Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 19 febbraio 2023.
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Verso una meta irraggiungibile
โSignore non sono degnoโ, ripetiamo prima di accostarci alla comunione, consci che lโunione con Cristo nellโeucaristia comporta la condivisione della sua scelta di vita, per questo con tutta sinceritร gli diciamo: โNon sono degnoโ, cioรจ, so di non farcela a divenire come te pane spezzato, sangue versato, senza riserve, per i fratelli. So che non avrรฒ la forza di lasciarmi โconsumareโ da loro, vengo solo a implorare il tuo Spirito.
Lโosservanza dei precetti dellโAT era difficile, ma non impossibile, la meta indicata dalla Torร h era alla portata dellโuomo. Con giustificato orgoglio il salmista poteva dichiarare: โHo custodito le vie del Signore; non ho respinto da me la sua legge, ma integro sono stato con luiโ (Sal 18,22-23); Zaccaria ed Elisabetta โosservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signoreโ (Lc 1,6); Anania era โun devoto osservante della leggeโ (At 22,12).
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A differenza della morale giudaica, quella cristiana propone invece una meta irraggiungibile: la perfezione del Padre che sta nei cieli (Mt 5,48). Sulla strada verso la vita, la segnaletica precisa e dettagliata della Torร h, con i suoi comandamenti ben definiti, rimane alle spalle; davanti si spalanca lโorizzonte sconfinato della perfezione del Padre e il cammino verso di lui รจ tutto da inventare. Ogni momento viene guidato, nel cuore dellโuomo, dagli impulsi dello Spirito che suggerisce come rispondere ai bisogni del fratello.
Gesรน procede spedito (Lc 9,51) mentre i passi del discepolo non possono che essere piccoli e incerti. โSiamo ancora in esilio, lontani dal Signoreโ (2 Cor 5,6.9), ma predestinati ad essere conformi alla sua immagine (Rm 8,29), a divenire espressione del suo amore che non conosce confini di razza nรฉ di religione e che รจ offerto indistintamente ad amici e nemici.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โSignore, ti ripeto che non ce la faccio a seguirti. Tuttavia, accompagnato da te, riesco sempre a fare un altro passoโ.
Prima Lettura (Lv 19,1-2.17-18)
1 Il Signore disse ancora a Mosรจ: 2 โParla a tutta la comunitร degli israeliti e ordina loro: Siate santi, perchรฉ io, il Signore, Dio vostro, sono santo.
3 Ognuno rispetti sua madre e suo padre e osservi i miei sabati. Io sono il Signore, vostro Dio.
17 Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, cosรฌ non ti caricherai dโun peccato per lui. 18 Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.
โSiate santi, perchรฉ io, il Signore Dio vostro, sono santoโ (v. 2). Con questo invito rivolto da Dio al suo popolo inizia la lettura. Nel linguaggio corrente, per santo si intende chi ha condotto una vita esemplare, รจ andato in paradiso e, se invocato con fede, puรฒ concedere grazie e miracoli. Il vero significato di questo termine รจ perรฒ piรน ampio: indica ciรฒ che รจ separato e consacrato a Dio. Erano santi i templi perchรฉ distinti, โritagliatiโ dal mondo profano e riservati alla divinitร . Varcare la soglia di un santuario era entrare nel mondo di Dio, per questo era necessario sottoporsi a numerosi e complicati riti purificatori.
Santi erano gli oggetti sacri che non potevano essere adibiti ad altri usi, sante erano le persone che vivevano in modo originale, che assumevano comportamenti fuori del comune. Il piรน santo era Dio, assolutamente diverso da tutto ciรฒ che esiste.
Cosa pretendeva dunque il Signore quando ha ingiunto al suo popolo di essere โsantoโ? Voleva che forse vivesse separato dagli altri popoli?
Israele ha inteso in questo modo il comando di Dio e ha pensato che fosse suo dovere evitare ogni contatto con coloro che avrebbero potuto portarlo allโidolatria. Per mantenere questa โsantitร โ, ha moltiplicato a dismisura i divieti: proibizione di entrare nelle case degli stranieri, di mangiare con loro o anche soltanto di stringere la mano a un pagano.
