giovedรฌ, Marzo 6, 2025
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p. Fernando Armellini – Commento al Vangelo del 2 Marzo 2025

Domenica 2 Marzo 2025 - VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 6,39-45

Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 2 marzo 2025.
Se sei interessato a tutti i sui commenti al Vangelo, puoi leggerli qui.

Uno solo รจ il Maestro

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Come tutti coloro che insegnano la via di Dio โ€“ come i dottori del tempio che Gesรน dodicenne รจ andato ad ascoltare (Lc 2,46), come il Battista (Lc 3,12), come Nicodemo (Gv 3,10) โ€“ anche Gesรน รจ chiamato maestro dal popolo. Anzi, se escludiamo i casi appena citati, questo termine (che ricorre 48 volte nei Vangeli) รจ riferito sempre e solo a lui.

Gesรน รจ perรฒ un maestro originale. Parla e si comporta in modo diverso dagli altri: non tiene le sue lezioni in una scuola, insegna lungo la strada; non esige un compenso dai suoi uditori, non riserva il suo insegnamento ad una รฉlite di intellettuali, si rivolge ai poveri della terra, a coloro che i maestri dโ€™Israele disprezzano chiedendosi: โ€œCome puรฒ diventare saggio colui che maneggia lโ€™aratro, si vanta di brandire il pungolo e parla solo di vitelli?โ€ (Sir 38,25).

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รˆ un maestro libero sia nellโ€™interpretazione sia nella pratica della Torah, ma stupisce soprattutto perchรฉ, invece di invitare i discepoli a seguire i precetti della Legge, fin dallโ€™inizio della sua missione, chiede ai discepoli che seguano lui. La โ€œleggeโ€ รจ la sua persona, la sua vita, non il ginepraio di disquisizioni rabbiniche.

I maestri dโ€™Israele spiegavano cosa si doveva fare per piacere a Dio, basandosi sulla loro conoscenza della Torah. Presentavano i loro insegnamenti, dedotti dalle Scritture, con le parole impiegate anche dai profeti: โ€œCosรฌ dice il Signoreโ€.

Il maestro Gesรน parla in modo diverso. Egli introduce i suoi insegnamenti con lโ€™espressione: โ€œOra io vi dicoโ€, collocando le sue parole accanto a quelle di Dio.

Nei Vangeli gli apostoli non sono mai chiamati maestri, ma sempre e solo alunni, discepoli che devono apprendere non una lezione, ma una vita, seguendo lโ€™unico Maestro.

Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โ€œUno solo รจ il nostro maestro, Cristo Signore, e noi siamo tutti discepoliโ€.

Prima Letturaย (Sir 27,4-7)

4ย Quando si agita un vaglio, restano i rifiuti;
cosรฌ quando un uomo riflette, gli appaiono i suoi difetti.
5ย La fornace prova gli oggetti del vasaio,
la prova dellโ€™uomo si ha nella sua conversazione.
6ย Il frutto dimostra come รจ coltivato lโ€™albero,
cosรฌ la parola rivela il sentimento dellโ€™uomo.
7ย Non lodare un uomo prima che abbia parlato,
poichรฉ questa รจ la prova degli uomini.

Quando finalmente viene smascherato qualcuno che, per molto tempo, รจ riuscito a tessere intrighi a nostro danno, ha tramato nellโ€™ombra e lโ€™ha sempre fatta franca, esclamiamo soddisfatti: โ€œUn giorno o lโ€™altro tutti i nodi vengono al pettineโ€. Certo i denti del pettine possono essere radi o fitti. Per noi, magari, usiamo il pettine largo, mentre per gli altri preferiamo quello fine.

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Il Siracide non impiega il paragone del pettine, ma quelli del vaglio e della fornace.

In quel tempo le donne, prima di macinare il grano lo ponevano in un setaccio e lo vagliavano con molta cura per separarlo dalle impuritร , dalle foglie, dalle pagliuzze, dalla pula. I vasai non si compiacevano della bellezza di un loro vaso prima di averlo cotto al fuoco, fatto passare attraverso il calore della fornace che avrebbe potuto ridurlo in cocci.

La lettura di oggi inizia dicendo che, nei confronti degli altri, noi ci comportiamo spesso come le donne che setacciano il grano: li giriamo e rigiriamo, li scuotiamo per bene, li buttiamo per aria, li esponiamo al vento finchรฉ non riusciamo a far venire fuori tutti i difetti, tutti gli scarti, tutte le magagne che hanno. Ci comportiamo come i vasai: li sottoponiamo alla prova del fuoco, li teniamo mesi e anni nella fornace dei nostri severi controlli. Lรฌ resiste soltanto chi รจ proprio immune da qualunque difetto.

