p. Fernando Armellini โ€“ Commento al Vangelo del 15 Novembre 2020

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Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 15 Novembre 2020.
Se sei interessato a tutti i sui commenti al Vangelo, puoi leggerli qui.

33a Domemica del Tempo Ordinario   anno A

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Sembra prudenza, ma รจ codardia

Gesรน ha raccomandato di essere โ€œprudenti come i serpentiโ€ (Mt 10,16), eppure, il suo comportamento e le sue parole paiono distanti da ciรฒ che comunemente sโ€™intende per prudenza: ha pronunciato invettive contro scribi e farisei (Mt 23) e ironizzato sul loro incedere in โ€œlunghe vestiโ€ (Mc 12,38), si รจ messo contro i sadducei, sconfessando le loro convinzioni teologiche (Mt 22,23-33), ha chiamato Erode โ€œvolpeโ€ (Lc 13,32) e ha lanciato frecciate ai re che, โ€œavvolti in morbide vestiโ€, vivono in sontuosi palazzi (Mt 11,8). Violava il sabato, frequentava gente malfamata e impura, chiamava โ€œserpenti, razza di vipereโ€ le guide spirituali del popolo (Mt 23,33) e asseriva che i pubblicani e le prostitute li avrebbero preceduti nel regno dei cieli (Mt 21,31)โ€ฆ Ma che prudenza รจ questa?

Lโ€™alternativa cโ€™era: non muoversi da Nazareth e limitarsi a lavorar di pialla, tenere la bocca chiusa o aprirla solo per adulare; ignorare le folle affamate, stanche e allo sbando โ€œcome pecore senza pastoreโ€ (Mc 6,34); chiudere il cuore alla compassione di fronte allโ€™uomo dalla mano inaridita e rassegnarsi al fatto che a volte un uomo conti meno di una pecora (Mt 12,12); tapparsi le orecchie per non udire il grido dei lebbrosi (Lc 17,13) e lasciare che lโ€™adultera venisse lapidata (Gv 8,5).

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La prudenza di Dio non รจ quella degli uomini, un alibi alla pigrizia, allโ€™infingardaggine, allโ€™inerzia, al disinteresse. รˆ meglio correre il rischio di sbagliare per amore piuttosto che rinunciare a lottare per i grandi valori; รจ meglio vedere il seme della parola rifiutato da un terreno sterile โ€“ come รจ accaduto a Paolo allโ€™areopago (At 17,32-34) โ€“ piuttosto che nasconderlo, per paura, avvolto nel silenzio.

Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โ€œGioia piena รจ lasciarsi coinvolgere nei progetti del Signore, senza pauraโ€.

Prima Lettura (Pr 31,10-13.19-20.30-31)

10 Una donna perfetta chi potrร  trovarla?
Ben superiore alle perle รจ il suo valore.
11 In lei confida il cuore del marito
e non verrร  a mancargli il profitto.
12 Essa gli dรก felicitร  e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
13 Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.
19 Stende la sua mano alla conocchia
e mena il fuso con le dita.
20 Apre le sue mani al misero,
stende la mano al povero.
30 Fallace รจ la grazia e vana รจ la bellezza,
ma la donna che teme Dio รจ da lodare.
31 Datele del frutto delle sue mani
e le sue stesse opere la lodino alle porte della cittร .

โ€œQuattro qualitร  si riscontrano nelle donne: sono golose, curiose, pigre e gelose. Sono anche piagnucolone e loquaciโ€. Cosรฌ si esprimevano i rabbini del tempo di Gesรน e, tra il serio e il faceto, aggiungevano: โ€œQuando Dio creรฒ il mondo aveva a disposizione dieci cesti di parole, le donne ne presero nove e gli uomini unaโ€.

Spiritosaggini (spesso infelici) sulle donne si ritrovano in proverbi di tutti i popoli e non cโ€™รจ da meravigliarsi che siano riprese anche nei libri della Bibbia. Ci sono testi dellโ€™AT in cui la donna compare come seduttrice, chiacchierona, gelosa, curiosa, vanitosa (Sir 25,12-36); sono un riflesso della mentalitร  del tempo.