Essendo questa la mentalitร comune, si rimane sorpresi quando si constata che, nel libro del Levitico, cโรจ un testo โ ed รจ quello che ci viene proposto oggi โ in cui la โsantitร โ รจ intesa in modo completamente diverso: niente separazioni materiali dagli altri uomini, niente osservanze di prescrizioni rituali. Per essere santi basta condurre una vita diversa, una vita che si concretizza nelle seguenti disposizioni: onorare il padre e la madre, osservare i sabati, non odiare il fratello, rinunciare al rancore ed alla vendetta e โamare il prossimo come se stessiโ (vv. 3.17-18).
Questโultima clausola, assieme alla famosa raccomandazione del libro dei Proverbi โSe il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare; se ha sete, dagli acqua da bereโ (Pr 25,21), รจ il punto piรน alto cui รจ giunta la morale dellโAT. Tuttavia, in essa รจ ancora presente un limite: lโamore richiesto non รจ universale; lโinterpretazione rabbinica, infatti, lo restringeva ai membri del popolo dโIsraele.
Seconda Lettura (1 Cor 3,16-23)
16 Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? 17 Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerร lui. Perchรฉ santo รจ il tempio di Dio, che siete voi.
18 Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente; 19 perchรฉ la sapienza di questo mondo รจ stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: โEgli prende i sapienti per mezzo della loro astuziaโ. 20 E ancora: โIl Signore sa che i disegni dei sapienti sono vaniโ.
21 Quindi nessuno ponga la sua gloria negli uomini, perchรฉ tutto รจ vostro: 22 Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto รจ vostro! 23 Ma voi siete di Cristo e Cristo รจ di Dio.
Cโerano discordie, erano sorti partiti, esistevano invidie, liti e fanatismi a Corinto. Comportamenti comprensibili e scusabili fra โbambiniโ, fra neonati alla fede (1 Cor 3,1-2), ma inconcepibili fra cristiani maturi, fra โperfettiโ.
Per denunciare la gravitร della situazione, Paolo ricorre allโimmagine del tempio di Dio (vv. 16-17). La comunitร รจ come un santuario ritagliato dal mondo profano; chi la mantiene unita e salda รจ lo Spirito, le divisioni che disgregano e minacciano di far crollare tutta la costruzioni introducono un principio opposto e devastante. Chi si rende responsabile di un simile disastro sarร trattato dal Signore con estrema severitร : โDio โ assicura Paolo โ distruggerร luiโ (v. 17). ร lโimmagine tradizionale del giudizio finale che serviva, nel linguaggio rabbinico, non a descrivere ciรฒ che accadrร alla fine, ma a mettere in risalto lโestrema gravitร di unโazione.
Nella seconda parte della lettura (vv. 18-23) viene ripreso il motivo della contrapposizione fra la โsapienza di Dioโ e quella โdegli uominiโ. Le discordie derivano dal fatto che i membri della comunitร seguono la โsapienza di questo mondoโ, opposta a quella di Dio.
Nella sua lettera, Paolo ha giร detto che โil vangelo รจ una pazzia agli occhi degli uominiโ (1,18.21.23), oggi afferma che la saggezza degli uomini รจ una follia per Dio (v. l9).
LโApostolo non intende svalutare o disprezzare gli sforzi e le capacitร della ragione umana; egli mette in guardia dai deliri di onnipotenza e dalle pretese insensate di chi รจ convinto che tutto possa essere ridotto al razionale e che si possa fare a meno della luce di Dio.
Questo pensiero introduce nelle interpretazioni nuove e provocatorie che, nel vangelo di oggi, Gesรน darร ad alcuni testi dellโAT, interpretazioni che propongono scelte morali la cui validitร รจ garantita da Dio, non dalla โsapienza di questo mondoโ.