Se ci esaminassimo con il medesimo rigore, scopriremmo non solo i limiti degli altri, ma anche le nostre numerose manchevolezze (v.4).

Ci sono situazioni in cui non ci si puรฒ esimere dallโ€™esprimere giudizi e dal fare valutazioni obiettive: non si puรฒ concedere a tutti la stessa fiducia, รจ doveroso farsi unโ€™idea corretta dellโ€™autentico valore delle persone alle quali si devono affidare incarichi di grande responsabilitร .

Cosรฌ pure sarebbe ingenua una ragazza che si fidasse ciecamente del primo giovane che incontra.

Ma quali criteri seguire per dare valutazioni ponderate?

Il Siracide dร  un consiglio saggio: non ci si deve far condizionare dalla prima impressione. Per conoscere ciรฒ che le persone hanno nel cuore bisogna lasciarle parlare perchรฉ โ€œla prova dellโ€™uomo sta nella sua conversazioneโ€ฆ la parola rivela il cuore dellโ€™uomoโ€ (vv.5-6).

In conclusione, la norma da seguire รจ: โ€œNon lodare un uomo prima che abbia parlato, perchรฉ questa รจ la prova degli uominiโ€ (v.7).

Seconda Lettura (1 Cor 15,54-58)

54ย Quando poi questo corpo corruttibile si sarร  vestito dโ€™incorruttibilitร  e questo corpo mortale dโ€™immortalitร , si compirร  la parola della Scrittura:
La morte รจ stata ingoiata per la vittoria.
55ย Dovโ€™รจ, o morte, la tua vittoria?
Dovโ€™รจ, o morte, il tuo pungiglione?
56ย Il pungiglione della morte รจ il peccato e la forza del peccato รจ la legge.ย 57ย Siano rese grazie a Dio che ci dรก la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesรน Cristo!ย 58ย Perciรฒ, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nellโ€™opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non รจ vana nel Signore.

Per la quarta domenica consecutiva ci viene proposto un brano del capitolo 15 della lettera ai Corinti; oggi รจ quello conclusivo e il tema รจ sempre lo stesso: la risurrezione.

Paolo riassume ciรฒ che ha detto: entrando nella nuova vita gli uomini non recuperano semplicemente il corpo che hanno in questo mondo, ma ne ricevono uno nuovo, rivestito di incorruttibilitร  e di immortalitร  (v.54). Allora โ€“ dice โ€“ si compirร  la parola della Scrittura: โ€œLa morte รจ stata ingoiata dalla vittoria. Dovโ€™รจ, o morte, la tua vittoria? Dovโ€™รจ, o morte, il tuo pungiglione?โ€ (vv.54-55). Lo stato dei โ€œrisortiโ€ non รจ paragonabile a quello di chi vive in questo mondo. La morte, con tutti i suoi alleati โ€“ il dolore, la malattia, la fame, la violenza, lโ€™odio โ€“ non avrร  mai piรน alcun potere sullโ€™uomo, perchรฉ la vittoria di Cristo sarร  totale e definitiva (vv.56-57).

Dopo questa affermazione ci aspetteremmo che Paolo raccomandasse ai cristiani di Corinto di non fissare gli occhi su questo mondo, ma di guardare verso il cielo dove li attende la vita vera. Invece niente. Non li esorta a contemplare le meraviglie che li aspettano, ma a lavorare, ad impegnarsi in questo mondo, nella certezza che tutto il bene che costruiscono, tutto lโ€™amore che diffondono non andranno perduti. โ€œRimanete โ€“ dice โ€“ saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nellโ€™opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non รจ vana nel Signoreโ€ (v.58).

Vangeloย (Lc 6,39-45)

In quel tempo,ย 39ย Gesรน disse ai suoi discepoli una parabola: โ€œPuรฒ forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tuttโ€™e due in una buca?ย 40ย Il discepolo non รจ da piรน del maestro; ma ognuno ben preparato sarร  come il suo maestro.
41ย Perchรฉ guardi la pagliuzza che รจ nellโ€™occhio del tuo fratello, e non tโ€™accorgi della trave che รจ nel tuo?ย 42ย Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che รจ nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che รจ nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dallโ€™occhio del tuo fratello.
43ย Non cโ€™รจ albero buono che faccia frutti cattivi, nรฉ albero cattivo che faccia frutti buoni.ย 44ย Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, nรฉ si vendemmia uva da un rovo.
45ย Lโ€™uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; lโ€™uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perchรฉ la bocca parla dalla pienezza del cuore.

