Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 23 luglio 2023.
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Lโimpazienza dellโuomo e la calma di Dio
Lโopera creatrice รจ iniziata con la separazione della luce dalle tenebre (Gn 1,4); il firmamento fu posto per separare le acque che sono sopra il cielo da quelle che si trovano sulla terra (Gn 1,6-7); Dio disse: โVi siano lampade nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notteโ (Gn 1,14). Al termine di queste separazioni, lโautore sacro commenta: โE Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buonaโ (Gn 1,31).
Da quel giorno, lโuomo โ forse per lโinconscia paura che gli opposti potessero di nuovo fondersi e riportare il caos, il disordine che rendeva impossibile la vita โ รจ istintivamente indotto ad erigere steccati e a stabilire una separazione fra i buoni e i malvagi, fra il puro e lโimpuro, fra i santi e gli empi, fra gli amici di Dio e i suoi nemici. Alcuni testi della Bibbia, interpretati superficialmente, sembrano approvare simili discriminazioni: โSarete santi per me, poichรฉ io, il Signore, sono santo e vi ho separati dagli altri popoli, perchรฉ siate mieiโ (Lv 20,26; 20,26).
Nel mondo uscito buono dalle mani di Dio, la presenza del male rimane un enigma, un elemento di disturbo che lโuomo non sopporta e, impaziente come i servi della parabola, si chiede: โDa dove viene la zizzania?โ. In lui subentra allora la frenesia di risolvere immediatamente le tensioni che prova e finisce per ricorrere a rimedi peggiori del male: diventa spietato e intollerante con se stesso e con gli altri, castiga in modo crudele, scatena guerre sante e si lascia prendere dallโira che โmai porta a compimento la giustizia di Dioโ (Gc 1,20).
In tal modo commette due errori: non accetta serenamente la realtร del mondo in cui il bene e il male sono destinati a convivere e confonde la stagione della crescita con quella della mietitura.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โLa presenza del male nel mondo non mette in pericolo la riuscita del regno di Dioโ.
Prima Lettura (Sap 12,13.16-19)
13 Non cโรจ Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose,
perchรฉ tu debba difenderti
dallโaccusa di giudice ingiusto.
16 La tua forza infatti รจ principio di giustizia;
il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti.
17 Mostri la forza se non si crede nella tua onnipotenza
e reprimi lโinsolenza in coloro che la conoscono.
18 Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza;
ci governi con molta indulgenza,
perchรฉ il potere lo eserciti quando vuoi.
19 Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo
che il giusto deve amare gli uomini;
inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza
perchรฉ tu concedi dopo i peccati
la possibilitร di pentirsi.
Il libro della Sapienza รจ stato lโultimo dellโAT ad essere scritto. Il suo autore โ un giudeo di Alessandria dโEgitto โ era probabilmente ancora vivo quando Gesรน รจ nato.
Da secoli la maggioranza degli israeliti viveva dispersa per il mondo. In ogni cittร dellโimpero romano costituivano una comunitร a parte: avevano le loro sinagoghe, i loro rabbini, i loro tribunali, le loro feste, le loro tradizioni. Non contraevano matrimonio con i pagani e prendevano tutte le precauzioni per non lasciarsi corrompere dai costumi degli altri, per non lasciarsi influenzare dalla loro morale e dalle loro pratiche religiose.
Alcuni di questi israeliti della cosiddetta diaspora avevano trovato unโottima sistemazione allโestero, esercitavano professioni redditizie, ma i piรน vivevano in ristrettezze ed erano anche oggetto di discriminazioni. Costoro si chiedevano: come mai noi, pur essendo fedeli alla legge di Dio, siamo oppressi e umiliati, mentre gli idolatri prosperano? Perchรฉ Dio tollera che subiamo insolenze e ingiustizie? I nostri padri ci hanno raccontato che, in passato, il Signore compiva segni e prodigi in favore del suo popolo, come mai ora non interviene piรน, รจ forse diminuita la sua forza?
