Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 15 agosto 2021.
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E il Verbo si fece pane eucaristico
La carezza รจ un modo di dire allโaltro: tu sei il mio confidente e sono felice che tu mi accordi fiducia. Ma se questi si ritrae, ci si sente rifiutati o fraintesi. La stretta di mano, i fiori, il lumino acceso al santo patrono esprimono sentimenti, emozioni, stati dโanimo che nessuna parola รจ in grado di comunicare. Il soffio sulle candeline, seguito dallโapplauso degli amici e dal canto di auguri, segna il momento culminante della festa di compleanno.
Gesti solo apparentemente privi di logica. Il rito, anche se diverso dal ragionamento positivista, รจ carico di significati e messaggi.
Come possono gli amici manifestarci la loro gioia per la nostra nascita, se non erano presenti quando abbiamo emesso il primo vagito? Quel giorno, ormai lontano, non puรฒ essere raggiunto, ma รจ possibile riprodurloโฆ attraverso il rito. Il soffio che spegne le candeline annulla i nostri anni, ci riporta al momento della nascita, riproduce il nostro primo respiro e offre la possibilitร di festeggiare la nostra venuta al mondo. Non avrebbe senso consumare da soli la torta del compleanno.
Lโuomo viene dalla terra, รจ strettamente legato agli altri esseri viventi e alle creature materiali con le quali รจ chiamato a costruire una crescente armonia e prova un intimo bisogno di rendere concrete, percepibili con i sensi anche le realtร invisibili e divine.
I sacramenti sono la risposta di Dio a questo bisogno.
Durante lโultima cena, Gesรน ha istituito il rito con cui rendere presente il suo supremo gesto di amore, il dono totale della vita. La Parola di Dio, pane disceso dal cielo, ora puรฒ realmente essere assimilata, non solo con la mente e con il cuore, ma anche attraverso il sacramento. Anche di questo segno sensibile noi, fino a quando saremo pellegrini in questo mondo, avremo sempre fame.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โNon della sola Parola vive lโuomo, ma anche della Parola fatta paneโ
Prima Lettura (Pr 9,1-6)
1 La Sapienza si รจ costruita la casa,
ha intagliato le sue sette colonne.
2 Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino
e ha imbandito la tavola.
3 Ha mandato le sue ancelle a proclamare
sui punti piรน alti della cittร :
4 โChi รจ inesperto accorra qui!โ.
A chi รจ privo di senno essa dice:
5 โVenite, mangiate il mio pane,
bevete il vino che io ho preparato.
6 Abbandonate la stoltezza e vivrete,
andate diritti per la via dellโintelligenzaโ.
Fra i popoli dellโantico Medio Oriente, piรน dei ricchi e dei conquistatori di imperi, erano stimati i sapienti (Pr 24,5), coloro che, con lโesperienza che costituisce la โcorona dei vecchiโ (Sir 25,6) erano in grado di suggerire buoni consigli, citare proverbi, proporre indovinelli e risolvere enigmi; erano ammirati coloro che tramandavano storie atte a educare i giovani e insegnavano comportamenti sociali e religiosi corretti. Sapienti erano soprattutto gli esperti della legge del Signore, perchรฉ essa โtrabocca di sapienzaโ (Sir 24,23) e conduce alla beatitudine.
Lโautore del libro dei Proverbi si presenta come un padre saggio che si rivolge teneramente al figlio e lo esorta a seguire i consigli della sapienza, assicurandolo: โEssi saranno una corona graziosa sul tuo capo e monili per il tuo colloโ (Pr 1,8).
I primi nove capitoli del libro costituiscono lโintroduzione a tutta la raccolta di detti sapienziali, frutto di parecchi secoli di riflessione dei saggi dโIsraele.
Il brano di oggi รจ tratto dallโultimo di questi capitoli. In esso vengono messe in scena due donne, una principessa e una prostituta, che rappresentano: lโuna la signora Sapienza, lโaltra la signora Stoltezza. Sono in competizione, hanno imbandito due banchetti contrapposti ed entrambe si rivolgono agli inesperti, a chi รจ privo di senno (vv. 4.16) per attirarli alla loro festa.
La lettura ci fa contemplare solo il primo dei quadretti del dittico, quello in cui agisce la Sapienza, ma, per farne risaltare il messaggio, faremo riferimento anche al comportamento della Follia (Pr 9,13-18).
Entra in scena la Sapienza che si costruisce una splendida casa, con sette colonne (v. 1). La colonna รจ il simbolo della stabilitร e il numero sette della perfezione.
La sapienza di Dio รจ lโunico architetto di cui ci si puรฒ fidare perchรฉ progetta sempre edifici solidi, incrollabili; le altre sapienze si dimostrano fragili. Unโideologia รจ presto smentita da quella che le succede e a un sistema filosofico ne segue sempre un altro; solo la sapienza di Dio non viene usurata dal tempo nรฉ scossa dai terremoti ideologici; i venti delle mode e le intemperie delle nuove dottrine non la intaccano. Chi edifica la propria vita su di essa non andrร incontro a sorprese, non dovrร temere il giudizio di Dio, โsarร simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perchรฉ era fondata sopra la rocciaโ (Mt 7,24-25).