Nel Vangelo delle ultime due domeniche abbiamo ascoltato un messaggio che รจ in netto contrasto con la logica degli uomini: sono stati proclamati beati coloro che tutti considerano persone infelici (i poveri, gli affamati, quelli che piangono, i perseguitati) e sono state sconfessate le persone di successo (i ricchi, i sazi, quelli che si godono la vita). Non ci potrebbe essere un ribaltamento piรน radicale.

Non basta. รˆ stato stabilito anche il principio dellโ€™assoluta nonโ€‘violenza: il cristiano non puรฒ reagire al male col male, ma deve sempre essere disposto ad amare anche i nemici.

Si tratta di affermazioni sconvolgenti. E` inevitabile allora che, anche nella comunitร  cristiana, alcuni tentino di addolcirle, di renderle meno dure, un poโ€™ piรน compatibili con la debolezza umana.

Si dice, per esempio: รจ vero che non si puรฒ ricorrere alla violenza, tuttavia, in certi casiโ€ฆ Bisogna perdonare, sรฌ, ma non fino al punto di essere considerati ingenui e sprovveduti. Se si insegna ai figli ad essere generosi ad ogni costo, a non competere, a mettersi dalla parte dei piรน deboli, li si pone nella condizione di venire sopraffatti dai malvagi e dalla gente senza scrupoli.

Coloro che parlano in questo modo, anche se sono cristiani, si comportano da falsi maestri, magari senza rendersene conto.

Con abili distinzioni e sottili ragionamenti fanno perdere al messaggio di Gesรน la sua carica dirompente. A loro รจ rivolto il Vangelo di oggi, composto da una serie di detti del Signore.

Inizia con un proverbio popolare molto noto: โ€œUn cieco non puรฒ guidare un altro ciecoโ€ (v.39).

Un giorno i discepoli riferiscono a Gesรน che i farisei sono rimasti scandalizzati dalle sue parole. Risponde: โ€œLasciateli! Sono ciechi e guide di ciechiโ€ (Mt 15,14). Tutti i Giudei si consideravano maestri capaci di guidare i ciechi, cioรจ i pagani (Rm 2,19-20).

Nel brano di oggi i destinatari del drammatico ammonimento del Signore non sono perรฒ nรฉ i farisei nรฉ i Giudei, ma gli stessi discepoli. Anche per loro esiste il pericolo di comportarsi da guide cieche.

Nella chiesa dei primi secoli, i battezzati erano detti gli illuminati perchรฉ la luce di Cristo aveva loro aperto gli occhi. I cristiani dovrebbero essere coloro che ci vedono bene, che sanno scegliere i giusti valori nella vita, che sono in grado di indicare il retto cammino a chi brancola nellโ€™oscuritร .

Ma questo non sempre accade e Gesรน mette in guardia i suoi discepoli dal pericolo di smarrire la luce del Vangelo. Essi possono precipitare di nuovo nelle tenebre e lasciarsi guidare, come gli altri, dai falsi ragionamenti dettati dal โ€œbuon sensoโ€ umano. Quando questo accade, davanti a loro si spalanca un baratro mortale nel quale cadono assieme a chi si รจ fidato di loro.

falsi maestri cristiani possono commettere anche un altro errore, dettato dalla presunzione: ritenere che tutto ciรฒ che pensano, dicono e fanno sia saggio, giusto e conforme al Vangelo.

Si sentono in diritto di impartire disposizioni in nome di Cristo, con tale sicurezza da dare la netta impressione che si sono sostituiti al Maestro, anzi, che gli siano superiori. Esigono titoli, privilegi, onori, poteri che neppure il Maestro ha mai preteso di avere.

A chi nella comunitร  si sente investito di una simile autoritร , Gesรน ricorda un altro proverbio: โ€œIl discepolo non รจ da piรน del maestro; ma ognuno ben preparato sarร  come il suo maestroโ€ (v.40).

Il pericolo contro il quale Gesรน mette in guardia รจ soprattutto quello di identificare le proprie idee, le proprie convinzioni, i propri progetti con il suo pensiero. Si tratta di una presunzione temeraria, sconsiderata. Costoro dimenticano di essere soltanto dei discepoli, si sentono maestri, anzi, si comportano come se fossero superiori al Maestro.