Nel brano di oggi lโautore risponde a queste domande. La forza del Signore โ assicura โ รจ sempre la stessa, infinita, ma egli non la usa per punire, la impiega solo per il bene dellโuomo. Questa รจ la sua giustizia: usare indulgenza nei confronti di tutti. Il suo dominio รจ universale, si estende su giusti ed empi: non puรฒ voler bene solo ad alcuni (v. 16).
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Gli uomini impiegano la loro forza per incutere timore e rispetto, per soggiogare i piรน deboli e costringerli a rimanere sottomessi. Dio invece, pur essendo il padrone della forza, non la usa per imporre la sua sovranitร ; non ricorre ai castighi, alle ritorsioni, alle vendette, ma, con tutti, anche con i malvagi, si mostra mite e indulgente (vv. 17-18).
Commoventi le due ragioni che, nellโultimo versetto (v. 19), spiegano il sorprendente comportamento di Dio: egli รจ paziente, anzitutto, perchรฉ vuole insegnare al suo popolo che il giusto deve amare gli uomini. Ci sono, sรฌ, azioni ignobili, opere infami, ma nessun uomo รจ spregevole, tutti meritano amore. La seconda ragione: Dio non interviene con ritorsioni e castighi perchรฉ non vuole la morte del malvagio, ma โche desista dalla sua condotta e vivaโ (Ez 18,23); per questo gli offre sempre la possibilitร di pentirsi (v. l9). Chi si attende un suo intervento punitivo sta semplicemente proiettando in Dio i propri istinti vendicativi.
Seconda Lettura (Rm 8,26-27)
26 Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perchรฉ nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; 27 e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poichรฉ egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.
Come si fa a pregare? Se bastasse ripetere formule sarebbe semplice. Ma Gesรน ha detto che la preghiera dei suoi discepoli non รจ di questo tipo: โQuando pregate non sprecate le parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di paroleโ (Mt 6,7)
Nella lettura di oggi Paolo riconosce candidamente: noi non sappiamo pregare, non abbiamo idea di che cosa si debba chiedere a Dio e le nostre invocazioni sono spesso solo tentativi di farlo aderire ai nostri progetti.
Lo Spirito viene in soccorso della nostra debolezza e ci suggerisce le parole che dobbiamo rivolgere al Padre (v. 26). Pregarlo รจ aprire la mente e il cuore alla sua luce e disporsi ad accogliere la sua volontร , in ogni istante della vita. Chi ci offre la luce di Dio e ci dona la forza di seguirla รจ lo Spirito, โcolui che scruta tutte le cose, anche le profonditร di Dioโ (1 Cor 2,10) e ci fa partecipi dei suoi misteri. I pensieri del Signore sono perรฒ incomprensibili per la sapienza di questo mondo (1 Cor 2,3-7), per questo Paolo li definisce โgemiti ineffabiliโ.
La preghiera che viene dallo Spirito รจ sempre esaudita, perchรฉ รจ conforme ai desideri di Dio: non cerca di piegare la sua volontร alla nostra, ma ottiene la nostra conversione alla sua (v. 27).
Vangelo โ Mt 13, 24-43
24 Unโaltra parabola espose loro cosรฌ: โIl regno dei cieli si puรฒ paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25 Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminรฒ zizzania in mezzo al grano e se ne andรฒ. 26 Quando poi la messe fiorรฌ e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. 27 Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? 28 Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? 29 No, rispose, perchรฉ non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30 Lasciate che lโuna e lโaltro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirรฒ ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaioโ.
31 Unโaltra parabola espose loro: โIl regno dei cieli si puรฒ paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. 32 Esso รจ il piรน piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, รจ piรน grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi ramiโ.
33 Unโaltra parabola disse loro: โIl regno dei cieli si puรฒ paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perchรฉ tutta si fermentiโ.
34 Tutte queste cose Gesรน disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, 35 perchรฉ si adempisse ciรฒ che era stato detto dal profeta: โAprirรฒ la mia bocca in parabole, proclamerรฒ cose nascoste fin dalla fondazione del mondoโ.
