Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 21 marzo 2021.
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Non รจ facile andar dโaccordo con Dio
Un padre che si sentisse accusare dai figli di averli ingannati, di non aver cercato il loro bene, ma la loro rovina, sarebbe colto da sconforto, potrebbe indignarsi, sfogare la sua amarezza o chiudersi, sconsolato, in un mesto silenzio.
Questโinfamante accusa che รจ stata rivolta spesso dagli israeliti a Mosรจ: โPerchรฉ ci hai fatti uscire dallโEgitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?โ (Es 17,3), un giorno se lโรจ sentita rivolgere anche Dio. A Kades-Barnea, gli israeliti sโimbatterono in un popolo di giganti e si spaventarono al punto di ritenersi delle locuste di fronte a loro. Pensarono che Dio li avesse ingannati, che li avesse condotti in quel paese per farli perire di spada e si dissero lโun lโaltro: โDiamoci un capo e torniamo in Egittoโ (Nm 14,1-4).
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Nulla poteva offendere il Signore piรน di questa sfiducia da parte del suo popolo. Con un audace antropomorfismo, lโautore sacro pone sulla sua bocca questa reazione: โFino a quando non avranno fede in me, dopo tutti i miracoli che ho fatto in mezzo a loro? Li colpirรฒ con la peste e li distruggerรฒโ (Nm 14,12). Il linguaggio รจ quanto mai espressivo: mostra quanto Dio rimanga ferito se qualcuno sospetta che egli desideri la morte, non la vita dellโuomo.
I sentieri indicati dal Signore paiono, รจ vero, sfociare nella morte, ma la meta ultima รจ la vita. Avremmo tutte le ragioni per non credergli, se egli non avesse percorso per primo questo cammino e non ci avesse donato, insieme a un cuore nuovo, il coraggio di fidarci di lui e di seguirlo.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โGesรน mite ed umile di cuore, donaci un cuore come il tuoโ.
Prima Lettura (Ger 31,31-34)
31 โEcco verranno giorni โ dice il Signore โ nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderรฒ una alleanza nuova. 32 Non come lโalleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese dโEgitto, una alleanza che essi hanno violato, benchรฉ io fossi loro Signore. Parola del Signore.
33 Questa sarร lโalleanza che io concluderรฒ con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrรฒ la mia legge nel loro animo, la scriverรฒ sul loro cuore. Allora io sarรฒ il loro Dio ed essi il mio popolo. 34 Non dovranno piรน istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perchรฉ tutti mi conosceranno, dal piรน piccolo al piรน grande, dice il Signore; poichรฉ io perdonerรฒ la loro iniquitร e non mi ricorderรฒ piรน del loro peccatoโ.
Una breve introduzione storica ci aiuta a capire questo oracolo, uno dei piรน faยญmosi di tutto lโAntico Testamento.
Fu pronunciato da Geremia durante il regno del pio Giosia, uno dei pochi re di cui la Bibbia tessa un elogio. Era nipote di Manasse, il piรน empio dei sovrani, colui che, durante i suoi quasi cinquantโanni di regno, aveva introdotto la corruzione religiosa e la decadenza morale in Israele.
Giosia aveva solo otto anni quando salรฌ al trono, ma, educato da saggi tutori, crebbe dolce dโanimo, attento ai poveri, rispettoso della legge del Signore e, non appena fu in grado di governare, mise in atto profonde riforme religiose, politiche e sociali. Risvegliรฒ cosรฌ le sopite speranze di una rinascita spirituale, di una restaurazione dei gloriosi regni di Davide e Salomone e di una riconquista delle terre del nord occupate dagli assiri.
Geremia accompagnava con attenzione le scelte politiche del giovane sovrano e, pur non schierandosi apertamente in suo favore, ne approvava le riforme.
ร a questi anni che risalgono gli oracoli di consolazione contenuti nei capitoli 30-33 dai quali รจ presa la lettura di oggi.
Al popolo che, per lunghi anni, aveva sopportato innumerevoli sventure, il profeta rivolge lโamorevole invito: โTrattieni la voce dal pianto, i tuoi occhi dal versare lacrime, perchรฉ cโรจ una speranza per la tua discendenza: i tuoi figli ritorneranno dal paese nemicoโ (Ger 31,16). ร lโannuncio del ritorno degli israeliti deportati a Ninive dagli assiri nel 722 a.C.
