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p. Fernando Armellini – Commento al Vangelo del 17 Novembre 2024

Domenica 17 Novembre 2024
Commento al brano del Vangelo di: Mc 13, 24-32

Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 17 Novembre 2024.
Se sei interessato a tutti i sui commenti al Vangelo, puoi leggerli qui.

La nuova stagione

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Nel mondo si registrano progressi scientifici e tecnologici, cresce la sensibilitร  ai valori superiori, ma suscitano inquietudine e sgomento le ingiustizie planetarie, le guerre, i rivolgimenti politici, economici e sociali. Crollano ideologie ritenute intramontabili, vengono meno le certezze, scompaiono dalla scena personaggi della politica, cade lโ€™oblio su atleti e divi dello spettacolo non appena si spengono i riflettori e le cineprese che li inquadrano. Tutto รจ rimesso in discussione. Persino i dogmi sono riletti e reinterpretati; certe pratiche religiose che parevano indispensabili e insostituibili si rivelano vecchie e logore, hanno fatto il loro tempo e sono abbandonate.

Di fronte a questi sconvolgimenti, qualcuno si ribella, qualche altro si rassegna, molti si scoraggiano e pensano che sia giunta la fine di tutto, anche della fede. Come valutare queste realtร ? Come rapportarsi con gli eventi piรน allarmanti? Come lasciarsi coinvolgere nella storia del mondo: con angoscia e timore o con impegno e speranza?

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Gli affanni, i dolori, i gemiti dellโ€™agonizzante preludono alla morte imminente, le doglie di una partoriente annunciano lโ€™inizio di una nuova vita.

Gesรน ha indicato la prospettiva giusta: โ€œQuando tutte queste cose cominceranno ad accadere, alzate il capo, perchรฉ la vostra redenzione si sta avvicinandoโ€ (Lc 21,28).

In un mondo che sembra condannato alla rovina dal suo stesso delirio di violenza, il non credente abbassa lo sguardo verso terra e si dispera, convinto che si stia approssimando la fine; il discepolo si mantiene saldo nella prova, alza il capo e in ogni grido di dolore percepisce il gemito del creato che โ€œsoffre fino ad oggi nelle doglie del partoโ€ (Rm 8,22). In tutto ciรฒ che accade, coglie il preludio non della morte, ma di un lieto evento: la nascita di unโ€™umanitร  nuova.

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Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โ€œLe sorti del mondo sono nelle mani di Dio, per questo alzo lo sguardoโ€.

Prima Letturaย (Dn 12,1-3)

ย 1ย Or in quel tempo sorgerร  Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo.
Vi sarร  un tempo di angoscia, come non cโ€™era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarร  salvato il tuo popolo, chiunque si troverร  scritto nel libro.
2ย Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per lโ€™infamia eterna.
3ย I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.

A partire dal II secolo a.C. si diffuse in Israele un movimento culturale, detto apocalittico, caratterizzato dallโ€™interesse per la storia del mondo e dalla riflessione sul destino di tutti gli imperi. Gli apocalittici coltivavano la convinzione che gli eventi non volgessero al meglio, ma al peggio e che questo mondo fosse destinato, fra terribili convulsioni, alla morte e alla corruzione. Dalle sue ceneri Dio avrebbe poi fatto sorgere un mondo nuovo che sarebbe toccato in sorte ai pii. Sarebbe iniziata una nuova era, lโ€™etร  dellโ€™oro della mitologia greca, lโ€™epoca di pace, benedizione e prosperitร , in un regno governato direttamente dal Signore.

Questo annuncio di gioia e di speranza, che costituisce il messaggio centrale della letteratura apocalittica, รจ comunicato dagli autori apocalittici attraverso un linguaggio oscuro e misterioso in cui tutto ha valore simbolico: i numeri, i colori, le bestie, i tipi di vestiti, le parti del corpo, i personaggi. Le loro rivelazioni sono trasmesse mediante visioni, allegorie e immagini che non vanno mai prese alla lettera (come fanno i testimoni di Geova), ma devono essere attentamente decodificate.