La lettura di oggi propone un brano in cui si fa invece lโ€™elogio della donna. Della donna perfetta si assicura che ha un valore inestimabile; al suo confronto, le perle โ€“ tanto apprezzate nellโ€™antichitร  โ€“ paiono spregevoli e vili (v. 10).

Ma la donna puรฒ anche costituire un pericolo, puรฒ tramutarsi in seduttrice. รˆ facile โ€“ ammonisce il Siracide โ€“ cadere nei lacci della cortigiana o rimanere ammaliati dalle moine di una cantante (Sir 9,3-4). Come potremo distinguere una donna di valore da una maliarda? Quali caratteristiche permettono di riconoscerla? Eccone lโ€™elenco.

Anzitutto รจ una brava moglie: rende felice il marito e in famiglia diffonde pace, serenitร  e armonia (vv. 10-12).

รˆ operosa (vv. 13.19), non se ne sta con le mani in mano, non perde tempo in chiacchiere insulse e frivole, si dร  da fare affinchรฉ nella sua casa tutto sia in ordine e ognuno sia soddisfatto e felice. Non si preoccupa solo del marito e dei figli, vuole che anche i suoi servi siano ben vestiti e abbiano cibo in abbondanza.

La laboriositร  della donna era sottolineata anche dai rabbini: โ€œLa donna โ€“ ammettevano โ€“ lavora sempre anche mentre parla. Non รจ abitudine della donna stare seduta in casa senza fare nienteโ€.

La terza qualitร : ha un cuore grande. Non si chiude nel dolce nido familiare che รจ riuscita a costruirsi, ma si guarda attorno e, di fronte alle necessitร  di chi รจ meno fortunato di lei, si commuove, corre in aiuto di chi รจ nel bisogno, condivide i suoi beni con i derelitti (v. 20).

La quarta e ultima caratteristica: รจ religiosa, devota, fedele ai comandamenti di Dio (v. 30). Dicevano i rabbini: โ€œIl pensiero della donna รจ solo per la sua bellezzaโ€. La donna ideale di cui parla la lettura smentisce questo stereotipo: non lega il cuore alle vanitร , sโ€™interessa a ciรฒ che realmente vale nella vita.

Ce ne sono molte di donne cosรฌ? Il brano di oggi inizia con una domanda provocatoria: โ€œUna donna perfetta chi potrร  trovarla?โ€ (v. 10). Possiamo rispondere, senza timore di smentite, che sรฌ, ne esistono molte ed รจ significativo il fatto che, in questa domenica, la liturgia, parlandoci di laboriositร , dedizione e impegno, abbia scelto di associare queste virtรน alla donna. รˆ un invito a riflettere.

Seconda Lettura (1 Ts 5,1-6)

1 Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; 2 infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, cosรฌ verrร  il giorno del Signore. 3 E quando si dirร : โ€œPace e sicurezzaโ€, allora dโ€™improvviso li colpirร  la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperร . 4 Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosรฌ che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: 5 voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, nรฉ delle tenebre. 6 Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii.

Abbiamo giร  detto domenica scorsa che a Tessalonica cโ€™erano tensioni e inquietitudini perchรฉ si era diffusa la convinzione che la fine del mondo e il ritorno del Signore fossero imminenti.

Desiderosi di avere chiarimenti al riguardo, i tessalonicesi avevano incaricato Timoteo e Sila di chiedere a Paolo se era in grado di dare indicazioni precise circa il tempo in cui questi fatti sarebbero accaduti.

Nella lettura di oggi lโ€™Apostolo risponde: non รจ possibile saperlo (v. l) e ne dร  la ragione. Dio โ€“ dice โ€“ รจ solito agire in modo imprevedibile, interviene quando meno te lโ€™aspetti, si comporta come un ladro che giunge allโ€™improvviso, quando la gente sta dormendo, รจ come le doglie della partoriente che compaiono durante la notte (vv. 2-3).