Vangelo (Mt 5,38-48)
38 Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; 39 ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche lโaltra; 40 e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41 E se uno ti costringerร a fare un miglio, tu fanne con lui due. 42 Dรก a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; 44 ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, 45 perchรฉ siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 46 Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno cosรฌ anche i pubblicani? 47 E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno cosรฌ anche i pagani? 48 Siate voi dunque perfetti come รจ perfetto il Padre vostro celeste.
Abbiamo ascoltato la scorsa domenica lโinterpretazione di Gesรน di quattro testi della Tirร h dโIsraele. Oggi viene presentata quella di altri due.
La prima riguarda il modo nuovo di ottenere giustizia. Tutti siamo dโaccordo che il male va contenuto e contrastato. Ma come?
Nelle societร arcaiche dove non cโera un potere statale capace di mantenere lโordine, si ricorreva facilmente alla vendetta, alla rappresaglia senza limiti. Il responsabile di una malefatta, una volta scoperto, veniva sottoposto a castighi esemplari, a punizioni pubbliche, tanto severe e crudeli, da dissuadere chiunque altro dal commettere simili errori. La ritorsione serviva come deterrente, ma era un modo barbaro di fare giustizia.
Lamec, il discendente di Caino, si tutelava incutendo terrore: โHo ucciso un uomo per un graffio e un ragazzo per un livido. Sette volte sarร vendicato Caino, ma Lamec settantasette volteโ (Gn 4,23-24).
ร per porre un argine a simili eccessi che la Torร h aveva stabilito: โOcchio per occhio, dente per denteโ (Es 21,23-25).
Questa รจ forse la legge piรน travisata della storia del diritto. ร citata ad esempio quando, ricevuto uno sgarbo, si ripaga con la stessa moneta. โOcchio per occhio, dente per denteโ equivale, in questi casi, al rifiuto di avere compassione, di accordare clemenza al colpevole. In realtร la disposizione aveva tuttโaltro significato: vietava i cosiddetti castighi esemplari e le rappresaglie. Ognuno doveva pagare per la colpa commessa, non per tutto il male presente nel mondo.
Intesa correttamente rimane valida anche oggi e, se praticata, garantisce lโequitร nelle sentenze. Gesรน non la considera decaduta, propone di andare oltre questa giustizia rigorosa e invita ad affrontare il problema in altro modo (vv. 38-42).
I rabbini del suo tempo insegnavano: โSii ucciso, ma non uccidereโ, ma aggiungevano subito: se perรฒ qualcuno ti aggredisce e vuole toglierti la vita, tu non riflettere, non dire a te stesso: forse mi renderรฒ colpevole del suo sangue; uccidilo prima che sia lui a ucciderti!
Questa interpretazione dei rabbini non suscitava obiezioni. Era conforme alla logica umana e poteva trovare giustificazioni anche nella Torร h.
Ora ecco la sorpresa, Gesรน non la accetta e dice ai suoi discepoli: โVoi non dovete resistere al malvagio!โ; piuttosto che fare violenza al fratello, dovete essere disposti a subire lโingiustizia (Mt 5,39). Siamo di fronte a parole inequivocabili; comunque, a scanso di equivoci, aggiunge quattro esempi, presi dalla vita quotidiana del suo popolo.
Il primo riguarda la violenza fisica: โSe uno ti percuote sulla guancia destraโฆโ (v. 41).
Quando si riceve uno schiaffo, se lโaggressore non รจ un mancino, si viene colpiti sulla sinistra. Gesรน parla della destra perchรฉ la violenza subita รจ maggiore: si tratta del manrovescio, unโoffesa gravissima, punita in Israele con unโammenda pari a piรน di un mese di stipendio. Al discepolo, Gesรน non raccomanda di essere piรน buono, piรน mite nelle pretese di risarcimento, esige un comportamento radicalmente nuovo: โTu porgi anche lโaltra guanciaโ.