Lโ€™uso di questo linguaggio ebbe il suo momento culminante al tempo di Gesรน, non deve quindi destare meraviglia che anche il Maestro lo abbia impiegato e che lo si ritrovi in tutti i libri del Nuovo Testamento, non solo nellโ€™ultimo che porta il nome di Apocalisse.

Il libro di Daniele, dal quale รจ tratto il brano di oggi, รจ considerato il primo degli apocalittici. รˆ stato scritto in unโ€™epoca quanto mai travagliata per Israele, quella dello scontro fra la cultura ellenistica, imposta con la forza dal re Antioco IV, e le tradizioni patrie, sostenute dal movimento dei Maccabei. Questa lotta divenne il simbolo del duello fra le forze del bene e del male.

Come tutti gli apocalittici, lโ€™autore del libro di Daniele rivolge al popolo perseguitato e oppresso un invito a mantenersi saldo nella prova e annuncia un messaggio di speranza: il regno del male รจ giunto al termine e il regno celeste sta per sorgere.

Il brano esordisce con un accenno alla grande angoscia in cui il popolo si dibatte, consapevole che, dal sorgere delle nazioni, non cโ€™รจ mai stato un tempo piรน infelice (v. 1).

Poi cโ€™รจ lโ€™annuncio dellโ€™intervento del grande principe, Michele (v. 1).

Si riteneva che il Signore avesse in cielo la sua corte costituita da angeli, chiamati โ€œfigli di Dioโ€ (Dt 32,8) o anche โ€œesercito del cieloโ€ (Dt 4,19). A ognuno di loro era stato affidato un popolo con il compito di proteggerlo e di garantire la giustizia.

Michele era lโ€™angelo tutelare dโ€™Israele ed era il simbolo delle forze del bene che lottano contro quelle del male. Nel libro di Daniele รจ giร  comparso come difensore del suo popolo in un conflitto con lโ€™angelo tutelare della Persia (Dan 10,21).

Siamo chiaramente di fronte a immagini che vanno decodificate per coglierne il significato.

Michele significa โ€œChi รจ come Dio?โ€. La risposta รจ scontata: โ€œNessuno!โ€. Non cโ€™รจ nessun altro che possa eguagliare il Signore, Dio dโ€™Israele. Nella Bibbia ricorre spesso il richiamo: โ€œIo, io sono il Signore, fuori di me non vโ€™รจ salvatoreโ€ (Is 43,11; Os 13,4).

Nessuno รจ in grado di condurre alla salvezza allโ€™infuori di Dio e Israele ne ha fatto lโ€™esperienza. Ogni volta che ha abbandonato il Signore e ha riposto la sua fiducia in altri dรจi, immancabilmente ha decretato la propria rovina, si รจ ridotto in schiavitรน, รจ stato deportato in esilio, ha avuto la sua terra devastata.

Solo quando nel mondo avrร  il sopravvento Michele, cioรจ, quando gli uomini, ripudieranno tutti gli idoli e si convinceranno che nessuno รจ come Dio, sorgerร  il mondo nuovo.

Con lo sguardo del profeta, il veggente del libro di Daniele scruta il futuro e scorge lโ€™avvento della nuova era, quella in cui tutti gli dรจi saranno annientati e il potere sarร  consegnato al vero e unico Dio, simboleggiato nella figura di Michele.

Il regno celeste apparirร , ma rimane irrisolto un enigma: che ne sarร  di coloro che, per non tradire la loro fede, sono stati messi a morte dal persecutore? รˆ questa la domanda che si pongono gli Israeliti che, nel II secolo a.C., subiscono le vessazioni di Antioco IV.

Il veggente risponde: Tutti i giusti che dormono nella polvere della terra si risveglieranno e saranno partecipi della gioia del regno di Dio (v. 2) e coloro che hanno proclamato la veritร  e difeso la giustizia splenderanno come le stelle del cielo (v. 3).

รˆ questa la prima affermazione chiara della risurrezione che si trova nella Bibbia.

Nessuna fatica sarร  vana; nessuna lacrima, nessun dolore, nessun sacrificio andranno perduti.

Seconda Lettura (Eb 10,11-14)

11ย Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati.ย 12ย Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si รจ assiso alla destra di Dio,ย 13ย aspettando ormai solo che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi.ย 14ย Poichรฉ con unโ€™unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.

