p. Fernando Armellini – Commento al Vangelo del 26 Febbraio 2023

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Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 26 febbraio 2023.
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La tentazione di una felicitร  illusoria

Nel linguaggio corrente, essere tentati significa sentirsi attratti dal proibito; per questo desta meraviglia il fatto che i grandi personaggi della Bibbia, i patriarchi, Giobbe siano stati tentati. Si prova un certo imbarazzo di fronte ai racconti delle tentazioni di Gesรน e si rimane sconcertati dalle affermazioni dellโ€™autore della Lettera agli ebrei che, parlando di Cristo, dichiara: โ€œPoichรฉ ha sofferto egli stesso, essendo tentato, puรฒ soccorrere quelli che sono tentatiโ€ (Eb 2,18). โ€œNon abbiamo un sommo sacerdote che non sappia simpatizzare con noi nelle nostre infermitร , essendo stato egli stesso tentato in tutto come noi, senza perรฒ peccareโ€ (Eb 4,15).

La Bibbia invita a considerare la tentazione in una prospettiva originale: come un momento di verifica della soliditร  delle scelte dellโ€™uomo, come unโ€™occasione di crescita. Nella tentazione รจ insito anche il rischio di commettere errori, ma questo pericolo รจ inevitabile se si vuole maturare, divenire โ€œesperti, โ€œperitiโ€. Questi termini infatti altro non significano che โ€œtentatiโ€, โ€œsottoposti a una prova, a un esameโ€.

La scelta รจ fra accogliere o rifiutare il progetto del Padre.

Due uomini sono messi a confronto: uno โ€“ Adamo โ€“ decide di seguire i propri giudizi ingannevoli; lโ€™altro โ€“ Cristo โ€“ fa costante riferimento alla parola di Dio. Il primo stende la mano verso un frutto di morte, il secondo diviene lโ€™autore della vita.

Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โ€œCrea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldoโ€

Prima Lettura (Gn 2,7-9; 3,1-7)

7 Allora il Signore Dio plasmรฒ lโ€™uomo con polvere del suolo e soffiรฒ nelle sue narici un alito di vita e lโ€™uomo divenne un essere vivente.
8 Poi il Signore Dio piantรฒ un giardino in Eden, a oriente, e vi collocรฒ lโ€™uomo che aveva plasmato. 9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui lโ€™albero della vita in mezzo al giardino e lโ€™albero della conoscenza del bene e del male.
3,1 Il serpente era la piรน astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: โ€œรˆ vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?โ€. 2 Rispose la donna al serpente: โ€œDei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3 ma del frutto dellโ€™albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morireteโ€. 4 Ma il serpente disse alla donna: โ€œNon morirete affatto! 5 Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il maleโ€. 6 Allora la donna vide che lโ€™albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiรฒ, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anchโ€™egli ne mangiรฒ. 7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

A prima vista questo racconto sembra molto semplice, tale da poter esser capito anche dai bambini. Partendo da questo presupposto, sono state dedotte conclusioni sul โ€œpeccato originaleโ€ che a molti oggi appaiono problematiche, fragili e infondate.

Non รจ serio pensare che un serpente abbia parlato, che sia esistito in qualche parte del mondo il giardino dellโ€™Eden, che Dio abbia passeggiato in questo giardino e che abbia dato proibizioni tanto ridicole, come quella di non mangiare un frutto.

 รˆ difficile accettare che si debbano portare le conseguenze di un errore commesso dalla prima coppia umana. Perchรฉ e da chi รจ stato stabilito che questa colpa venga trasmessa in ereditร ? Chi puรฒ ancora credere che tutte le sofferenze dipendano dal peccato di Adamo ed Eva?

Si tratta di obiezioni serie che obbligano a rivedere una certa interpretazione del โ€œpeccato originaleโ€. Ci si chiede se essa sia fondata sul racconto biblico oppure derivi dallโ€™incomprensione del genere letterario impiegato dallโ€™autore sacro.

Adamo ed Eva sono due individui storici e noi i loro poveri discendenti o siamo noi Adamo e Eva? In altre parole, il racconto del โ€œpeccato originaleโ€ รจ la cronaca di un fatto singolo o รจ la storia di ogni uomo e di ogni donna che oggi sono tentati e sedotti da proposte di felicitร  illusorie?