Nella prima parte del brano (vv. 31-32) รจ denunciato lโerrore commesso e che ha causato lโesilio e viene riferita la sorprendente risposta del Signore al peccato del suo popolo.
Presso il monte Sinai, gli israeliti avevano concluso unโalleanza. โPrendendoli per manoโ (v. 32), il Signore li aveva fatti uscire dallโEgitto, si era impeยญgnato a proteggerli e a colmarli di benedizioni, aveva assicurato loro una vita prospera e feยญlice, a condizione che seguissero i suoi consigli, che ascoltassero le sue parole. Israele si era solennemente impegnato a mantenersi fedele a questa alleanza, ma, purtroppo, la sua storia era stata un susseguirsi di tradimenti e le conseguenze erano state catastrofiche. Non si trattava delle punizioni di Dio risentito per le mancanze del suo popolo. La veritร รจ che il peccato porta sempre con sรฉ germi di morte che provocano la rovina di chi lo commette (Pr 13,6).
Puรฒ il Signore rassegnarsi allโinfedeltร del suo popolo, considerandola ineluttabile?
A questa domanda risponde egli stesso: โCome potrei abbandonarti, Israele? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione, perchรฉ io sono Dio e non uomoโ (Os 11,8-9). Egli stipulerร con Israele una nuova alleanza, diversa dalle precedenti che si sono rivelate fallimentari.
La seconda parte del brano (vv. 33-34) spiega, in dettaglio, come egli agirร per coinvolgere il suo popolo in una risposta dโamore fedele.
Sul Sinai Dio aveva scritto le sue dieci parole sulla pietra: indicavano a Israele il cammino della vita, come la segnaletica stradale mostra la direzione da seguire. Ma la segnaletica non comunica lโenergia per raggiungere la meta.
Lโantica alleanza, pur basata su leggi giuste e sante, era destinata al fallimento, perchรฉ lโuomo non aveva la forza di mantenersi fedele. Con unโespressione incisiva, Geremia si esprimeva cosรฌ: โLo so, Signore, che lโuomo non รจ padrone della sua via, non รจ in potere di chi cammina il dirigere i suoi passiโ (Ger 10,23).
Dio ha pensato, per questo, a una nuova alleanza, non a una riedizione di quella del Sinai, ma a una qualitativamente diversa. Il cambiamento radicale sta nella novitร della legge: non piรน un insieme di precetti e proibizioni che il partner รจ chiamato a osservare, ma un dinamismo interiore. Sul Sinai il Signore aveva inciso le sue parole su tavole di pietra, ora le scolpisce nel cuore dellโuomo.
Per un ebreo il cuore รจ la sede della volontร , delle passioni e del coraggio, della conoscenza e della memoria. Al cuore fanno riferimento tutti i sensi del corpo: โIl mio cuore ha visto moltoโ, afferma il Qoelet (Qo 1,16); โDaโ al tuo servo un cuore che ascoltiโ, รจ la supplica di Salomone al Signore (1 Re 3,9).
ร il cuore di pietra che rende Israele insensibile e incapace di aderire alla parola di Dio (Ez 36,26); โparlare con cuore e cuoreโ รจ lโespressione usata per indicare la doppiezza, lโinsinceritร di una persona (Sal 12,3). Anche Gesรน riteneva che tutte le scelte dellโuomo partono dal cuore (Mc 7,21-22).
Se Dio voleva rendere fedele il suo popolo non poteva limitarsi a dare disposizioni, a suggerire comportamenti. Tutto sarebbe stato inutile fintanto che non fosse intervenuto direttamente sul cuore. Ecco allora la sua promessa: โVi darรฒ un cuore nuovoโ (Ez 36,26) e, per bocca di Geremia: โDarรฒ loro un cuore capace di essermi fedeleโ (Ger 24,7).
Nel brano di oggi lo stesso messaggio รจ trasmesso attraverso lโimmagine della legge del Signore incisa nellโanimo, scritta sul cuore (v. 33). Non piรน unโimposizione esterna, dunque, ma un bisogno intimo di comportarsi bene, un impulso divino che porta a pensare e ad agire secondo Dio.