Non vale la pena โ€“ conclude โ€“ investigare per scoprire il giorno e lโ€™ora della venuta del Signore. Ciรฒ che importa รจ evitare di lasciarsi avvolgere dalle tenebre del male. I cristiani non dovrebbero correre questo pericolo perchรฉ, dal giorno del loro battesimo, sono divenuti figli della luce e figli del giorno; รจ impossibile che vengano colti di sorpresa, come accade a chi รจ immerso nellโ€™oscuritร  o รจ intontito dal sonno (vv. 4-6).

Vangelo (Mt 25,14-30)

14 Avverrร  come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamรฒ i suoi servi e consegnรฒ loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacitร , e partรฌ.
16 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andรฒ subito a impiegarli e ne guadagnรฒ altri cinque. 17 Cosรฌ anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnรฒ altri due. 18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andรฒ a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornรฒ, e volle regolare i conti con loro. 20 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentรฒ altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. 21 Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darรฒ autoritร  su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
22 Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. 23 Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darรฒ autoritร  su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
24 Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25 per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. 26 Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e cosรฌ, ritornando, avrei ritirato il mio con lโ€™interesse. 28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29 Perchรฉ a chiunque ha sarร  dato e sarร  nellโ€™abbondanza; ma a chi non ha sarร  tolto anche quello che ha. 30 E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; lร  sarร  pianto e stridore di denti.

La durezza del padrone nei confronti del terzo servo pare eccessiva. Poteva โ€“ secondo noi โ€“ mostrarsi piรน comprensivo perchรฉ il suo dipendente, oltre a sentirsi intimorito, aveva forse avuto anche lโ€™impressione di essere stato sottovalutato. รˆ in questโ€™ottica che, nei primi secoli della chiesa, qualcuno ha ritoccato la parabola e lโ€™ha conclusa cosรฌ: il terzo servo non era un disonesto, aveva soltanto paura, per questo il padrone si limitรฒ a rimproverarlo, con dolcezza. Cโ€™era anche un quarto servo al quale erano stati consegnati dei talenti, costui si diede alla bella vita, sperperรฒ tutto con prostitute e con suonatrici di flauto; il padrone lo fece mettere in carcere. Nessuno perรฒ venne trattato senza pietร .

Chi ha modificato in questo modo il racconto non ha capito che Gesรน non intendeva dare una lezione morale sullโ€™onestร  e sul modo di investire il denaro, ma piuttosto sullโ€™impegno nel porre a frutto i tesori che appartengono ad ognuno. Per quanto riguarda poi la presunta scarsa stima del padrone per il terzo servo, questa va esclusa: un talento era, a quei tempi, una somma di tutto rispetto e corrispondeva allo stipendio di circa ventโ€™anni di lavoro di un operaio.

Chiariamo subito il significato dei talenti. Si รจ fatta strada lโ€™idea โ€“ difficile da estirpare โ€“ che i talenti indichino le doti che ogni uomo ha ricevuto da Dio, doti che non devono rimanere nascoste, ma sviluppate e poste in esercizio. Questa interpretazione non si accorda con quanto รจ detto al v. 15 dove i talenti vengono consegnati โ€œa ciascuno secondo le sue capacitร โ€. Talenti e qualitร  del singolo dunque non sono la stessa cosa.

Veniamo ai personaggi. Sono introdotti nella prima parte della parabola (vv. 14-15).

Il protagonista รจ un ricco signore orientale che, dovendo partire per un lungo viaggio, affida i suoi averi ai servi piรน fidati. Ne conosce le capacitร , le attitudini, le competenze e, in base ad esse, stabilisce quanto affidare a ciascuno. Questo signore rappresenta chiaramente Cristo che, prima di lasciare il mondo, ha consegnato tutti i suoi beni ai discepoli.

