Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 22 settembre 2024.
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Vale chi si fa servo, non chi prevale
Chi รจ innamorato รจ sempre โfuori di sรฉ dalla gioiaโ. Esce da se stesso, si dimentica perchรฉ prova un impulso incontenibile a incontrare lโaltro. Anche lโesperienza mistica dellโestasi, dal verbo greco existรกnai, significa essere fuori di sรฉ e rapiti in Dio.
Chi ama non puรฒ rimanere in se stesso, deve uscire e consegnarsi alla persona amata. Capita anche a Dio, amore infinito e quindi interamente โfuori di sรฉโ.
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In Cristo ha rivelato la sua estasi, ha lasciato il cielo ed รจ venuto tra noi: โSono uscito dal Padre โ afferma Gesรน โ e sono venuto nel mondoโ (Gv 16,28). Il suo destino รจ il ritorno al Padre, ma non lascia gli uomini ai quali lo unisce un amore indissolubile: โVerrรฒ e vi prenderรฒ con me โ assicura โ perchรฉ siate anche voi dove sono ioโฆ Vi vedrรฒ di nuovo e il vostro cuore si rallegrerร e nessuno potrร togliere la vostra gioiaโ (Gv 14,3; 16,22-23).
Il Signore che esce da sรฉ e viene tra gli uomini รจ un invito allโestasi, a uscire da sรฉ per andare verso i fratelli. Incontra Dio chi smette di pensare a se stesso, ai propri vantaggi, allโautoaffermazione e si fa, come il Signore, servo di tutti. โIn questo si รจ manifestato lโamore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perchรฉ noi avessimo la vita per lui.
Non siamo stati noi ad amare Dio, ma รจ lui che ha amato noi. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e lโamore di lui รจ perfetto in noiโ (1 Gv 4,9-12).
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Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โNon chi prevale, ma chi si fa servo รจ grande agli occhi a Dioโ.
Prima Letturaย (Sap 2,12.17-20)
Dissero gli empi:12ย โTendiamo insidie al giusto, perchรฉ ci รจ di imbarazzoed รจ contrario alle nostre azioni;ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanzecontro lโeducazione da noi ricevuta.17ย Vediamo se le sue parole sono vere;proviamo ciรฒ che gli accadrร alla fine.18ย Se il giusto รจ figlio di Dio, egli lโassisterร ,e lo libererร dalle mani dei suoi avversari.19ย Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti,per conoscere la mitezza del suo caratteree saggiare la sua rassegnazione.20ย Condanniamolo a una morte infame,perchรฉ secondo le sue parole il soccorso gli verrร โ.
โMangiamo e beviamo, poichรฉ domani saremo morti!โ (Is 22,13). ร questa la proposta avanzata dai crapuloni del tempo di Isaia e ripresa dagli edonisti di ogni tempo, da coloro che, dimentichi di Dio e della vita futura, non trovano di meglio che ripiegarsi sulle realtร di questo mondo e abbandonarsi alle gozzoviglie. Gente cosรฌ รจ sempre esistita, ma verso la fine del I secolo a.C. ad Alessandria dโEgitto era particolarmente numerosa e aggressiva.
Alessandria era la metropoli dei Tolomei, sede della celebre biblioteca che attirava sapienti e uomini di lettere da tutto il mondo, cittร opulenta in cui, da tre secoli, si era stabilita una numerosa colonia ebraica costituita, secondo stime recenti, da 180.000 persone.
Ad Alessandria gli israeliti avevano le loro sinagoghe dove leggevano, nella traduzione greca, le sacre Scritture; erano guidati dai loro anziani e capi, conservavano la propria identitร e potevano seguire le loro tradizioni, ma subivano anche il fascino irresistibile della cultura ellenistica e qualcuno cominciava a cedere alle tentazioni dellโidolatria e alle seduzioni della vita pagana.
ร in questo ambiente storico-culturale che va collocata la composizione del libro della Sapienza.
Preoccupato per il pericolo di apostasia che incombe sui suoi correligionari, lโautore espone, in un appassionato discorso posto sulla bocca degli empi, le proposte di vita godereccia dalle quali ogni pio giudeo deve stare in guardia.