Nelle difficoltร  cui abbiamo accennato, sโ€™imbatte chi non tiene presente che il brano non รจ il reportage di un fatto accaduto allโ€™inizio della nostra storia, ma un mito che vuole spiegare ciรฒ che noi siamo oggi. Non รจ una cronaca, ma una riflessione sapienziale sulla condizione presente dellโ€™uomo, รจ un tentativo di rispondere ai nostri enigmi, ai nostri tormenti interiori.

รˆ passato il tempo in cui il mito era considerato un momento infantile del pensiero umano, una tappa di passaggio prima della maturitร  che sarebbe stata raggiunta con il pensiero razionale, col ragionamento astratto, col positivismo scientifico che tutto vuole definire e quantificare. Oggi รจ pacifico che il mito sia un genere letterario insostituibile: serve a trasmettere quelle veritร  che nessuna analisi razionale รจ in grado di esprimere.

Il ragionamento รจ freddo, statico, il mito invece puรฒ essere costantemente attualizzato, provoca intuizioni sempre piรน profonde, suscita forme di pensiero sempre nuove.

Ridurre i capitoli 2-3 della Genesi al racconto semplicistico della mela significa non prendere sul serio il mito, equivale a ignorare che, in questi capitoli, viene insegnato qualcosa di molto serio sullโ€™uomo e sul suo rapporto con Dio. Va evitato il rischio di voler attribuire, a tutti i costi, un contenuto storico al mito, asserendo che nulla รจ impossibile a Dio (persino far parlare i serpenti)โ€ฆ Il problema non รจ sapere ciรฒ che รจ accaduto, ma cogliere nel mito quelle veritร  che riempiono di significato la nostra esistenza. Cerchiamo allora di ascoltare il mito, di comprenderne le immagini, di lasciarci interpellare e coinvolgere dal racconto.

Il brano inizia presentando lโ€™uomo in un giardino dove Dio ha fatto germogliare ogni sorta di alberi graditi alla vista e frutti buoni da mangiare. Al centro del giardino sono poste due piante intoccabili: quella della vita e quella della conoscenza del bene e del male. Appartengono a Dio, non allโ€™uomo. Indicano due limiti che non possono essere valicati senza provocare disastri.

Il primo albero รจ semplicemente il simbolo di Dio, dispensatore di ogni vita. Lโ€™immortalitร  รจ un frutto verso cui lโ€™uomo non puรฒ stendere la mano: questo gesto equivarrebbe al rifiuto della condizione umana.

Lโ€™individuo โ€œdeveโ€ passare attraverso questo mondo, segnato da innumerevoli forme di morte, ed รจ estremamente pericoloso per lui rimuovere questo pensiero, illudersi, ritenersi immortale e costruire la propria vita come se questa fosse la sua cittร  permanente (Eb 13,14). Il salmista prega il Signore: โ€œInsegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuoreโ€ (Sal 90,12).

Tuttavia questa condizione non รจ lโ€™ultima, la definitiva; un giorno lโ€™uomo avrร  accesso allโ€™immortalitร  perchรฉ gli verrร  offerta da Dio: โ€œAl vincitore darรฒ da mangiare dellโ€™albero della vita, che sta nel paradiso di Dioโ€ (Ap 2,7). รˆ lโ€™invito ad accogliere la morte e il dolore del presente guardando verso il mondo dove โ€œla morte non ci sarร  piรน, nรฉ lutto, nรฉ grido di dolore, nรฉ fatica, perchรฉ le cose di prima se ne sono andateโ€ (Ap 21,4).

Il secondo albero di cui non si possono toccare i frutti รจ quello della conoscenza del bene e del male. Se diamo una scorsa allโ€™AT, scopriamo che la โ€œscienza del bene e del maleโ€ significa โ€œessere padroni delle proprie decisioni e delle proprie azioniโ€, indica la volontร  di essere completamente autonomi nel decidere ciรฒ che รจ bene e ciรฒ che รจ male. Pretesa temeraria quella di voler stabilire da soli โ€“ sfidando Dio o ignorando le sue parole di padre โ€“ quali siano le scelte morali corrette! Questโ€™albero appartiene a Dio e quando lโ€™uomo dimentica di essere una creatura e si fa, come Dio, conoscitore del bene e del male, si autodistrugge: asseconda i peggiori istinti, si lascia guidare dallโ€™orgoglio, dallโ€™ira, dallโ€™invidia, dalla lussuria; facilmente โ€œchiama bene il male e male il bene, cambia le tenebre in luce e la luce in tenebre, muta lโ€™amaro in dolce e il dolce in amaroโ€ (Is 5,20).