โBuoni sรฌ, ma non stupidi!โ โ si suol dire. Certo, le parole di Gesรน non devono essere prese alla lettera (questo sarebbe davvero sciocco). Anchโegli, quando ha ricevuto lo schiaffo, non ha presentato lโaltra guancia, ma ha protestato (Gv 18,23). Ciรฒ che esige dai discepoli รจ la disposizione interiore ad accettare lโingiustizia, a sopportare lโumiliazione, piuttosto che reagire facendo del male al fratello.
Lโunico modo per interrompere il ciclo diabolico offesa-violenza รจ il perdono. Se alla violenza si reagisce con unโaltra violenza, non solo non viene eliminata la prima ingiustizia, ma se ne aggiunge unโaltra. Questo circolo puรฒ essere spezzato solo con un gesto originale, assolutamente nuovo: il perdono. Tutto il resto รจ vecchio, รจ qualcosa di giร visto, di ripetuto senza sosta fin dagli inizi dellโumanitร .
Il secondo esempio si riferisce allโingiustizia economica (v.40).
In Israele, uomini e donne indossavano due capi di vestiario: una tunica a maniche lunghe o a mezze maniche, portata sul corpo nudo, e unโampia cappa (il mantello). Nel mantello ci si avvolgeva quando faceva freddo e lo si toglieva quando si svolgeva un lavoro servile. Ai poveri serviva anche da coperta per la notte, per questo la Torร h stabiliva che non poteva essere pignorato (Es 22,25-26).
Gesรน propone un caso limite di ingiustizia: un discepolo viene portato in tribunale perchรฉ lo si vuole privare della tunica. Chiaramente tutti gli altri beni gli sono giร stati tolti. Che deve fare? Nullโaltro che manifestare il suo totale e incondizionato rifiuto di entrare in liti e contese. Per questo cede anche il mantello, lโultimo indumento che gli rimane, quello che non poteva essere requisito come pegno, ed รจ disposto a rimanere nudo, come il suo Maestro sulla croce.
Il terzo esempio รจ lโabuso del potere (v. 41).
Capitava spesso che i soldati romani o qualche signorotto locale angariassero dei poveri contadini e li costringessero a fare da guide o a portare carichi. Un esempio lo abbiamo nel racconto della passione: Simone di Cirene รจ obbligato a portare la croce di Gesรน (Mt 27,31).
Gli zeloti, cioรจ i rivoluzionari di quel tempo, suggerivano la ribellione e il ricorso alla violenza per opporsi a simili soperchierie. Epitteto esortava alla prudenza: โSe un soldato ti requisisce lโasino, non resistergli e non lamentarti, altrimenti verrai percosso e alla fine glielo dovrai consegnare lo stessoโ. Gesรน non fa alcuna considerazione di questo tipo, non si richiama alla prudenza; ai discepoli dice semplicemente: โSe qualcuno ti costringe a fare un miglio, tu fanne dueโ. Non detta una norma di saggezza, non suggerisce una strategia atta a convertire lโaggressore, non assicura nemmeno che un simile comportamento arrendevole otterrร risultati positivi in tempi brevi. Chiede al discepolo che, senza fare calcoli, mantenga il cuore libero dai risentimenti e si astenga da qualunque reazione che non sia dettata dallโamore.
Il quarto caso รจ quello della persona importuna che viene a chiedere un prestito (ma puรฒ anche essere un alloggio, un appartamento in affitto, un posto di lavoro, un prezzo di favoreโฆ) magari, come spesso accade, senza un minimo di discrezione.
Gesรน dice al discepolo: โDร a chi ti domanda e non volgere le spalle a chi ti chiedeโ (v. 42). Non fingere di non capire, non cercare scuse, non inventare difficoltร inesistenti, non cercare di scaricare su altri il problema. Se puoi fare qualcosa, fallo e basta.