โSragionando, dicono: la nostra vita รจ breve, siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati. Su, godiamoci i beni presenti, facciamo uso delle creature con ardore giovanile! Inebriamoci di vino squisito e di profumi, non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera. Coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano. Spadroneggiamo sul povero, non risparmiamo le vedove, nessun riguardo per la canizie ricca dโanni del vecchio. La nostra forza sia regola della giustizia, perchรฉ la debolezza risulta inutileโ (Sap 2,1-11).
Chi erano questi empi che si facevano promotori di idee e progetti cosรฌ dissennati?
Erano anzitutto le persone facoltose e benestanti della cittร , poi, gli intellettuali che, ritenendosi i depositari di una cultura superiore, disprezzavano gli israeliti e le loro tradizioni religiose, giudicate arcaiche, obsolete, superate dalle nuove filosofie.
Non erano costoro perรฒ gli esponenti piรน temibili del gruppo degli empi. Cโerano alcuni che, piรน degli altri, si accanivano contro gli ebrei, offendendo, calunniando, compiendo ogni forma di angherie e soprusi. Erano alcuni figli dโIsraele che, abbandonata la fede dei loro padri, si erano uniti ai pagani nel perseguitare i loro fratelli di fede.
Ciรฒ che maggiormente infastidiva questi rinnegati era la vita esemplare che, malgrado le opposizioni, molti pii israeliti continuavano a condurre. Questa costituiva unโaperta e ferma condanna della loro corruzione, della loro apostasia e delle loro ingiustizie.
Gli empi non possono convivere a lungo con i giusti; questi sono troppo scomodi, il loro tacito rimprovero diviene presto insopportabile e il livore contro di loro, ad un certo punto, deve esplodere. Se i giusti non si lasciano sedurre, vanno eliminati.
Nel brano di oggi รจ riferita la risoluzione presa dagli empi: โTendiamo insidie al giustoโฆ mettiamolo alla prova con insulti e tortureโฆ condanniamolo a una morte vergognosaโ.
Queste minacce potrebbero essere riferite non solo agli israeliti di Alessandria dโEgitto, ma applicate direttamente a Gesรน. Anchโegli รจ stato perseguitato dai suoi fratelli di fede non perchรฉ malvagio, ma perchรฉ annunciava un messaggio provocatorio per chiunque si adeguava ai princรฌpi degli empi.
La persecuzione รจ un evento ineluttabile nella vita del giusto, colpisce sempre chi sceglie di vivere secondo Dio. Il predicatore che non inquieta, che non mette in causa le strutture di peccato della societร in cui vive, che รจ acclamato e patrocinato da chi detiene il potere, forse ha fatto propria la mentalitร degli empi.
Seconda Lettura (Gc 3,16-4,3)
16Dove cโรจ gelosia e spirito di contesa, cโรจ disordine e ogni sorta di cattive azioni.ย 17ย La sapienza che viene dallโalto invece รจ anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialitร , senza ipocrisia.ย 18ย Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace.4,1ย Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra?ย 2ย Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perchรฉ non chiedete;ย 3ย chiedete e non ottenete perchรฉ chiedete male, per spendere per i vostri piaceri.
Due istinti incontrollati dellโuomo โ la gelosia e lo spirito di contesa โ vengono contrapposti alla sapienza che viene dallโalto (v. 16). Da questi impulsi ha origine ogni sorta di azioni malvage.
Lโautore indica poi le caratteristiche della sapienza di Dio: Si manifesta lร dove cโรจ comprensione, bontร , misericordia, pace, generositร , dove non esistono invidie ed ipocrisie. Solo coloro che, guidati da questa sapienza, si impegnano a instaurare relazioni fraterne fra gli uomini, divengono costruttori di pace (v. 18).