Entra ora in scena il serpente che invita a impossessarsi del frutto proibito.

Per molti secoli in Israele non ci si ricordรฒ piรน di questo โ€œpersonaggioโ€. La Bibbia lo ignora completamente. Soltanto nellโ€™ultimo secolo prima di Cristo, lโ€™autore del libro della Sapienza lo identificรฒ con il diavolo (Sap 2,23-24). Viene da chiedersi chi รจ questo diavolo che seduce e inganna.

La risposta viene data dal testo sacro; il serpente รจ la creatura piรน astuta fra tutti gli animali creati dal Signore, รจ il punto piรน alto delle opere da lui fatte: non puรฒ che essere lโ€™uomo.

Sรฌ, il serpente non รจ altro che lโ€™uomo stesso che, giunto al massimo del suo orgoglio, prende coscienza delle proprie capacitร , si costruisce la sua morale, pretende di decidere in modo pienamente autonomo. Il serpente rappresenta la volontร  di sollevarsi contro Dio, di arrivare a considerarsi Dio. รˆ lโ€™immagine dellโ€™uomo convinto di poter raggiungere la felicitร  seguendo le proprie astuzie. In breve: รจ quella parte dellโ€™uomo che lo porta a fare a meno di Dio. Si noti la caratteristica del serpente: รจ il piรน astuto, non il piรน saggio.

Come spiegare questa ribellione?

Tutto comincia da unโ€™immagine falsa di Dio che penetra nella mente, come un serpente che, subdolo e sornione, si insinua nelle fessure di una roccia: non fa rumore, non lo si nota, ma รจ portatore di morte. Induce a immaginare Dio come un rivale dellโ€™uomo, come colui che gli impedisce di raggiungere la felicitร .

Il discorso del serpente non รจ altro che il pensiero da cui ha origine ogni peccato: Dio non vuole il bene dellโ€™uomo, รจ geloso del proprio potere ed รจ detestabile perchรฉ non fa che proibire; finchรฉ egli esiste, lโ€™uomo rimarrร  sempre piccolo e immaturo. Solo quando Dio sarร  eliminato, lโ€™uomo potrร  diventare adulto, affermare se stesso, crescere, progredire.

Il passo successivo รจ il peccato. La sfiducia nei confronti di Dio porta a fare scelte contrarie alle sue indicazioni. Il peccato non nasce da una ricerca del male, ma del bene e della felicitร . Il guaio รจ che, diffidando di Dio, lโ€™uomo punta sul bersaglio sbagliato, fallisce lโ€™obiettivo e si autodistrugge. รˆ un errore, una mancanza di sapienza, unโ€™astuzia insensata.

La lettura si conclude rilevando la presa di coscienza dellโ€™uomo e della donna di essere nudi.

Alla fine del capitolo secondo, lโ€™autore sacro ha giร  ricordato il tema della nuditร : โ€œTutti e due, lโ€™uomo e sua moglie, erano nudi, ma non ne provavano vergognaโ€ (Gn 2,25). Dopo il peccato, invece, non accettano piรน serenamente questa realtร , cercano di nasconderla, sentono il bisogno di intrecciare foglie di fico e di coprirsi (Gn 3,7).

Nel contesto di questo racconto, la nuditร  non ha nulla a che vedere โ€“ come qualcuno forse ancora ritiene โ€“ con la sessualitร  e con la perversione degli istinti. รˆ semplicemente il simbolo della condizione umana: โ€œNudo uscii dal seno di mia madreโ€ โ€“ รจ lโ€™espressione impiegata da Giobbe per descrivere la propria realtร  di uomo (Gb 1,21). A questa stessa immagine ricorre il Qoรจlet: โ€œCome รจ uscito nudo dal grembo di sua madre, cosรฌ lโ€™uomo se ne andrร  di nuovo come era venutoโ€ (Qo 5,14). Spogliato di tutto ciรฒ che si puรฒ mettere addosso, lโ€™uomo rimane ciรฒ che รจ, con tutti i suoi limiti, le sue debolezze, le sue fragilitร .

