungi dallโindurre a commettere peccati, la fede nel Dio dโIsraele, che รจ solo amore e tenerezza e che va sempre a recuperare il suo popolo, รจ uno stimolo a coltivare la fiducia e ad accogliere i suoi precetti come parola di vita. Per questo la lettura si conclude con lโesortazione: โOsserva le sue leggi perchรฉ possa essere felice tu e i tuoi figli dopo di teโ (v. 40).
Questo brano definisce un primo aspetto della natura del Dio dโIsraele, nel quale crediamo anche noi cristiani. ร un Dio che non conosce la solitudine, che cerca il dialogo, parla, si interessa dellโuomo e vuole stare con lโuomo; fa uscire il suo popolo dal paese dโEgitto โper abitare in mezzo a loroโ (Es 29,46). La tenda del convegno, che accompagnava gli israeliti durante lโesodo, costituiva il segno sacramentale di questa presenza e anche quando essi divennero infedeli e furono deportati a Babilonia, per bocca del profeta Ezechiele, egli continuรฒ a promettere: โIo abiterรฒ in mezzo a loro, per sempreโ (Ez 43,7). Il Signore si comportava come chi, perdutamente innamorato, non riesce a staccare il cuore e la mente dalla persona amata, neppure quando questa gli รจ infedele.
La manifestazione somma di questo bisogno che Dio prova di stare con lโuomo si ebbe quando egli โvenne a piantare la sua tenda tra noi e noi potemmo contemplare la sua gloriaโ (Gv 1,14). Ancor oggi, โdove due o tre sono riuniti nel suo nome, egli รจ in mezzo a loroโ (Mt 18,19-20).
Il profeta, che esortava gli esuli di Babilonia a credere che il Signore era vicino a loro, aveva avuto solo una scialba intuizione; non immaginava che Dio fosse cosรฌ desideroso di stare con lโuomo da venire un giorno fra la sua gente, da โfarsi carneโ per poter essere visto con gli occhi, toccato con le mani, udito con gli orecchi e divenire ospite e commensale degli uomini. In un Dio cosรฌ vicino, nellโEmmanuele, crediamo solo noi cristiani.
Seconda Lettura (Rm 8,14-17)
14ย Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio.ย 15ย E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: โAbbร , Padre!โ.
16ย Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio.ย 17ย E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
Con parole commoventi, Paolo descrive la condizione del cristiano dopo il battesimo: non รจ piรน una semplice creatura, non รจ uno schiavo sottomesso a un padrone, ma un figlio, perchรฉ ha ricevuto dal Signore la sua stessa vita.
Dio non solo ha posto la sua tenda in mezzo a noi, ma รจ venuto per coinvolgerci nella sua vita, come spiega Pietro ai cristiani delle sue comunitร : โLa sua potenza divina ci ha fatto dono di ogni bene. Ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perchรฉ diventaste partecipi della natura divinaโ (2 Pt 1,4).
Questa partecipazione รจ opera dello Spirito. ร il suo impulso interiore che dallโintimo del cuore fa traboccare un incontenibile grido di gioia rivolto a Dio e fa esclamare: โAbbร , Padreโ (v. 15).
A questo punto lโApostolo sente il bisogno di definire la differenza fra la filiazione dellโUnigenito, Cristo, e la nostra. Lo fa ricorrendo allโimmagine della figliolanza adottiva, unโistituzione sconosciuta in Israele, ma diffusa nel mondo greco-romano, dove chi veniva adottato godeva degli stessi diritti dei figli naturali, compresa la partecipazione allโereditร familiare. In modo simile, anzi, molto piรน vero โ chiarisce Paolo โ lโuomo รจ introdotto da Dio nella sua โfamigliaโ: gli offre gratuitamente una figliolanza piena e la stessa โereditร โ, la stessa beatitudine di cui gode lโUnigenito Figlio suo.
Di fronte a questo dono dโamore, risulta completamente assurdo e inconcepibile che qualcuno abbia ancora paura di Dio. โNellโamore non cโรจ timore, al contrario lโamore perfetto scaccia il timore, perchรฉ il timore suppone un castigo e chi teme non รจ perfetto nellโamore. Noi amiamo, perchรฉ egli ci ha amati per primoโ (1 Gv 4,18-19). ร questo il mistero della Trinitร , non un discorso cerebrale, ma un coinvolgimento nella vita e nella gioia del Signore. La religione di chi prega un Dio lontano e non lo sente dentro di sรฉ รจ incompatibile con la professione di fede in Dio che รจ Padre, Figlio e Spirito.
Vangelo (Mt 28,16-20)
16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesรน aveva loro fissato.
17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni perรฒ dubitavano.
18 E Gesรน, avvicinatosi, disse loro: โMi รจ stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciรฒ che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondoโ.
Nelle comunitร primitive il battesimo era amministrato nel nome di Gesรน. Pietro, nel giorno di Pentecoste, si rivolge al popolo e lo esorta al pentimento e a farsi battezzare โnel nome di Gesรน Cristo, per la remissione dei peccatiโ (At 2,38). Solo in seguito fu introdotto lโuso di battezzare nel nome della Trinitร e la formula che Matteo pone sulla bocca del Risorto, riflette la prassi liturgica della seconda metร del I secolo d.C..
La scena raccontata nel brano di oggi รจ ambientata su un monte della Galilea (v. 16). Il monte, nel linguaggio biblico, indica il luogo delle rivelazioni di Dio. Collocando sul monte la manifestazione del Risorto, Matteo intende dire che solo chi ha fatto unโautentica esperienza di Cristo e ha assimilato il suo messaggio รจ abilitato a svolgere la missione che egli affida ai discepoli.