Nella seconda parte del brano (vv. 1-2) sono identificate le cause delle discordie che esplodono nel mondo, nella societร e anche allโinterno delle comunitร cristiane. La prima รจ la bramosia di accumulare beni materiali, da cui nasce lโinvidia nei confronti di chi รจ riuscito a raggiungere prima degli altri questo ambito obiettivo. Le guerre e i dissensi scoppiano perchรฉ gli uomini sono egoisti, cercano il dominio sugli altri invece del servizio reciproco, pretendono i primi posti, non gli ultimi, come Gesรน ha raccomandato di scegliere.
I cristiani che si adeguano alla โsapienza che viene dallโaltoโ non dovrebbero in alcun modo lasciarsi coinvolgere in simili contese. Se davvero si impegnassero a fare solo ciรฒ che รจ gradito ai fratelli verrebbero eliminate alla radice le cause dei conflitti.
Nellโultima parte della lettura (v. 3) Giacomo richiama alla preghiera autentica.
A volte supplichiamo il Signore, ma non perchรฉ si compia in noi il suo volere, bensรฌ perchรฉ si realizzino i nostri sogni, capricci, egoismi e passioni. Non ha senso chiedere al Signore un suo intervento per soddisfare i nostri piaceri; da lui si deve impetrare la sapienza, la capacitร di comprendere i suoi progetti e la forza per attuarli.
Vangeloย (Mc 9,30-37)
30ย Gesรน e i discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.ย 31ย Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: โIl Figlio dellโuomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterร โ.ย 32ย Essi perรฒ non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.33ย Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: โDi che cosa stavate discutendo lungo la via?โ.ย 34ย Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il piรน grande.35ย Allora, sedutosi, chiamรฒ i Dodici e disse loro: โSe uno vuol essere il primo, sia lโultimo di tutti e il servo di tuttiโ.ย 36ย E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:ย 37ย โChi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandatoโ.
Ci sono molte ripetizioni nei vangeli, ma non sono mai casuali, hanno sempre una ragione. La moltiplicazione dei pani, la disputa fra i discepoli su chi fosse il piรน grande, la replica del Maestro a queste pretese, lโabbraccio di Gesรน ai bambini sono episodi che Marco riferisce due volte. Lโannuncio della passione รจ ribadito addirittura tre volte, sempre accompagnato da una reazione riprovevole da parte dei discepoli, incapaci di capire una proposta di vita che, secondo i criteri degli uomini, appare totalmente insensata.
Nella prima parte del brano di oggi viene introdotto il secondo di questi annunci: โIl Figlio dellโuomo sta per esser consegnato in mani di uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterร โ (v. 31).
โSta per essere consegnatoโ. Da chi? โ chiediamo noi. La risposta pare scontata: da Giuda. Invece siamo di fronte a quello che i teologi chiamano โpassivo divinoโ, cioรจ un verbo al passivo che, nella Bibbia, รจ impiegato per attribuire a Dio una determinata azione. ร il Signore che offre suo figlio, che lo consegna in potere degli uomini.
Lโinnamorato non ha altro modo per manifestare tutto il suo amore che abbandonarsi fra le braccia della persona amata. ร ciรฒ che Dio ha fatto: si รจ consegnato nella mani degli uomini, pur sapendo che essi avrebbero fatto di lui ciรฒ che avrebbero voluto.
La risposta a questo immenso amore รจ stata drammatica ed รจ annunciata da Gesรน al futuro: lo uccideranno. Qui il crimine non รจ attribuito ai sommi sacerdoti e agli scribi, ma agli uomini. Se Dio fosse rimasto in cielo, avrebbe potuto essere dimenticato o, al massimo, bestemmiato, ma, da quando ha deciso di scendere sulla terra e di mettersi nelle mani degli uomini, si รจ consegnato alla morte.
I discepoli non sono in grado di capire questo amore del Signore, i loro pensieri sono troppo lontani da quelli del cielo e hanno paura di chiedere a Gesรน un chiarimento (v. 32).
ร facile intuire la ragione della loro ottusitร . Il destino che, secondo Gesรน, attende il Figlio dellโuomo รจ inconciliabile con le convinzioni religiose inculcate dai rabbini, รจ lโopposto delle loro attese non possono accettare lโidea che Dio abbandoni il suo eletto nelle mani di malfattori. Concordano con lโobiezione che il saggio Elifaz ha rivolto a Giobbe: โQuale innocente รจ mai perito e quando mai furono distrutti gli uomini retti?โ (Gb 4,7-8) e con lโaffermazione del salmista: โSono stato fanciullo e ora sono anziano, ma non ho mai visto il giusto abbandonatoโ (Sal 37,25).