Lโ€™incapacitร  di risolvere tutti i problemi, i momenti di abbattimento e di depressione, le debolezze fisiche e psicologiche, lโ€™handicap, lโ€™ignoranza, la malattiaโ€ฆ non sono motivo di vergogna, non sono sconfitte: sono la nuditร  dellโ€™uomo, sono la sua condizione naturale.

Lโ€™uomo sano non si vergogna di questa nuditร , la riconosce, la accetta serenamente, la ama e la gestisce secondo il progetto di Dio. รˆ il serpente che si cela in ognuno che spinge a rifiutarla, a considerarla una sciagura, che istiga ad avanzare la pretesa di essere perfetti e senza limiti, come Dio.

Seconda Lettura (Rm 5,12-19)

12 Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato รจ entrato nel mondo e con il peccato la morte, cosรฌ anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perchรฉ tutti hanno peccato. 13 Fino alla legge infatti cโ€™era peccato nel mondo e, anche se il peccato non puรฒ essere imputato quando manca la legge, 14 la morte regnรฒ da Adamo fino a Mosรจ anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale รจ figura di colui che doveva venire.
15 Ma il dono di grazia non รจ come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di piรน la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesรน Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini. 16 E non รจ accaduto per il dono di grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio partรฌ da un solo atto per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute per la giustificazione. 17 Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di piรน quelli che ricevono lโ€™abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesรน Cristo.
18 Come dunque per la colpa di uno solo si รจ riversata su tutti gli uomini la condanna, cosรฌ anche per lโ€™opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dรก vita. 19 Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, cosรฌ anche per lโ€™obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

Il lungo e intricato ragionamento che Paolo fa in questo brano della Lettera ai romani pare contraddire la spiegazione che abbiamo dato del racconto della Genesi. Qui lโ€™Apostolo sembra presupporre che Adamo sia un individuo ben identificato e responsabile di ogni male. In realtร , egli non fa che riprendere (senza canonizzarla) lโ€™interpretazione dei rabbini del suo tempo. Si serve della contrapposizione fra Adamo e Cristo per spiegare lโ€™opera di salvezza compiuta da Gesรน.

Adamo volle essere signore del bene e del male ed ottenne come risultato la morte. Cristo, al contrario, riconobbe la propria dipendenza da Dio, fu sempre fedele e obbediente al Padre e divenne Signore della vita. Tutti coloro che lo seguono e ne imitano lโ€™obbedienza saranno costituiti giusti.

Fra questi due modi di essere uomini ognuno รจ invitato a fare la sua scelta.

Vangelo (Mt 4,1-11)

1 Allora Gesรน fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. 2 E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. 3 Il tentatore allora gli si accostรฒ e gli disse: โ€œSe sei Figlio di Dio, dรฌ che questi sassi diventino paneโ€. 4 Ma egli rispose: โ€œSta scritto: Non di solo pane vivrร  lโ€™uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dioโ€.
5 Allora il diavolo lo condusse con sรฉ nella cittร  santa, lo depose sul pinnacolo del tempio 6 e gli disse: โ€œSe sei Figlio di Dio, gettati giรน, poichรฉ sta scritto: โ€˜Ai suoi angeli darร  ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perchรฉ non abbia a urtare contro un sasso il tuo piedeโ€.
7 Gesรน gli rispose: โ€œSta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuoโ€.
8 Di nuovo il diavolo lo condusse con sรฉ sopra un monte altissimo e gli mostrรฒ tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: 9 โ€œTutte queste cose io ti darรฒ, se, prostrandoti, mi adoreraiโ€. 10 Ma Gesรน gli rispose: โ€œVattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi cultoโ€.
11 Allora il diavolo lo lasciรฒ ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.