36 Poi Gesรน lasciรฒ la folla ed entrรฒ in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: โSpiegaci la parabola della zizzania nel campoโ. 37 Ed egli rispose: โColui che semina il buon seme รจ il Figlio dellโuomo. 38 Il campo รจ il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, 39 e il nemico che lโha seminata รจ il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. 40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, cosรฌ avverrร alla fine del mondo. 41 Il Figlio dellโuomo manderร i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquitร 42 e li getteranno nella fornace ardente dove sarร pianto e stridore di denti. 43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!
Con altre tre parabole Gesรน svela progressivamente il mistero del regno dei cieli. La prima โ quella del grano e della zizzania (vv. 24-30) โ riceve, come รจ accaduto a quella del seminatore della scorsa domenica, una spiegazione (vv. 36-43); si tratta di unโomelia di un predicatore del tempo di Matteo, che ha attualizzato il racconto e lo ha applicato ai bisogni delle sue comunitร . Poi vengono raccontate altre due parabole โ quelle del granello di senapa e del lievito (vv. 31-33) โ introdotte per porre in risalto la forza irresistibile del bene. I vv. 34-35 riprendono ciรฒ che รจ stato detto nei vv. 10-17 e chiariscono la ragione per cui Gesรน parla in parabole. Esaminiamo le parti principali del brano.
Da dove viene la zizzania? (vv. 24-30).
Giร lโesistenza del male โ cui lโuomo non ha mai saputo dare una risposta soddisfacente โ costituisce un angosciante problema. Oltre a questo, i cristiani delle comunitร di Matteo ne dovevano affrontare un secondo, non meno serio: erano passati cinquantโanni dalla morte e risurrezione di Gesรน e, guardandosi attorno, verificavano che nel mondo era presente, sรฌ, tanto bene, ma continuava ancora a crescere, rigoglioso, anche il male. Come mai il regno dei cieli, inaugurato da Gesรน, non aveva avuto un successo totale e immediato?
Lโinterrogativo era imbarazzante. Qualcuno lo formulava in termini ironici e provocatori: โDal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazioneโ (2 Pt 3,4).
Lโenigma dellโesistenza del male esige una spiegazione e lโevangelista la dร , con una parabola di Gesรน.
Il primo personaggio che viene messo in scena รจ il padrone. Rappresenta Dio. ร lui che semina o รจ lui, in ogni caso, il responsabile della qualitร del seme, che viene definito โbuonoโ (v. 24). Questo aggettivo non รจ banale, richiama in modo esplicito il ritornello che, per dieci volte, รจ ripetuto nel primo capitolo della Genesi: โE Dio vide che era buonoโ. Tutto era buono ciรฒ che Dio aveva fatto: non nel senso che non accadevano cataclismi e catastrofi naturali, che non esistevano dolore, malattia e morte, ma tutto era buono perchรฉ perfettamente adatto a realizzare il progetto del Signore.
Il creato รจ buono, come รจ buono il seme della parola annunciata da Gesรน.
Il secondo personaggio รจ il nemico: rappresenta la logica di questo mondo, la mentalitร antievangelica. Giunge di notte e, mentre tutti dormono, semina la zizzania, una graminacea molto simile al grano: cresce fino allโaltezza di 60 centimetri e produce una spiga contenente chicchi nerastri; le sue radici si intrecciano con quelle del frumento e sono impossibili da sradicare senza strappare anche quello.
ร quando le menti sono intorpidite dal sonno, รจ nei momenti in cui la vigilanza si allenta, รจ nei tempi in cui ci si abbandona alle dissipazioni e alle frivolezze che il nemico trova il modo di introdursi nel campo per seminare il male. Basta una disattenzione e si finisce per adeguarsi alla morale corrente, si assimilano i princรฌpi di questo mondo. Non รจ facile, in un primo momento, rendersi conto dellโaccaduto, il male infatti si maschera spesso da โangelo di luceโ (2 Cor 11,14). ร in seguito, quando si osservano i risultati, che ci si rende conto del germe di morte che รจ penetrato nella mente e nel cuore. Ecco la ragione per cui Paolo raccomanda: โ ร ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perchรฉ la nostra salvezza รจ piรน vicina ora di quando diventammo credenti. La notte รจ avanzata, il giorno รจ vicinoโ (Rm 13,11-12).