Come mettere dโaccordo la giustizia di Dio con la sconfitta o addirittura con la morte del Figlio dellโuomo?
Non cโรจ da stupirsi che, anche dopo aver udito per la seconda volta lo stesso annuncio, i discepoli non lo abbiano compreso, cioรจ non siano riusciti ad accettare lo scandalo della passione del messia e non sorprende nemmeno lโannotazione dellโevangelista: essi non osavano porgli alcuna domanda. Avevano ancora ben presente la sua reazione, quasi risentita, quando Pietro aveva tentato di distoglierlo dal cammino della croce. Si rendevano conto che, quando si toccava questo punto, il Maestro diventava duro, intransigente, non voleva essere contraddetto e non accettava suggerimenti.
La mancata sintonia con il pensiero di Cristo conduce inevitabilmente al ripiegamento sulle convinzioni degli uomini. Nella seconda parte del brano (vv. 33-35) lโevangelista introduce un episodio che ne dร la conferma.
I discepoli non hanno capito o hanno volutamente chiuso orecchi e occhi, per non udire le parole del Maestro e non fissare la meta da lui proposta a ogni discepolo.
Continuano a seguirlo verso Gerusalemme, ma, proprio lungo la via che conduce alla croce, coltivano sogni opposti a quelli di Gesรน.
Giunti a Cafarnao, il Maestro li interroga: โDi che cosa stavate discutendo lungo la via?โ (v. 33). La sua non รจ una domanda, ma unโaccusa. ร al corrente dellโaccesa disputa nella quale, durante il viaggio, tutti si sono lasciati coinvolgere.
I discepoli tacciono, si sentono smascherati, hanno vergogna, si rendono conto di aver commesso unโinsensatezza e sanno che, sullโargomento della ricerca dei primi posti, il Maestro non lascia correre, interviene sempre con fermezza.
Quello delle gerarchie e delle precedenze era un tema molto dibattuto fra i rabbini. A tavola, nelle sinagoghe, per strada, nelle assemblee si poneva continuamente la questione dellโattribuzione dei posti dโonore. Si disquisiva anche sulle classi dei santi del paradiso e si sosteneva che erano sette: a ogni eletto il suo rango, piรน o meno elevato, a seconda dei meriti. Come i santi del cielo, anche gli abitanti di questo mondo dovevano essere catalogati: ai giusti erano assegnate posizioni di prestigio; la gente impura, i poveri della terra andavano emarginati.
Ci sono argomenti che Gesรน non ha direttamente affrontato e su questi si puรฒ discutere e anche avere opinioni divergenti, ma su quello delle gerarchie, dei titoli onorifici, delle classi รจ intervenuto piรน volte e in modo esplicito.
Marco ricostruisce accuratamente la scena. Mentre i discepoli, imbarazzati, tacciono, Gesรน si siede, assume cioรจ la posizione del rabbino che si appresta a impartire una lezione importante. Poi chiama a sรฉ i discepoli, ordina loro di avvicinarsi, perchรฉ li vede distaccati, li sente molto lontani da sรฉ. Infine pronuncia il suo solenne giudizio sulla vera grandezza dellโuomo: โSe uno vuole essere il primo, sia lโultimo di tutti ed il servo di tuttiโ (v. 35).
ร la sintesi della sua proposta di vita ed รจ tanto importante che gli evangelisti la riprendono, con sfumature diverse, ben sei volte.
Marco nota che la scena si รจ svolta in casa e questa casa rappresenta la comunitร cristiana. Ogni comunitร deve ritenere rivolte a sรฉ le parole del Maestro ed evitare, nel modo piรน assoluto, di inventare appigli e cercare pretesti per giustificare, al suo interno, situazioni di dominio e sudditanza, che sono invece in netto contrasto con il vangelo. Deve guardarsi soprattutto dalla tentazione di prendere come punto di riferimento gli inchini, gli ossequi e gli omaggi in uso nella societร civile. โFra di voi โ ha disposto Gesรน โ non deve essere cosรฌ!โ (Lc 22,26).