Durante un corso biblico tenuto in Africa, un catechista mi chiese: โ€œQuando Gesรน fu condotto sul pinnacolo del tempio per essere tentato, chi camminava davanti, lui o il diavolo?โ€. A questa domanda potrebbero seguirne altre: dove si trova il monte altissimo dalla cui cima si possono contemplare tutti i regni del mondo? Come ha fatto Gesรน a resistere tanto tempo senza mangiare? Che sembianze ha assunto il diavolo? Chi ha raccontato a Matteo come si sono svolti i fatti? Come si puรฒ considerare Gesรน un fratello โ€œin tutto simile a noiโ€ (Eb 2,17), anche nelle tentazioni, se poi viene sottoposto a prove cosรฌ diverse dalle nostre?

Lโ€™elenco delle difficoltร  potrebbe continuare, ma bastano queste per far comprendere che non siamo di fronte a un brano di cronaca, ma a un testo di teologia.

Marco, il primo evangelista, si limita ad ricordare che โ€œlo Spirito sospinse Gesรน nel deserto dove rimase quaranta giorni, tentato da satanaโ€ (Mc 1,12-13). Servendosi del linguaggio e delle immagini bibliche, egli intendeva dire che tutta lโ€™esistenza di Gesรน, rappresentata dal numero quaranta, era stata un drammatico confronto fra lui e il tentatore.

Negli anni seguenti, la riflessione delle comunitร  cristiane era continuata. I discepoli ricordavano soprattutto la piรน drammatica delle sue tentazioni, quella sulla croce, quando aveva gridato al Padre: โ€œDio mio, Dio mio, perchรฉ mi hai abbandonato?โ€ (Mc 15,34). Queste parole potevano suonare blasfeme a chi non capiva che, in quel momento, Gesรน stava pregando: recitava il Salmo 22. Come aveva fatto durante tutta la sua vita, anche durante lโ€™agonia egli si richiamava alle Scritture.

Come sintetizzare in una pagina di catechesi questa esperienza di tentazione, durata una vita e conclusasi, in crescendo, sulla croce?

Le comunitร  cristiane, che ben conoscevano lโ€™AT, notarono presto il parallelismo fra Israele โ€“ il figlio che Dio aveva chiamato dallโ€™Egitto e che nel deserto aveva risposto con infedeltร  alle tenerezze del Padre (Os 11,1-4) โ€“ e Gesรน, il figlio prediletto che, invece, era sempre stato obbediente. Servendosi di un genere letterario usato spesso dai rabbini โ€“ lโ€™haggadah midrashica โ€“ esposero le loro riflessioni in tre quadretti che, guidato dallo Spirito, Matteo riprese e conservรฒ nel suo vangelo.

Le risposte di Gesรน al tentatore fanno riferimento a tre eventi dellโ€™Esodo: le mormorazioni del popolo per la mancanza di cibo e il dono della manna (Es 16), le proteste per la mancanza dโ€™acqua (Es 17), lโ€™idolatria rappresentata dal vitello dโ€™oro (Es 32). Gesรน rivive dunque tutta la storia del suo popolo: viene sottoposto alle stesse tentazioni e le supera.

Esaminiamo ciascuna di queste tre โ€œparaboleโ€ che rappresentano, in modo schematico, i modi errati di rapportarsi con tre realtร : con le cose, con Dio, con le persone.

La prima: โ€œDiโ€™ che questi sassi diventino paneโ€ (vv. l-4).

Senza pane non si vive. โ€œMangiareโ€ รจ uno dei verbi piรน usati nella Bibbia: ricorre novecentodieci volte nellโ€™AT e questo dimostra quanto sia importante per Dio che ogni uomo abbia di che cibarsi.

Nel deserto il Signore disse a Mosรจ: โ€œEcco io sto per far piovere il pane dal cielo per voi. Il popolo uscirร  a raccoglierne ogni giorno la razione per un giorno, perchรฉ io lo metta alla provaโ€. Mosรจ disse agli israeliti: โ€œRaccoglietene quanto ciascuno ne puรฒ mangiare e nessuno ne faccia avanzare fino al mattinoโ€. Ma essi non obbedirono e alcuni ne conservarono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputridรฌ (Es 16,4.19-20).

 รˆ un caso tipico di tentazione pedagogica: Dio ha collocato Israele di fronte alla manna per educarlo allโ€™uso dei beni terreni e alla fiducia nella sua provvidenza. Insegnando al suo popolo a controllare lโ€™aviditร , voleva liberarlo dalla frenesia del possesso e dalla brama di accumulare cibo. Non ci riuscรฌ: la seduzione dei beni di questo mondo รจ quasi irrefrenabile, รจ difficile accontentarsi del โ€œpane quotidianoโ€, per permettere a tutti di avere il necessario per vivere.