Il terzo personaggio โ che ci รจ simpatico, perchรฉ ci rappresenta โ sono i servi. La loro reazione โ un misto di stupore e di smarrimento di fronte alla constatazione della presenza del loglio โ รจ quella che noi sperimentiamo quando ci avvediamo dellโesistenza del male nel mondo, nella comunitร cristiana, in ogni uomo. Il dialogo concitato con il padrone รจ commovente: mostra il loro interesse per il campo, il loro impegno per la produzione. Non sembrano estranei, ma membri della famiglia.
ร a questo punto che si inserisce il messaggio centrale della parabola: la loro passione per la causa del bene li coinvolge al punto da indurli a proporre unโazione sconsiderata. Sono colti dallโimpazienza, dallโansia di sbarazzarsi subito della zizzania; non hanno esitazioni, vogliono intervenire in modo energico e immediato.
Il padrone non perde il controllo, mantiene la calma. Non si meraviglia dellโaccaduto, non si scompone, non condivide la loro inquietudine. Nella sua risposta (che occupa piรน di un terzo del racconto) รจ presentata la prospettiva di Dio: in questo mondo, il bene e il male non possono essere separati, sono destinati a crescere insieme e cosรฌ fino alla fine.
Come mai non si possono accelerare i tempi? Se Dio รจ onnipotente perchรฉ non elimina subito ogni traccia di male?
Perchรฉ non รจ onnipotente, come forse noi lo immaginiamo. La Bibbia non gli attribuisce mai questo titolo; lo chiama potente (Lc 1,49) o pantokrรกtor (Ap 1,8) che non significa โcolui che puรฒ fare ciรฒ che vuoleโ, ma โcolui al quale nulla sfugge di manoโ. Lโuomo รจ libero e Dio ha voluto iniziare con lui โuna storia dโamoreโ dalla quale potrebbe anche uscire sconfitto. Il suo progetto contempla la presenza del male, che va accettata serenamente, come una componente della vita. Credere che egli รจ pantokrรกtor vuol dire alimentare la convinzione che egli condurrร abilmente questa โstoria dโamoreโ con ogni uomo e che lโultima parola, quella decisiva, vincente, sarร comunque la sua.
La presenza della zizzania sia in noi che negli altri infastidisce enormemente. Ci costa ammettere che โnon cโรจ sulla terra un uomo cosรฌ giusto che faccia solo il bene e non pecchiโ (Qo 7,20). Vorremmo cullarci nellโillusione di essere perfetti, desidereremmo avere una conferma dellโimmagine elevata che ci siamo fatti di noi stessi. Il male non va giustificato, certo, ma Gesรน esorta a considerarlo con gli occhi sereni e pazienti di Dio.
La sorprendente crescita del regno dei cieli (vv. 31-35).
Alla parabola del grano e della zizzania ne seguono altre due, brevi, che sono dette โgemelleโ perchรฉ contengono il medesimo messaggio: la sproporzione fra il piccolo inizio e lโinatteso, stupefacente risultato finale. Un granello di senapa, quasi invisibile, dร origine ad un arbusto capace di raggiungere i quattro metri di altezza; pochi grammi di lievito fanno fermentare cinquanta chili di farina. Il contrasto รจ enorme!
Non รจ lโinvito a godere del prestigio presente e a pregustare i trionfi futuri della chiesa che, iniziata con un gruppo poco qualificato di pescatori e di persone impure e peccatrici, รจ divenuta una struttura rispettata, temuta, apprezzata, capace di farsi notare e di imporsi. Non รจ neppure un annuncio della progressiva e inarrestabile cristianizzazione di tutto il mondo.
Come la parabola precedente che esortava alla pazienza e alla fiducia, queste due sono un invito allโottimismo derivante dalla certezza che nello Spirito e nella parola di Cristo โ benchรฉ insignificanti agli occhi del mondo โ รจ presente la forza irresistibile di Dio.