Nella comunitร cristiana chi occupa il primo posto deve mettere da parte ogni smania di grandezza. La chiesa non รจ il trampolino di lancio per raggiungere posizioni di prestigio, per emergere, per ottenere il dominio sugli altri. ร il luogo dove ognuno, conforme ai doni che ha ricevuto da Dio, celebra la propria grandezza nellโumile servizio ai fratelli. Agli occhi di Dio, il piรน grande รจ chi piรน assomiglia a Cristo che si รจ fatto servo di tutti (Lc 22,27).
Per inculcare meglio la lezione, Gesรน compie un gesto significativo, narrato nella terza parte del brano (vv. 36-37). Prende un bambino, lo colloca nel mezzo, lo abbraccia e soggiunge: โChi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie meโ.
Nel capitolo seguente Marco ricorda un altro episodio in cui sono messi in risalto lโaffetto e la tenerezza di Gesรน nei confronti dei bambini.
Alcune mamme gli presentarono i loro figli affinchรฉ li accarezzasse. Si riteneva, infatti, che il contatto fisico con uomini di Dio comunicasse forza, bontร , dolcezza e il loro stesso spirito. I discepoli non gradirono questo eccesso di familiaritร e di confidenza e si sentirono in dovere di sgridare e di allontanare gli intrusi. Al vedere questo, Gesรน si indignรฒ e disse loro: โLasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perchรฉ a chi รจ come loro appartiene il regno di Dio. In veritร vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerร in essoโ. E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benedisse (Mc 10,13-16).
In questo episodio i bambini sono presentati come modelli da imitare e Gesรน invita a diventare come loro, per entrare nel regno di Dio. Nel brano di oggi invece i bambini sono indicati come simboli dellโessere debole e indifeso che ha bisogno di protezione e cure.
Al tempo di Gesรน, come oggi, i bambini erano amati, ma a loro non veniva attribuita importanza sociale, non contavano nulla dal punto di vista giuridico, erano addirittura considerati impuri perchรฉ trasgredivano le prescrizioni della legge.
Se si tiene presente questo fatto, risulta subito chiaro il significato del gesto di Gesรน. Egli vuole che la comunitร dei suoi discepoli ponga al centro delle proprie attenzioni e iniziative i piรน poveri, coloro che non contano, gli emarginati, le persone impure.
Noi viviamo in una societร competitiva. Lโinsegnante si compiace dellโalunno piรน diligente e preparato, lโallenatore si gloria del piรน forte dei suoi atleti, ma la mamma segue criteri diversi, รจ guidata dallโamore e le sue premure sono dedicate al piรน debole dei suoi figli.
Discepolo di Cristo รจ colui che, sullโesempio del Maestro, abbraccia i bambini.
Bambino รจ colui che dipende completamente dagli altri, non produce, consuma soltanto, ha bisogno di tutto, puรฒ anche combinare guai, non ragiona da adulto.
Non รจ facile abbracciare chi, a quarantโanni, ha ancora bisogno di essere assistito come un bambino, straparla, fa dispetti, รจ sgarbato, intralcia la vita ordinata degli altri, non si impegna. Abbracciarlo non significa accondiscendere a tutti i suoi desideri, accontentarne i capricci e favorirne la neghittositร , ma educarlo, aiutarlo a crescere, farlo diventare adulto.
Ci sono, in ogni nostra comunitร , bambini, persone impure, anzi, in ognuno di noi รจ presente un bambino. Lโabbraccio รจ il gesto che esprime accoglienza gioiosa, fiducia, stima, disponibilitร al servizio reciproco, per questo sentiamo il bisogno di essere abbracciati dai fratelli della nostra comunitร .
Il โbacio santoโ (2 Cor 13,12) che ci scambiamo durante la celebrazione eucaristica รจ il segno di questa reciproca e incondizionata accoglienza.