Costruito il proprio palazzo, la Sapienza invia le sue ancelle nei punti strategici della cittร per invitare tutti alla tavola da lei imbandita (v. 2). Offre gratuitamente pane che sazia e vino che dร gioia.
Al cristiano, le premure e la solerzia della Sapienza richiamano la sollecitudine apostolica di Cristo che ha inviato i suoi discepoli nel mondo intero e ha ingiunto loro di non perdere nemmeno un istante lungo la via (Lc 10,4).
La Stoltezza non costruisce nulla, โse ne sta seduta alla porta di casaโ, neghittosa e indolente (v. 14), non si preoccupa di andare in cerca degli invitati, sa di poterli comodamente sedurre col suo ingannevole fascino, li aspetta e tende insidie a tutti coloro โche vanno diritti per la loro stradaโ (v. 15). Con parole melliflue li eccita al proibito: โLe acque furtive sono dolci, il pane preso di nascosto รจ gustosoโ (v. 17).
La sua รจ la lusinga del piacere immediato che, lo sappiamo, cattura molti e con facilitร , ma conduce alla rovina. Chi ne resta ammaliato non si accorge che, nella casa della Stoltezza, โsi celano ombre di morte e i suoi invitati si incamminano verso il profondo degli inferiโ (v. 18).
Il destino di chi ascolta la Sapienza รจ invece la vita (v. 6).
Seconda Lettura (Ef 5,15-20)
15 Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; 16 profittando del tempo presente, perchรฉ i giorni sono cattivi.
17 Non siate perciรฒ inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontร di Dio. 18 E non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito, 19 intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, 20 rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesรน Cristo.
Non รจ per recriminare sul presente o per rifugiarsi nel rimpianto e nelle nostalgie del passato che lโautore della Lettera agli efesini ricorda ai cristiani del suo tempo: โI giorni sono cattiviโ (v. 16). Li vuole piuttosto mettere in guardia dai vizi che ha appena elencato โ lโasprezza, lo sdegno, lโira, il clamore, la maldicenza e ogni sorta di malignitร (Ef 4,31) โ che caratterizzano il comportamento dei pagani e rischiano di diffondersi anche tra i battezzati. Per evitare questo pericolo, suggerisce: โVigilate sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggiโ (v. 16).
La presente etร del mondo รจ malvagia โ ha giร scritto Paolo ai galati (Gal 1,4) โ ma il saggio non si adegua alla morale corrente; riconosce che il male esiste, ma sa โapprofittare del tempo presenteโ (v. 16) per compiere il bene.
Lโesortazione continua con un nuovo invito alla saggezza: โNon siate dunque sconsiderati!โ (v. 17) e con un richiamo alla temperanza (v. 18). Le sregolatezze nellโuso del vino generano dissolutezza morale. Gli iniziati al culto di Dioniso raggiungevano lโestasi ricorrendo a bevande inebrianti, avevano convulsioni e si comportavano da invasati; il cristiano non ha nulla a che vedere con simili pratiche; รจ colmo dello Spirito santo, ricevuto nel battesimo, รจ sobrio e ripudia ogni forma di sfrenatezza.
Lโultima raccomandazione riguarda la preghiera (vv. 19-20). I fratelli della comunitร si ritrovano per pregare, cantare, meditare insieme la parola di Dio. ร cosรฌ che evitano la stoltezza e acquistano la sapienza che conduce alla vita.
Vangelo (Gv 6,51-58)
In quel tempo, Gesรน disse alla folla: 51 โIo sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrร in eterno e il pane che io darรฒ รจ la mia carne per la vita del mondoโ.
52 Allora i giudei si misero a discutere tra di loro: โCome puรฒ costui darci la sua carne da mangiare?โ. 53 Gesรน disse: โIn veritร , in veritร vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dellโuomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterรฒ nellโultimo giorno. 55 Perchรฉ la mia carne รจ vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, cosรฌ anche colui che mangia di me vivrร per me. 58 Questo รจ il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrร in eternoโ.
Il vangelo di oggi riprende lโultimo versetto della scorsa domenica, un versetto importante perchรฉ segna il passaggio, nel discorso di Gesรน, dal โpane del cieloโ, inteso come parola, come sapienza di Dio, al tema dellโeucaristia.
I giudei hanno capito che, quando parlava del pane del cielo, Gesรน si riferiva al suo vangelo, al messaggio divino da lui portato su questa terra e, di fronte a questa sua pretesa inaudita, hanno reagito, sollevando dubbi e perplessitร . Lโaffermazione con cui inizia il brano di oggi รจ ancora piรน sconcertante: il pane da mangiare non รจ soltanto la sua dottrina, ma la sua stessa carne.
Abbiamo spiegato domenica scorsa che, per carne, un semita non intende i muscoli, ma โtutta la personaโ, considerata nei suoi aspetti deboli e fragili. Lโuomo รจ carne perchรฉ รจ una creatura effimera, vulnerabile, destinata alla morte.