Il padrone non fornisce alcuna indicazione sul modo di gestire i talenti, dando segno di piena fiducia nellโ€™intelligenza, nella perspicacia, nellโ€™avvedutezza dei suoi servi e di rispetto della loro libertร .

Definiamo in che consistono questi beni. Si tratta di ciรฒ che Gesรน ha consegnato alla sua chiesa: il vangelo, cioรจ il messaggio di salvezza destinato a trasformare il mondo e a creare unโ€™umanitร  nuova; il suo Spirito โ€œche rinnova la faccia della terraโ€ (Sal 104,30) e anche se stesso nei sacramenti; e poi il suo potere di curare, di consolare, di perdonare, di riconciliare con Dio.

I tre servi rappresentano i membri delle comunitร  cristiane. A ciascuno di loro รจ affidato un incarico da svolgere affinchรฉ questa ricchezza del Signore possa essere messa a frutto. Conforme al proprio carisma (1 Cor 12,28-30), ognuno รจ chiamato a produrre amore. รˆ lโ€™amore infatti il guadagno, il frutto che il Signore pretende.

La seconda parte della parabola (vv. 16-18) descrive il diverso comportamento dei servi: due sono intraprendenti, dinamici, solerti, mentre il terzo รจ timoroso e insicuro.

 Il tempo che tutti e tre hanno a disposizione รจ quello in cui il padrone รจ lontano: va dalla Pasqua fino alla venuta di Cristo al termine della storia del mondo; รจ il tempo in cui la chiesa organizza la sua vita, cresce, si sviluppa, si impegna in favore dellโ€™uomo nellโ€™attesa del ritorno del suo Signore.

Matteo vuole stimolare le sue comunitร  ad una verifica. Le invita a chiedersi anzitutto se sono coscienti del tesoro che hanno in mano, a controllare se tutti i โ€œtalentiโ€ sono impiegati al meglio o se qualche dono รจ stato nascosto sotterra, se ci sono aspetti della vita ecclesiale trascurati, se qualche ministero langue.

Nella terza parte della parabola (vv. 19-30) assistiamo alla resa dei conti. La scena, inizialmente tranquilla e serena, diviene poi cupa e โ€“ come spesso accade nel vangelo di Matteo โ€“ si conclude in modo drammatico. Vediamola.

Si presentano i primi due servi che, con giustificato orgoglio, dichiarano al padrone di avere raddoppiato i suoi averi. Nel brano parallelo del vangelo di Luca, i due servi sembrano voler riconoscere che un risultato tanto sorprendente, piรน che ai loro sforzi, รจ da attribuire alla bontร  del capitale: โ€œLa tua moneta โ€“ dicono โ€“ ne ha fruttate altreโ€ฆโ€ (Lc 19,16.18). In Matteo invece, vengono messe in rilievo lโ€™abilitร  e il merito personali: โ€œIo ne ho guadagnatiโ€ฆโ€ โ€“ dichiara ciascuno dei due servi (vv. 20.22). La ricompensa che ricevono รจ โ€œla gioia del loro Signoreโ€, la felicitร  che deriva dallโ€™essere in sintonia con Dio e il suo progetto.

Poi compare colui che, pur non essendo il protagonista, risulta essere il personaggio principale della parabola, il terzo servo. โ€œSo โ€“ dice al padrone โ€“ che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuoโ€.

Lโ€™immagine che questo servo si รจ fatta del padrone, pur terrificante, non viene corretta, anzi riceve conferma. Matteo se ne serve per indicare quando a Cristo stia a cuore il bene dellโ€™uomo, quanto gli prema che nel mondo si instauri presto il regno di Dio. โ€œLโ€™ira del Signoreโ€ รจ unโ€™espressione biblica con cui si vuole sottolineare il suo incontenibile amore.

Nel rimprovero che il padrone rivolge al servo infingardo si trova il messaggio centrale della parabola: lโ€™unico atteggiamento inaccettabile รจ il disimpegno, รจ il timore di rischiare. Anche ai primi due forse non tutte le operazioni economiche erano riuscite bene, tuttavia viene condannato solo chi si รจ fatto bloccare dalla paura.