Fin dai tempi piรน remoti, il peccato ha provocato negli uomini un profondo turbamento interiore; la violazione delle norme morali รจ sempre stata motivo di angoscia e di inquietudine. Le malattie, le disgrazie, le calamitร  e la morte erano attribuite alla trasgressione delle disposizioni della divinitร .

Per liberarsi dalla contaminazione della colpa sono stati istituiti riti, si รจ fatto ricorso a bagni nei fiumi sacri, ad aspersioni con acqua o con sangue di animali.

Israele ha ereditato molte di queste pratiche dalle tradizioni degli altri popoli. Nel tempio i sacerdoti offrivano continuamente sacrifici a Dio per espiare i peccati del popolo. Ma raggiungevano il loro obiettivo?

No, risponde la lettura di oggi. La purificazione non poteva essere ottenuta perchรฉ il sangue degli animali non puรฒ rendere mondo il cuore dellโ€™uomo (v. 11).

Solo il sacrificio di Cristo รจ in grado di produrre questa purificazione. Offerto una volta per tutte, ha realmente liberato gli uomini dalle loro colpe (v. 12).

Di fronte a questa chiara affermazione, viene da chiedersi come mai il peccato continui ad essere presente non soltanto fra i pagani, ma anche fra i cristiani?

Lโ€™autore della Lettera agli ebrei dร  la sua risposta: anche se la sorte di tutti i nemici del bene รจ giร  stata segnata, essi non sono ancora stati posti completamente sotto i piedi di Cristo (v. 13); bisogna attendere che la sua vittoria si manifesti in pienezza.

Tuttavia chi รจ convinto che il male รจ giร  stato sconfitto dalla morte e risurrezione di Cristo non puรฒ angustiarsi, anche se รจ costretto ad ammettere che nel mondo continuano ad esistere miserie, malvagitร  e peccati. Chi si lascia prendere dal panico di fronte a un nemico giร  vinto dimostra di avere una fede molto fragile (vv. 14.18).

Vangeloย (Mc 13,24-32)

Disse Gesรน ai suoi discepoli:ย 24ย โ€œIn quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerร  e la luna non darร  piรน il suo splendoreย 25ย e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
26ย Allora vedranno il Figlio dellโ€™uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.ย 27ย Ed egli manderร  gli angeli e riunirร  i suoi eletti dai quattro venti, dallโ€™estremitร  della terra fino allโ€™estremitร  del cielo.
28ย Dal fico imparate questa parabola: quando giร  il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che lโ€™estate รจ vicina;ย 29ย cosรฌ anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli รจ vicino, alle porte.ย 30ย In veritร  vi dico: non passerร  questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute.ย 31ย Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.ย 32ย Quanto poi a quel giorno o a quellโ€™ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padreโ€.

Quando Marco scrive questa pagina del suo vangelo, lโ€™impero romano รจ sconvolto da guerre, pestilenze, calamitร  e carestie. Le comunitร  cristiane sono colpite dalla persecuzione e, profondamente turbate, non riescono piรน a cogliere il senso di ciรฒ che sta accadendo. La situazione critica accende la fantasia di alcuni fanatici che, richiamandosi allโ€™annuncio della distruzione del tempio di Gerusalemme fatta da Gesรน, diffondono previsioni su unโ€™imminente catastrofe, sulla fine di tutto il creato e sul ritorno di Cristo sulle nubi del cielo.

Lโ€™equilibrio delle comunitร  รจ scosso e lโ€™evangelista sente di dover intervenire. Per aiutare i cristiani a inquadrare gli eventi nella giusta prospettiva, inserisce nel suo libro un capitolo, il tredicesimo (che forse inizialmente non era stato programmato), in cui riferisce le parole illuminanti del Maestro su questo tema apocalittico.

Richiama anzitutto la raccomandazione a non lasciarsi ingannare dai discorsi insensati di coloro che predicano lโ€™imminente fine del mondo: โ€œFate attenzione, nessuno vโ€™inganni! Quando sentirete parlare di guerre, non allarmatevi; bisogna infatti che ciรฒ avvenga, ma non sarร  ancora la fine. Si leverร  infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti sulla terra e vi saranno carestie. Questo sarร  il principio dei doloriโ€ (Mc 13,5-8).