Non รจ finita. Questi falsi maestri si arrogano un diritto ancora piรน esorbitante, fanno qualcosa che lo stesso Gesรน non ha mai voluto fare (Gv 3,17): giudicano, pronunciano sentenze di condanna nei confronti dei fratelli. Per loro viene raccontata la parabola della pagliuzza e della trave (vv.41-42).

รˆ un invito a diffidare dei cristiani che si sentono sempre nel giusto, sempre sicuri di quello che dicono, insegnano, fanno. Essi non si rendono conto di avere davanti agli occhi tronchi enormi che impediscono loro di vedere la luce. Quali? Le passioni, lโ€™invidia, la volontร  di dominare sugli altri, lโ€™ignoranza, la paura, le patologie psicologiche dalle quali nessun mortale รจ completamente esente. Tutte queste sono grosse โ€œtraviโ€ che impediscono di cogliere con chiarezza le esigenze della parola di Dio. Bisogna tenerne umilmente conto e comportarsi in modo meno presuntuoso, essere meno intransigenti nellโ€™imporre la propria visione della realtร  e meno sicuri quando si giudica lโ€™operato degli altri.

Un esempio ci puรฒ aiutare a capire. Per tanti secoli i cristiani hanno sostenuto che ci sono delle guerre giuste e che, in certe situazioni, รจ persino un dovere prendere in mano le armi. Sono state addirittura fatte guerre in nome del Vangelo. Come รจ potuto accadere se Gesรน ha parlato cosรฌ chiaramente dellโ€™amore al nemico? La spiegazione cโ€™รจ: le travi dellโ€™orgoglio, dellโ€™intolleranza, del dogmatismo, del fondamentalismo che i cristiani avevano davanti agli occhi e nemmeno se ne rendevano conto hanno impedito di scorgere le esigenze evangeliche.

Se oggi siamo costretti ad ammettere che in tante occasioni ci siamo dimostrati ciechi, dobbiamo essere molto cauti nel giudicare, nellโ€™imporre le nostre convinzioni, nel condannare chi manifesta opinioni diverse. Puรฒ darsi che sia giusto quello che pensiamo, puรฒ darsi che sia realmente evangelico, ma Gesรน vuole che la proposta cristiana sia fatta con molta umiltร , con estrema discrezione e rispetto e, soprattutto, senza mai giudicare chi non riesce a capirla, chi non se la sente di accettarla. Non va dimenticato che la possibilitร  di avere una trave davanti agli occhi non รจ remota!

Concludendo questa prima parte del Vangelo, Gesรน chiama ipocriti questi โ€œgiudiciโ€, questi โ€œmaestriโ€ cristiani sicuri di sรฉ e delle proprie idee. Ipocriti significa โ€œattoriโ€, โ€œgente che fa teatroโ€. Coloro che giudicano gli altri, sono per Gesรน degli attori. Sono anchโ€™essi peccatori, ma โ€œrecitanoโ€: si siedono in tribunale come giudici e pronunciano sentenze terribili.

Luca รจ chiaramente preoccupato da ciรฒ che accade nelle sue comunitร , divise dalle critiche, dai pettegolezzi, dai giudizi malevoli. Per questo richiama le parole dure del Signore al riguardo.

Come distinguere nella comunitร  cristiana i buoni dai cattivi maestri? Come sapere di chi ci si puรฒ fidare e di chi no? Come riconoscere coloro che sono ciechi o hanno travi davanti agli occhi?

Lโ€™ultima parte del Vangelo di oggi (vv.43-45) offre il criterio per giudicare: โ€œLโ€™uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; lโ€™uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perchรฉ la bocca parla dalla pienezza del cuoreโ€.

Noi siamo abituati ad interpretare queste parole di Gesรน come un invito a valutare le persone in base alle opere che compiono. Questo รจ il senso che hanno nel Vangelo di Matteo (Mt 7,15-20); ma nel Vangelo di Luca hanno un significato diverso.

Dal contesto risulta evidente che qui โ€œi fruttiโ€ sono il messaggio che i maestri cristiani annunciano. Questo messaggio puรฒ essere buono o cattivo.

Come il Siracide โ€“ lo abbiamo ascoltato nella prima lettura โ€“ anche Gesรน invita a valutare i maestri in base alle loro parole: โ€œLa bocca infatti parla dalla pienezza del cuoreโ€ (v.45). Ciรฒ che essi annunciano va sempre confrontato con il Vangelo. Allora si potrร  valutare se ciรฒ che viene proposto รจ cibo nutriente o รจ un frutto velenoso.

Fonte