Discepoli solerti e neghittosi cโ€™erano al tempo di Matteo e continuano ad esserci nelle nostre comunitร . Ci sono cristiani dinamici e intraprendenti che si impegnano per dare un volto nuovo alla catechesi, alla liturgia, alla pastorale, che si dedicano con passione allo studio della parola di Dio per coglierne il significato autentico e profondo, che sono generosi e attivi e che, a volte per eccesso di zelo, commettono errori e non sempre indovinano le scelte da fare. Altri cristiani invece sono pigri e timorosi di tutto. Si limitano a ripetere in modo monotono e tedioso gli stessi gesti, le stesse frasi fatte, non studiano, si infastidiscono se qualcuno propone interpretazioni nuove, non si pongono nemmeno lโ€™interrogativo se certi cambiamenti siano voluti dallo Spirito; si sentono sicuri solo allโ€™interno di ciรฒ che รจ sempre stato detto e fatto in passato, ogni slancio verso il futuro, ogni conquista dellโ€™uomo li spaventa; non vibrano per i grandi valori della libertร  e della fratellanza. Hanno paura.

Incredibile, ma vero, si puรฒ rimanere paralizzati dalla paura di Cristo. Una certa spiritualitร  del passato incitava ad agire, ma raccomandava soprattutto di non commettere peccati mortali, di mantenersi in grazia di Dio, rimanendo fedeli a comandamenti e precetti; ai trasgressori minacciava pene terribili.

Questa spiritualitร  creava il terzo tipo di servi, cioรจ i cristiani che, per evitare i peccati, giocavano sempre sul sicuro. Non potevano rischiare, perchรฉ chi tenta, chi si impegna si espone inevitabilmente al rischio di sbagliare.

Chi si รจ fatto banditore di questa paura, senza rendersene conto รจ divenuto causa della mancanza di amore, della sterilitร  nel bene, del letargo spirituale.

Il โ€œtalentoโ€ della parola di Dio, per esempio, fruttifica solo quando se ne coglie il vero significato, quando la si traduce in un linguaggio comprensibile allโ€™uomo dโ€™oggi, quando รจ applicata alla vita ed alle situazioni concrete della comunitร , altrimenti rimane un capitale morto, non produce alcun cambiamento, non scuote le coscienze, non provoca, non inquieta nessuno.

La punizione per chi rende improduttivi i talenti del Signore รจ lโ€™esclusione dalla sua gioia. Non รจ la condanna allโ€™inferno, ma รจ il fatto di non appartenere oggi al regno di Dio.

Che deve fare chi non se la sente di impegnarsi, chi non ha il coraggio di mettere a frutto i beni del Signore? Non deve continuare ad occupare inutilmente una carica o un posto di responsabilitร , ma deve consegnare il suo ministero alla banca, cioรจ alla comunitร , in modo che essa provveda ad affidare questo servizio a un altro che sia disposto a svolgerlo con impegno, perchรฉ i fratelli hanno bisogno che tutti i ministeri siano ben adempiuti.

La conclusione della parabola โ€“ โ€œA chi ha sarร  dato e sarร  nellโ€™abbondanza; ma a chi non ha sarร  tolto anche quello che haโ€ โ€“ รจ un proverbio popolare che riflette un dato di fatto facilmente verificabile: la ricchezza tende ad accumularsi e il ricco diviene sempre piรน ricco. Richiamato in questa parabola, questo detto vuole significare che, con le ricchezze del regno di Dio, accade la stessa cosa: le comunitร  generose e attente ai segni dei tempi progrediscono e acquistano sempre maggior vitalitร , mentre quelle che preferiscono ripiegarsi su se stesse invecchiano, decadono e nessuno si meraviglierร  di vederle un giorno sparire.


AUTORE: p. Fernando ArmelliniFONTE: Settimana News

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