Nellโ ultimo (il sesto) esempio Gesรน si richiama a un duplice comandamento โAma il tuo prossimo, ma odia il tuo nemicoโ (vv. 43-48). NellโAT il primo lo si trova (Lv 19,18), ma il secondo no. Probabilmente Gesรน non si riferisce a un testo specifico della Torร h, ma alla mentalitร che si era creata in Israele a partire da alcuni testi biblici. Nelle sacre Scritture si parla, a volte, di guerre sante (Dt 7,2; 20,16), compaiono sentimenti di vendetta (Sal 137,7-9), si manifesta il proprio attaccamento al Signore, ma in un linguaggio molto arcaico: โNon odio, forse, i tuoi nemici, Signore? Li detesto con odio implacabileโ (Sal 139,12-22). Espressione di questo odio รจ lโinvito che i monaci esseni di Qumran rivolgevano ai loro adepti: โAmate tutti i figli della luce, ma odiate tutti i figli delle tenebre, ciascuno secondo la sua colpa, nella vendetta di Dioโ.
Ci sono perรฒ nella Bibbia โ รจ bene ricordarlo โ altri testi in cui si ammonisce di non ricambiare il male (Pr 24,29) e si raccomanda lโamore al nemico: โQuando vedrai lโasino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarloโ (Es 23,5). Appellandosi ad essi, alcuni rabbini sostenevano che il comandamento: โAma il prossimo come te stessoโ (Lv 19,18) doveva essere esteso anche al nemico, ma lโopinione comune lo restringeva agli appartenenti al popolo giudaico.
In questo contesto religioso, il duplice comandamento di Gesรน suona paradossale: โAmate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutoriโ.
ร lโapice dellโetica cristiana, รจ la richiesta dellโamore gratuito e incondizionato che non si aspetta alcun contraccambio e che, come quello di Dio, raggiunge anche chi fa del male.
Alcuni saggi dellโantichitร hanno fatto proposte morali elevate: โComportati in modo da trasformare i tuoi nemici in amiciโ (Diogene). โProprio dellโuomo รจ amare anche coloro che lo percuotonoโ (Marco Aurelio); ma lโimperativo Ama i tuoi nemici รจ unโinvenzione di Gesรน.
Il secondo comando โ pregate โ suggerisce il mezzo per riuscire a praticare lโamore per โchi ci perseguitaโ, per chi ci rende la vita impossibile: la preghiera. Essa eleva verso il cielo, unisce al Signore, purifica la mente e il cuore dai pensieri e dai sentimenti dettati dalla logica di questo mondo e fa vedere il malvagio con gli occhi di Dio, che non ha nemici.
Gesรน invita a mostrarsi suoi figli, chiede ai discepoli di lasciar trasparire nei loro comportamenti lโindole del Padre celeste โche fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiustiโ. La distinzione fra malvagi e buoni e la lotta contro gli uomini, portata avanti in nome di Dio, sono bestemmie!
Due esempi (vv. 46-47) mettono a confronto il comportamento usuale degli uomini con la novitร di vita di chi ha assimilato i pensieri, i sentimenti e le opere del Padre che sta nei cieli. La caratteristica dei โfigli di Dioโ รจ lโamore offerto a chi non lo merita e il saluto rivolto a chi si comporta da nemico. La formula di saluto era: Shalom, augurio di pace e di ogni bene. Con tutto il cuore, il discepolo desidera, anche per chi lo odia, il bene e, dimentico dei torti, si impegna perchรฉ questo avvenga.
La conclusione addita la meta irraggiungibile: โSiate perfetti come รจ perfetto il Padre vostro celesteโ (v. 48).
La perfezione del giudeo consisteva nellโesatta osservanza dei precetti della Torร h. Per il cristiano รจ lโamore senza limiti come quello del Padre. Perfetto รจ chi non manca di nulla, chi รจ integro, chi non ha il cuore diviso fra Dio e gli idoli. La disponibilitร a donare tutto, a non conservare nulla per sรฉ, a mettersi totalmente a servizio dellโuomo โ compreso il nemico โ colloca sulle orme di Cristo e conduce alla perfezione del Padre che si dona tutto e che non esclude nessuno dal suo amore.
FONTE: per gentile concessione di Settimana News