Tentato di servirsi delle proprie capacitร  per produrre โ€œpaneโ€ per se stesso, Gesรน reagรฌ richiamandosi alla Scrittura: โ€œNon di solo pane vivrร  lโ€™uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dioโ€ (Dt 8,3).

Solo chi considera la propria vita alla luce della parola di Dio, solo chi, come Geremia, la โ€œdivora con aviditร โ€ e fa di essa โ€œla gioia e la letizia del suo cuoreโ€ (Ger 15,16) รจ capace di dare il giusto valore alle realtร  di questo mondo. Non vanno disprezzate, distrutte, rifiutate, ma nemmeno considerate idoli. Sono creature, caduche e transitorie, non realtร  assolute.

In questa prima scena viene identificato e denunciato il modo sbagliato con cui lโ€™uomo si rapporta con le realtร  materiali. Lโ€™impiego egoistico delle ricchezze, accumulare per sรฉ, vivere del lavoro degli altri, sperperare nel lusso e nel superfluo, mentre ad altri manca il necessario sono comportamenti dettati dal maligno.

Per i cristiani la Quaresima รจ tempo di revisione di vita e di conversione. La fede nel Risorto non puรฒ ridursi a una sollecitazione allโ€™elemosina, a lasciare cadere qualche briciola piรน consistente dalle nostre tavole imbandite. รˆ piuttosto una provocazione a rivedere radicalmente il modo di gestire i beni di questo mondo. Possiamo chiederci, ad esempio, se abbiamo chiara in mente la linea di demarcazione fra il previdente e lโ€™avido; se sono compatibili con la scelta evangelica e con la prospettiva cristiana certe spese, certi viaggi di piacere, certi conti in banca, certi investimenti, certe somme favolose lasciate in ereditร  ai figli. รˆ in questo mondo che dobbiamo vivere, รจ โ€œdisonestaโ€ la ricchezza che abbiamo tra le mani (Lc 16,9), ma questa va gestita tenendo presente le raccomandazioni del Maestro: โ€œNon affannatevi per quello che mangerete o berreteโ€ฆ Perchรฉ vi affannate per il vestito?โ€ฆ Di queste cose si preoccupano i paganiโ€ฆ Non affannatevi dunque per il domaniโ€ (Mt 7,25-34).

La seconda tentazione: โ€œGettati giรน dal pinnacolo del tempioโ€ (vv. 5-7). La proposta diabolica รจ basata addirittura sulla Bibbia: โ€œSta scrittoโ€ฆโ€ โ€“ dice il tentatore.

La piรน subdola delle astuzie del male รจ quella di presentarsi con un volto accattivante, di assumere unโ€™aria devota, di servirsi della stessa parola di Dio โ€“ magari storpiata o interpretata in modo insensato โ€“ per condurre fuori strada.

Lโ€™obiettivo massimo del maligno non รจ quello di provocare qualche cedimento morale, qualche fragilitร , qualche debolezza, ma minare alla base il rapporto con Dio. Questo obiettivo viene raggiunto quando, nella mente dellโ€™uomo, si insinua il dubbio che il Signore non mantenga le sue promesse, che manchi di parola, che assicuri la sua protezione, ma, nei momenti cruciali, abbandoni chi gli ha dato fiducia.

Da questo dubbio nasce il bisogno di โ€œesigere delle proveโ€. Nel deserto il popolo dโ€™Israele, stremato dalla sete, ha ceduto a questa tentazione e ha esclamato: โ€œIl Signore รจ in mezzo a noi, sรฌ o no?โ€ (Es 17,7). Ha provocato il suo Dio dicendo: se sta dalla nostra parte, se realmente ci accompagna con il suo amore, si manifesti concedendoci un segno, compia un miracolo! Lo ha sfidato per vedere se realmente lo amava.

A ogni uomo capita di aver a che fare con simili dubbi, ogni uomo deve affrontare questa tentazione. Non ne fu risparmiato neppure il profeta Geremia che un giorno ebbe la sensazione di essere stato tradito dal Signore; al colmo dellโ€™angoscia, gli gridรฒ: โ€œTu sei divenuto per me un torrente infido, dalle acque incostantiโ€ (Ger 15,18).