Diverranno allora superflui i comandamenti e i precetti, perchรฉ tutti, dal piรน piccolo al piรน grande, mossi dallo Spirito di Dio, aderiranno spontaneamente alla volontร del Signore.
Quando si realizzerร questa profezia? ร la domanda che ci poniamo. Chi si sente libero da ogni debolezza e fragilitร e intimamente spinto ad essere fedele a Dio? Chi non รจ piรน rattristato dalle proprie miserie morali?
โChiunque รจ nato da Dio non commette peccato, perchรฉ un germe divino dimora in lui e non puรฒ peccare perchรฉ รจ nato da Dioโ, assicura Giovanni (1 Gv 3,9). Ma chi, anche fra i cristiani che hanno stipulato, nellโeucaristia, il patto della nuova ed eterna alleanza, puรฒ affermare di avere fatto in sรฉ questa esperienza?
Ciรฒ che verifichiamo in noi stessi e negli altri puรฒ indurci al pessimismo. A molti sembra che tutto continui come al tempo in cui la legge di Dio era scritta sulla pietra e il mondo appare simile a quello anteriore al diluvio, quando โla malvagitร degli uomini era grande sulla terra e ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che maleโ (Gn 6,5).
Eppure, la promessa del Signore ha giร cominciato a realizzarsi; ma non ci si deve attendere un cambiamento prodigioso e immediato del cuore umano โche รจ incline al male fin dallโadolescenzaโ (Gn 8,21). La legge di Dio viene incisa nel cuore dellโuomo progressivamente, รจ collocata nellโintimo come un seme che, in modo lento, ma irresistibile, si sviluppa e dร frutti abbondanti. Chi ha ricevuto il germe divino dello Spirito รจ come un bambino appena nato (1 Pt 2,1-3), รจ fragile e bisognoso di aiuto, ma ha giร in sรฉ il principio di vita che lo farร crescere e divenire spiritualmente adulto.
Seconda Lettura (Eb 5,7-9)
Cristo 7 nei giorni della sua vita terrena offrรฌ preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietร ; 8 pur essendo Figlio, imparรฒ tuttavia lโobbedienza dalle cose che patรฌ 9 e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.
Sarebbe arduo seguire il cammino proposto da Cristo se egli si fosse limitato a indicarlo e a esortare a percorrerlo. La Lettera agli ebrei risponde alle nostre perplessitร e incertezze, richiamando una veritร facilmente dimenticata: in questo cammino non siamo soli, ci accompagna Gesรน, che ha vissuto le nostre stesse esperienze ed รจ passato attraverso tutte le nostre tentazioni (Eb 2,17; 4,15).
Il brano di oggi si sofferma soprattutto sulla sua reazione di fronte al dolore e alla morte. Gesรน ha provato ciรฒ che ogni uomo sperimenta in simili situazioni: si รจ riยญvolto al Padre chiedenยญdogli aiuto e, se fosse stato possibile, che lo risparmiasse dalle sofferenze e dalla morte (v. 7). Ha pregato, ha invocato il Padre perchรฉ gli rivelasse la sua volontร e il senso di quanto gli stava accadendo.
La lettura continua: โCristo, pur essendo figlio, imparรฒ dalle cose sofferte quanto รจ duro obbedireโ (v. 8). Pochi versetti prima lโautore aveva dichiarato: โEgli รจ in grado di capire quelli che sbagliano perchรฉ anchโegli รจ rivestito di debolezzaโ (v. 2). Sono affermazioni commoventi. Gesรน non si รจ comportato come coloro che danno disposizioni, impartiscono ordini, evitando con cura di venire coinvolti nei drammi e nelle angosce di chi li deve eseguire; non รจ riยญmasto in cielo a osservare, impassibile, le sofferenze degli uomini. Si รจ invece fatto compagno di viaggio, ha percorso per primo il cammino dellโumiliazione e della morte. ร per questo che di lui ci si puรฒ fidare, quando invita a seguirlo.