Nella seconda parte del brano (vv. 18-20) รจ presentata questa missione: i discepoli ricevono lโincarico di ammaestrare tutte le nazioni, di battezzarle e di insegnare loro ad osservare quanto Gesรน ha comandato.
Erano giร stati inviati dal Maestro ad annunciare il regno dei cieli, ma con una limitazione: โNon andate fra i pagani e non entrate nelle cittร dei samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa dโIsraeleโ (Mt 10,5-6). Dopo la Pasqua la loro missione si amplia, diviene universale.
La luce del vangelo aveva cominciato a splendere in Galilea quando Gesรน, lasciata Nazaret, si era stabilito a Cafarnao. Il popolo immerso nelle tenebre aveva visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte, una luce si era levata (Mt 4,16). Ora questa luce รจ destinata a brillare in tutto il mondo: come hanno annunciato i profeti, Israele diviene โluce delle gentiโ (Is 42,6).
Il momento รจ decisivo e Gesรน si richiama, in modo solenne, alla sua autoritร . Il Padre lo ha inviato a portare il messaggio della salvezza e gli ha conferito ogni potere in cielo e in terra. Cielo e terra indicano, nel linguaggio biblico, tutta la creazione (Gn 1,1). Nulla, dunque, sfugge al โdominioโ che il Padre ha dato a Cristo.
Questo โpotereโ universale su tutto il creato non ha nulla in comune con i regni di questo mondo, consiste invece nella capacitร di servire lโuomo, conducendolo alla salvezza e introducendolo nellโintimitร dโamore con il Padre.
ร a questo punto che va collocato il richiamo al mistero della vita divina che, in questa festa, celebriamo e che, balbettando con il nostro povero linguaggio, chiamiamo Trinitร .
Non siamo chiamati a dare lโadesione a un concetto astratto, a professare una formula fredda, ma a cantare un inno riconoscente a Dio per il dono che ci ha fatto della sua vita. Il nostro destino era la morte, โma il dono di Dio รจ la vita eternaโ (Rm 6,23). Riaffiora allora sulle nostre labbra il grido di gioia: โQuale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Noi giร fin dโora siamo figli di Dio, ma ciรฒ che saremo non รจ stato ancora rivelato. Sappiamo perรฒ che quando egli si sarร manifestato, noi saremo simili a lui, perchรฉ lo vedremo cosรฌ come egli รจโ (1 Gv 3,1-3) e anche: โQuelle cose che occhio non vide, nรฉ orecchio udรฌ, nรฉ mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spiritoโ (1 Cor 2,9-10).
Come si realizzerร questo disegno di salvezza?
Dio lo attuerร attraverso la comunitร cristiana. Il Risorto non ha conservato per sรฉ il โpotereโ conferitogli dal Padre, ma lo ha comunicato ai discepoli che sono il suo prolungamento nel mondo. A loro egli ha affidato lโincarico di portare la salvezza โa tutte le nazioniโ.
Di questo compito e dellโuniversalitร della salvezza era consapevole Paolo quando affermava: โDio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino a conoscenza della veritร โ (1 Tm 2,4). Nessuno, per quanto peccatore, potrร rimanere escluso dalla vita divina, che รจ offerta gratuitamente a ogni uomo, โDio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordiaโ (Rm 11,32).
La vita divina raggiungerร lโuomo attraverso lโannuncio del messaggio evangelico e il battesimo (v. 19), due atti che trasformano gli uomini in discepoli e danno inizio a una vita completamente nuova, modellata sui valori proposti da Cristo (v. 20).
La โfamigliaโ di Dio, la Trinitร , รจ lโimmagine della perfetta armonia, della piena integrazione, della totale realizzazione che avviene nellโincontro e nel dialogo di amore. Questa unitร di tutti nella pace della โcasaโ del Padre sarร completamente realizzata quando la โforza di salvezzaโ del Risorto avrร raggiunto, attraverso i discepoli, ogni uomo, ma deve iniziare oggi, in questo mondo, perchรฉ giร oggi Dio ci ha reso partecipi del suo stesso Amore.
La vocazione cui รจ chiamata la comunitร cristiana รจ impegnativa e certamente superiore alle capacitร umane.
Nella Bibbia, ogni vocazione da parte di Dio รจ sempre accompagnata dalla paura dellโuomo e da una promessa del Signore che assicura: โNon temere, io sono con teโ. A Giacobbe in viaggio verso una terra ignota Dio garantisce: โIo sono con te e ti proteggerรฒ dovunque andrai, non ti abbandonerรฒโ (Gn 28,15); a Israele deportato a Babilonia dichiara: โTu sei prezioso ai miei occhi e io ti amo. Non temere perchรฉ io sono con teโ (Is 43,4-5); a Mosรจ che obietta: โChi sono io per andare dal faraone e per fare uscire gli israeliti dallโEgitto?โ, risponde: โIo sarรฒ con teโ (Es 3,11-12); a Paolo che a Corinto รจ tentato di scoraggiarsi, il Signore dice: โNon aver paura, perchรฉ io sono con te e nessuno cercherร di farti del maleโ (At 18,9-10).
La promessa del Risorto ai discepoli che stanno per muovere i primi, timidi passi non poteva essere diversa: โEcco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondoโ (v. 20). Si chiude cosรฌ, comโera iniziato, il vangelo di Matteo: con il richiamo allโEmmanuele, al Dio con noi, nome con il quale il messia era stato annunciato dai profeti (Mt 1,22-23).
Il Dio in cui noi cristiani crediamo non รจ lontano, non sta in cielo, non vive come se i nostri problemi, le nostre gioie e le nostre angosce non lo toccassero. Egli รจ il โDio con noiโ, il Dio che sta al nostro fianco ogni giorno, fino a quando ci avrร accolto tutti nella sua casa, per sempre.