Anche Gesรน fu sottoposto a questa prova, ma non cedette. A differenza di Israele, anche nei momenti piรน drammatici della sua vita, egli si rifiutรฒ di chiedere al Padre una prova del suo amore, non dubitรฒ mai della sua fedeltร , nemmeno sulla croce quando, di fronte allโ€™assurditร  di quanto gli stava accadendo, poteva essere indotto a pensare che anche il Signore lo avesse abbandonato.

Noi cediamo a questa tentazione ogni volta che esigiamo da Dio dei segni del suo amore, ogni volta che gli chiediamo di essere liberati, mediante grazie e miracoli, dalle difficoltร , dalle contrarietร , dalle sciagure che colpiscono gli altri uomini.

In ogni situazione, felice o dolorosa, dobbiamo sรฌ pregarlo, non perchรฉ conceda privilegi o modifichi i suoi piani e li adegui ai nostri, ma perchรฉ ci dia luce e forza per uscire piรน maturi da ogni prova.

Non dobbiamo attenderci che Dio tratti noi in modo diverso dal suo amato Figlio unigenito.

La terza tentazione: โ€œTi darรฒ tutto se, prostrandoti, mi adoreraiโ€ (vv. 8-11). รˆ la tentazione del potere, del dominio sugli altri.

La scelta รจ fra dominare e servire, fra competere e divenire solidali, fra sopraffare e considerarsi servi. Questa scelta si manifesta in ogni atteggiamento e in ogni condizione di vita: chi si รจ fatto una erudizione o ha raggiunto una posizione di prestigio puรฒ aiutare a crescere chi ha avuto meno fortuna di lui, ma puรฒ anche servirsene per umiliare chi รจ meno dotato. Chi detiene il potere, chi รจ ricco, puรฒ servire i piรน poveri e i meno favoriti, ma puรฒ farla da padrone nei loro confronti.

La bramosia del potere รจ cosรฌ irrefrenabile che anche chi รจ povero รจ tentato di sopraffare chi รจ piรน debole di lui.

Lโ€™autoritร  รจ un carisma, รจ un dono di Dio alla comunitร , affinchรฉ ognuno possa essere collocato al suo posto e sentirsi realizzato. Il potere invece รจ diabolico, anche se viene esercitato in nome di Dio.

Ovunque si eserciti il dominio sullโ€™uomo, ovunque si lotti per prevalere sugli altri, ovunque qualcuno sia costretto a inginocchiarsi o a inchinarsi di fronte a un suo simile, lรฌ รจ allโ€™opera la logica del maligno.

A Gesรน non mancavano le doti per emergere, per scalare tutti i gradini del potere religioso e politico: era intelligente, lucido, coraggioso, incantava le folle. Avrebbe certamente avuto successoโ€ฆ ma a una condizione, che โ€œadorasse satanaโ€, cioรจ, che si adeguasse ai princรฌpi di questo mondo: entrare in competizione, ricorrere allโ€™uso della forza e della sopraffazione, allearsi con i potenti e impiegare i loro metodi. Ha fatto la scelta opposta: si รจ fatto servo.

Il popolo dโ€™Israele nel deserto si รจ stancato del suo Dio e ha adorato un vitello dโ€™oro: lโ€™idolo materiale, opera delle mani dellโ€™uomo. Gesรน non si รจ mai inchinato davanti a nessun idolo: non si รจ lasciato sedurre dal potere politico, dal denaro, dallโ€™uso delle armi, dallโ€™amicizia con i grandi di questo mondo, dalle proposte di successo e di gloria. Ha ascoltato sempre e solo la parola del Padre.

La voce che eccita in noi la sete del potere, che invita a promuovere il culto della personalitร  รจ insistente e subdola.

Questโ€™ultima parte del brano evangelico รจ un invito a rivedere la nostra vita e a renderci conto che i privilegi, i titoli onorifici, i baciamano non sono offerti da Dio, ma dal tentatore. Ai suoi figli, il Padre di Gesรน presenta soloโ€ฆ servizi da rendere umilmente ai fratelli.

FONTE: per gentile concessione di Settimana News