Vangelo (Gv 12,20-33)
20 Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, cโerano anche alcuni greci. 21 Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsร ida di Galilea, e gli chiesero: โSignore, vogliamo vedere Gesรนโ. 22 Filippo andรฒ a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesรน.
23 Gesรน rispose: โร giunta lโora che sia glorificato il Figlio dellโuomo. 24 In veritร , in veritร vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25 Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverร per la vita eterna. 26 Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, lร sarร anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerร . 27 Ora lโanima mia รจ turbata; e che devo dire? Padre, salvami da questโora? Ma per questo sono giunto a questโora! 28 Padre, glorifica il tuo nomeโ. Venne allora una voce dal cielo: โLโho glorificato e di nuovo lo glorificherรฒ!โ.
29 La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: โUn angelo gli ha parlatoโ.
30 Rispose Gesรน: โQuesta voce non รจ venuta per me, ma per voi. 31 Ora รจ il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarร gettato fuori. 32 Io, quando sarรฒ elevato da terra, attirerรฒ tutti a meโ. 33 Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.
Fra i pellegrini giunti a Gerusalemme per la Pasqua si trovavano anche alcuni greci che, avendo sentito parlare di Gesรน, manifestarono a Filippo il desiderio di inconยญtrarlo. Filippo ne parlรฒ con Andrea e, insieme, i due riferirono al Maestro la richiesta (vv. 20-22).
Il fatto in sรฉ sembra banale, ma se lโevangelista lo riferisce significa che contiene un messaggio importante.
Chi sono questi greci? Con questo termine si indicavano i pagani che coltivavano simpatie per la religione giudaica o che si erano convertiti al giudaismo. Pur non essendo figli di Abramo, erano stimati e amati dagli israeliti che li ritenevano la primizia di quei popoli e di quelle nazioni che, secondo le profezie, un giorno sarebbero accorsi a Gerusalemme per essere ammaestrati nelle vie del Signore (Is 2,3).
Gesรน si riferiva a loro quando, poco prima, aveva affermato: โE ho altre pecore che non sono di questโovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e vi sarร un solo gregge e un solo pastoreโ (Gv 10,16-17). Eccole ora le โaltre pecoreโ che si accostano a lui per ricevere il suo vangelo.
Erano saliti a Gerusalemme (v. 20), avevano dunque giร percorso un buon tratto di cammino spirituale, prima di incontrare Gesรน. Dai loro padri avevano appreso ad adorare gli idoli, ma, non appena avevano scoperto il Dio dโIsraele, avevano abbracciato la religione ebraica, desiderosi di divenire partecipi delle benedizioni promesse ad Abramo. Erano saliti a Gerusalemme per celebrare la loro nuova fede, ma forse anche per scoยญprire qual era il passo successivo che Dio si aspettava da loro; nellโintimo del cuore, percepivano, probabilmente, di non avere ancora raggiunto la meta ultima alla quale il Signore li chiamava.
La loro inquietudine spirituale รจ rivelata dal bisogno che provavano di vedere Gesรน.
Non si tratta di una banale curiositร , del desiderio un poโ frivolo di incontrare la star del momento, di conoscere colui che tutti cercano perchรฉ ha rianimato Lazzaro (Gv 12,9). Nel vangelo di Giovanni, il verbo vedere significa cogliere lโintimo di una persona. ร questo il suo significato fin dal prologo del vangelo. Quando Giovanni dichiara: โNoi vedemmo la sua gloriaโ (Gv 1,14), intende affermare la sua appartenenza al gruppo di coloro che avevano capito chi era Gesรน.
A questi greci non interessava sapere che fattezze avesse Gesรน, come vestiva, come si atteggiava; ciรฒ che volevano era scoprire la sua identitร e sapere se egli poteva dare un nuovo colpo dโala alla loro vita.
I greci non vanno direttamente da Gesรน, passano attraverso i suoi discepoli perchรฉ questo รจ lโunico cammino; รจ solo passando attraverso la comunitร che si puรฒ giungere a Cristo. E non ricorrono a uno qualunque degli apostoli, si rivolgono a Filippo e ad Andrea, i soli, fra i dodici, che hanno un nome greco e che, forse per questo, sono considerati i piรน adatti a fare da mediatori.