Non sarร  la fine, ma lโ€™inizio dei dolori. Cosa cโ€™รจ da attendersi: un ulteriore acutizzarsi del dolore? Una drammatica agonia del mondo, preludio alla morte del creato o una nuova nascita dopo il travaglio del parto?

A questo interrogativo Marco risponde con le parole del Maestro riferiteci nel vangelo di oggi.

Il brano si apre con le immagini tipiche della letteratura apocalittica: โ€œIl sole si oscurerร  e la luna non darร  piรน il suo splendore e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolteโ€ (vv. 24-25).

Tutti i popoli dellโ€™antico Medio Oriente consideravano divinitร  gli astri del firmamento, ritenevano che da loro dipendessero gli eventi del mondo e che potessero favorire la vita o provocare sventure e calamitร , per questo offrivano loro preghiere e sacrifici.

Mosรจ aveva raccomandato al suo popolo: โ€œAlzando gli occhi al cielo e vedendo il sole, la luna, le stelle, tutto lโ€™esercito del cielo, tu non ti lascerai indurre a prostrarti davanti a quelle cose e a servirle; cose che il Signore tuo Dio ha abbandonato in sorte a tutti i popoli che sono sotto tutti i cieliโ€ (Dt 4,19).

I profeti avevano severamente condannato lโ€™adorazione degli astri, dรจi ingannevoli, idoli che attiravano lo sguardo stupito dellโ€™uomo e gli facevano piegare le ginocchia in adorazione. Ne avevano annunciato lo spegnimento e assicurato la caduta: โ€œLe stelle del cielo e la costellazione di Orione non daranno piรน la loro luce, il sole si oscurerร  al suo sorgere e la luna non diffonderร  la sua luceโ€; โ€œTutta la milizia celeste si dissolverร , tutti i loro astri cadranno come cade il pampino della vite, come le foglie avvizzite del ficoโ€ (Is 13,10; 34,4).

Non erano presagi di sventura, ma oracoli destinati a infondere gioia e speranza. Isaia non intendeva affermare che le forze cosmiche sarebbero state sconvolte, ma che il mondo pagano, rappresentato da questi astri, sarebbe stato annientato e gli uomini non sarebbero piรน stati asserviti agli idoli.

Gesรน riprende queste immagini non per spaventare i discepoli, ma per consolarli. Le pestilenze, le carestie, le violenze e le persecuzioni con cui si devono confrontare sono segni di un mondo ancora dominato dal maligno, tuttavia la fine di questa realtร  penosa รจ giร  stata decretata e il suo declino รจ iniziato.

Immediatamente dopo lโ€™eclissi di questi idoli oppressori, ecco apparire, con le nubi del cielo e con grande potenza e gloria, il Figlio dellโ€™uomo per instaurare il regno (v. 26).

Fuori di metafora: ogni idolo che crolla segna un ripiegamento del maligno e un passo avanti del regno di Dio; ogni luce ingannevole che si spegne รจ una vittoria dellโ€™umano sul disumano.

A questo punto Gesรน introduce una nuova immagine apocalittica: il Figlio dellโ€™uomo โ€œmanderร  gli angeli e riunirร  i suoi eletti dai quattro venti, dallโ€™estremitร  della terra fino allโ€™estremitร  del cieloโ€ (v. 27).

Pare il preludio alla scena del giudizio finale descritta nel vangelo di Matteo. Si rimane quasi col fiato sospeso, nellโ€™attesa che Gesรน continui: โ€œE il Figlio dellโ€™uomo separerร  gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capriโ€ฆโ€ (Mt 25,31-46).