Lโevangelista conclude le tre parabole con una riflessione sullโobiettivo che, con esse, Gesรน ha voluto raggiungere: svelare il progetto che, fin dal momento della creazione, Dio ha sul mondo (vv. 34-35).
Lโaccettazione serena del male non significa disimpegno (vv. 36-43).
La scena cambia. Gesรน non รจ piรน sulla barca, ma in casa e non si rivolge alla folla, ma al gruppo ristretto dei discepoli. ร il modo con cui lโevangelista introduce lโapplicazione della parabola.
Leggendo questi versetti non si puรฒ non notare che la situazione cui si fa riferimento รจ completamente mutata: i personaggi non sono piรน gli stessi; la parabola diviene allegoria; il seme non รจ la logica del regno e la zizzania lโopposto, ma sembrano essere gli individui buoni e cattivi; il campo non รจ il mondo, ma il regno del figlio dellโuomo; il messaggio, soprattutto, non รจ lo stesso: prima il padrone invitava ad accettare serenamente lโesistenza del male accanto al bene e rimproverava lโintolleranza dei servi, ora anchโegli sembra lasciarsi prendere dalla frenesia di โmettere mano al fuocoโ (v. 42).
Si tratta โ come abbiamo rilevato โ di una catechesi rivolta alle comunitร di Matteo alla fine del I secolo. Probabilmente, dopo i primi decenni di grande fervore, i cristiani si erano un poโ rilassati e non prendevano piรน sul serio gli impegni del loro battesimo. Che fare? Lโevangelista ha sentito il bisogno di scuoterli, di richiamarli alla serietร della vita e lo ha fatto servendosi del linguaggio dei predicatori del suo tempo. Era un giudeo, parlava a giudei e, per farsi capire, non poteva che ricorrere alle immagini comprensibili alla sua gente: il fuoco, le fornaci ardenti, il pianto, lo stridore di denti, la mietitura, gli angeli, i diavoliโฆ Si tratta di metafore impressionanti, impiegate comunemente dai rabbini e che non possono essere ripetute oggi senza aggiungervi opportuni chiarimenti.
Non รจ corretto ricavare da esse conclusioni riguardo alla fine del mondo e al giudizio di Dio, perchรฉ Matteo non stava dando informazioni: non intendeva descrivere ciรฒ che accadrร in futuro ai peccatori, ma stava rivolgendo un pressante, accorato richiamo ai suoi cristiani.
Una cosa รจ certa: chi fa il male rovina la propria vita. Quanto al futuro, piรน che assolutizzare le allegorie (in cui chiaramente la fervida fantasia orientale ha preso il sopravvento) รจ meglio soffermarsi su ciรฒ che la Scrittura dice in modo esplicito e cioรจ che Dio รจ padre, โvuole che tutti gli uomini siano salviโ (1 Tm 2,4) e โnon ha inviato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perchรฉ il mondo si salvi per mezzo di luiโ (Gv 3,17).
E il fuoco? Dio conosce un unico fuoco: il suo Spirito, sceso sui discepoli nella Pentecoste (At 2, 3), consegnato dal Risorto nel giorno di Pasqua come forza distruttrice del peccato (Gv 20,22-23). ร il fuoco cui alludeva Gesรน: โSono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse giร acceso!โ (Lc 12,49). ร la fiamma inarrestabile che brucerร โ questa รจ la bella notizia! โ ogni traccia di zizzania nel cuore di ogni uomo, lasciandovi solo il buon grano, lโunico che sarร ammesso nel mondo futuro.
Al momento della mietitura verranno raccolti e gettati nella fornace ardente โtutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquitร โ. Non รจ una minaccia di castigo, ma un lieto annuncio: il fuoco di Dio, il suo Spirito un giorno riuscirร a far scomparire ogni forma di male. Nel regno dei cieli, giunto al suo compimento, non ci sarร piรน alcuno che commetterร iniquitร .
Per gentile concessione di Settimana News.