Andrea รจ giร comparso allโinizio del vangelo. Era uno dei due discepoli che seguivano il Battista e che avevano udito da Gesรน lโinvito: โVenite e vedreteโ (1,39). Erano andati da lui, lo avevano visto e subito avevano sentito il bisogno di parlare di lui ad altri; per questo sono in grado di accompagnare a lui chiunque lo voglia vedere.
Ora comincia a divenire chiaro il significato del brano. I greci che vogliono vedere Gesรน rappresentano i pagani e il loro cammino spirituale รจ lo stesso che ogni uomo, desideroso di divenire discepolo, deve compiere.
Non sappiamo se essi sono poi stati condotti da Gesรน opยญpure no; Giovanni li fa uscire di scena, come ha fatto con Nicodemo. La loro presenza รจ servita da espediente per preparare il terreno al tema che vuole sviluppare.
Il suo obiettivo รจ far vedere Gesรน ai suoi lettori.
Ecco perchรฉ, invece di concludere il racconto, introduce un diยญscorso in cui Gesรน si fa realmente veยญdere (vv. 23-32), in cui manifesta il suo vero volto.
Esordisce con unโimmagine presa dal mondo agricolo: perchรฉ nel campo possano germogliare le preziose spighe รจ necessario che i chicchi di grano scompaiano nella terra; solo dalla loro morte puรฒ sbocciare una vita centuplicata.
Lโapplicazione รจ drammatica: la posta in palio รจ la vita e si tratta di scegliere su quali valori la si debba puntare. Gesรน fa la sua proposta, sconcertante, assurda: lโunica vita realizzata in pienezza รจ quella consumata per amore. Per primo egli offre la sua e questa รจ la sua gloria, questa รจ la rivelazione della gloria del Padre suo. Siamo agli antipodi della concezione greca (e ora comprendiamo la ragione per cui Giovanni ha messo in scena i greci).
In Grecia era stato coniato il termine aristoi per indicare i migliori, le persone di successo, gli โaristocraticiโ. Erano aristoi coloro che riuscivano a raggiungere una posizione sociale ragguardevole, coloro che ottenevano ciรฒ che conferisce prestigio, fama imperitura e onori.
Gesรน ritiene questo ideale di vita una proposta insensata, un suggerimento diabolico che โ ricordano gli evangelisti โ รจ stato dato anche a lui: โIl diavolo lo condusse con sรฉ sopra un monte altissimo e gli mostrรฒ tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: Tutte queste cose io ti darรฒ, se, prostrandoti, mi adoreraiโ (Mt 4,8-9).
Ai greci Gesรน spiega in che consiste la vera gloria: cadere in terra e morire per portare molto frutto.
ร giunto al momento cruciale della sua missione ed รจ tentato di fuggire, di chiedere al Padre di essere salvato da quellโora, ma sa che, solo attraverso la sua morte, il Padre potrร rivelare al mondo il suo immenso amore per lโuomo. Ecco infatti giungere dal cielo la conferma: in Gesรน che dona se stesso, il Padre dichiara di sentirsi perfettamente rispecchiato, di manifestare in pienezza la sua gloria.
Non รจ necessario aver conosciuto materialmente Gesรน per poterlo vedere. Chiunque puรฒ contemplare il suo vero volto, quello che, attraverso il vangelo di oggi, egli mostra, un volto โtroppo sfigurato per essere dโuomo il suo aspettoโ (Is 52,13); โDisprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stimaโ (Is 53,3).
Di fronte alla sua proposta, la tentazione piรน subdola non รจ quella del rifiuto, ma quella di ripiegare su una pratica religiosa sostitutiva dellโautentica adesione a lui nella fede. Recita di preghiere e partecipazione a riti e celebrazioni: sรฌ; dono della vitaโฆ il meno possibile e solo fra molte perplessitร ed esitazioni.
Il volto che Gesรน mostra a tutti i โgreciโ richiede un coinvolgimento totale. La sua proposta รจ โscandalosa per i giudei e folle per i greciโ (1Cor 1,22), eppure solo chi, come lui, muore per i fratelli, รจ un uomo riuscito secondo Dio.
AUTORE: p. Fernando Armellini
FONTE: per gentile concessione di Settimana News