Il senso dellโ€™immagine degli angeli che riuniscono gli eletti dai quattro venti รจ completamente diverso. Non รจ lโ€™annuncio di un giudizio, non cโ€™รจ accenno ad alcun castigo; il messaggio รจ tuttโ€™altro che minaccioso, รจ la risposta consolante data da Marco alle sue comunitร  che stanno attraversando un momento drammatico. Sono perseguitate e subiscono angherie, molti cristiani sono messi a morte e purtroppo fra di loro ci sono โ€“ e questo รจ lโ€™aspetto piรน doloroso della vicenda โ€“ anche discordie e divisioni; cโ€™รจ perfino chi tradisce i fratelli di fede, li denuncia e li accusa di fronte ai tribunali pagani. Sono lontani i tempi i cui i discepoli โ€œerano un cuore solo ed unโ€™anima solaโ€ (At 4,32), ora si sentono in balรญa delle forze del male, come foglie sbattute lontano da venti impetuosi (Is 64,5), sono sconvolti e incapaci di reagire.

A questi cristiani tentati di lasciare cadere le braccia, Marco ricorda la promessa fatta da Gesรน: il Figlio dellโ€™uomo non permetterร  che vengano dispersi; attraverso i suoi angeli li riunirร  dai quattro venti โ€“ simbolo dei quattro punti cardinali โ€“ quindi li riunirร  da tutta la terra.

Lโ€™immagine รจ biblica, ricorre giร  sulla bocca di Mosรจ: โ€œIl Signore tuo Dio farร  tornare i tuoi deportati, avrร  pietร  di te e ti raccoglierร  di nuovo da tutti i popoli. Quandโ€™anche i tuoi esuli fossero allโ€™estremitร  dei cieli, di lร  il Signore tuo Dio ti raccoglierร  e di lร  ti riprenderร โ€ (Dt 30,3-4).

La riunione dei discepoli non sarร  in vista della resa dei conti, ma per la salvezza.

Gli angeli vanno identificati in base ai riferimenti biblici. Il termine angelo non designa necessariamente un essere spirituale, come in genere viene immaginato; indica ogni mediatore della salvezza di Dio; รจ applicato nella Bibbia a chiunque divenga strumento nelle mani del Signore in favore lโ€™uomo. Mosรจ che ha guidato Israele nel deserto รจ chiamato โ€œangeloโ€ (Es 23,20.23), il Battista รจ presentato allโ€™inizio del vangelo di Marco come un โ€œangeloโ€ (Mc 1,2). Angeli del Signore sono tutti coloro che collaborano con il piano di Dio.

La salvezza dei fratelli dalla defezione dalla fede e dalla dispersione non avviene per un intervento portentoso del Signore, ma attraverso la mediazione di angeli, i discepoli che, nel momento della prova, hanno saputo mantenersi saldi nella fede. Sono loro gli angeli incaricati di ricondurre i fratelli nellโ€™unitร  della chiesa.

Il messaggio รจ dunque di gioia e di speranza: neppure uno degli eletti verrร  dimenticato, nessuno andrร  perduto.

La suggestiva immagine del temporale violento, che impaurisce e disperde i pulcini, e della chioccia che li richiama a sรฉ e li mette al sicuro sotto le sue ali (Mt 23,37) รจ forse la migliore illustrazione di questo messaggio.

La seconda parte del brano (vv. 28-32) risponde alla domanda che sorge spontanea dopo aver udito il consolante annuncio che il regno del male รจ giunto alla fine e che il figlio dellโ€™uomo radunerร  gli eletti nel suo regno: quando accadrร  questo?

Lโ€™umanitร  รจ stanca di soffrire, di sopportare i soprusi dei malvagi, di verificare che il male continua a imperversare nel mondo e in ogni uomo.

La risposta viene data con lโ€™immagine del fico (v. 28), lโ€™ultimo fra gli alberi a mettere le foglie. Quando queste cominciano a spuntare, il contadino sente che si sta avvicinando lโ€™estate e gioisce pensando agli abbondanti raccolti.

Solo il Padre e nessun altro conosce il giorno e lโ€™ora in cui il regno di Dio avrร  il suo pieno compimento (v. 32). Tuttavia ci sono dei segni evidenti che mostrano che il momento decisivo si sta avvicinando. I cristiani coltivano la sensibilitร  e lo sguardo attento dellโ€™agricoltore che sa cogliere in tutto ciรฒ che accade i segni della nuova stagione.

Fonte

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