ร dunque chiaro agli ascoltatori che Gesรน non sta facendo una proposta cannibalesca, tuttavia, lโaspetto scandaloso della sua richiesta rimane e la reazione dei presenti รจ comprensibile e giustificata. Essi si mettono a discutere tra di loro: โCome puรฒ costui darci la sua carne da mangiare?โ (v. 52).
Capiscono che egli non si riferisce piรน soltanto allโassimilazione spirituale della rivelazione di Dio, ma anche a un mangiare concreto, non metaforico. Attendono una spiegazione.
Gesรน non si preoccupa del loro imbarazzo e, invece di ammorbidire le sue parole, riafferma quanto ha giร detto, aggiungendovi una richiesta ancora piรน cruda, ribadita con insistenza: รจ necessario bere anche il suo sangue (vv. 53-56).
Questo, per un ebreo, รจ qualcosa di ripugnante. Molti testi biblici proibiscono severamente questa pratica (Lv 7,26-27) โperchรฉ la vita della carne รจ nel sangueโ (Lv 17,10-11) e la vita non appartiene allโuomo, ma a Dio. Anche oggi, quando uccidono un animale per nutrirsene, i giudei lo dissanguano nel modo piรน accurato, per non appropriarsi della sua vita; versano il sangue per terra per restituirlo a Dio.
La convinzione che nel sangue risieda la forza vitale spiega lโuso che ne veniva fatto, nellโAntico Testamento, nei riti di consacrazione e di purificazione. Significativo รจ soprattutto il modo in cui fu celebrata, col sangue, lโalleanza fra Dio e il popolo ai piedi del Sinai. Ci fu un solenne sacrificio di comunione, poi Mosรจ prese il sangue delle vittime e ne versรฒ metร sullโaltare, simbolo del Signore, e metร sul popolo, dicendo: โEcco il sangue dellโalleanza che il Signore ha concluso con voiโ. (Es 24,6-8). Con questo gesto veniva creata la comunione di vita tra Dio e Israele e suggellata la loro mutua appartenenza. Era come se tra Dio e popolo si fossero instaurati rapporti di consanguineitร .
ร in questa mentalitร che Gesรน inserisce il suo discorso sulla necessitร di mangiare la sua carne e bere il suo sangue, per entrare in comunione di vita con lui e con il Padre.
Nel passaggio dalla prima alla seconda parte del suo discorso abbiamo forse colto una certa incongruenza. Ha promesso: โChi crede ha la vita eternaโ (v. 47) e oggi dichiara: โChi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eternaโ (v. 54). Se, per avere la vita eterna, รจ sufficiente la fede nella sua parola, lโadesione alla sua proposta, al suo vangelo, che necessitร cโรจ di accostarsi anche al sacramento dellโeucaristia?
Oggi, nel mondo, per mancanza di presbiteri, la maggior parte delle comunitร cristiane, nel giorno del Signore, non ha a disposizione il pane eucaristico, ma solo il pane della Parola e siamo certi che, da questโunico alimento, ricevono abbondanza di vita.
Perchรฉ allora lโeucaristia? Non basta la Parola?
Premettiamo che questo sacramento โ che rende realmente presente Cristo โ non sostituisce la fede nel suo vangelo. Questa รจ fondamentale e imprescindibile.
La comunione non รจ un rito magico, come invece lo erano i riti compiuti dagli iniziati nei misteri pagani, e non รจ una medicina che agisce automaticamente e ottiene la guarigione del malato anche se รจ in stato di incoscienza. Non รจ corretto pensare che, per ricevere la grazia del Signore, basti fare molte comunioni. Gesรน non ha raccomandato di fare molte comunioni, ma di โmangiare la sua carne e bere il suo sangueโ.
Lโeucaristia non produce alcun effetto se non รจ ricevuta con fede, cioรจ, se non รจ espressione della decisione interiore di accogliere Cristo e di permettergli di animare tutta la vita. Prima di ricevere il pane eucaristico รจ sempre necessario leggere e meditare un brano della parola di Dio. Chi accetta di divenire una sola persona con Cristo nel sacramento, deve prima conoscere la sua proposta di vita. Non si stipula un contratto senza aver letto e valutato con attenzione tutte le clausole.
Abbiamo introdotto il tema di questa domenica con il richiamo al significato del rito. Ora lo riprendiamo per comprendere meglio il discorso sullโeucaristia.
Subito dopo la Pasqua, i cristiani hanno sentito il bisogno di celebrare lโevento fondante della loro fede, la morte e risurrezione di Cristo, e non hanno dovuto inventare un rito per riprodurre lโevento, perchรฉ Gesรน stesso lo aveva istituito. Prima della sua passione, mentre era seduto a tavola con i suoi discepoli, prese un pane, rese grazie, lo spezzรฒ e lo diede loro dicendo: โQuesto รจ il mio corpo che รจ dato per voi; fate questo in memoria di meโ (Lc 22,19).
Fedeli a questโordine del Signore, il primo giorno di ogni settimana, i cristiani cominciarono a riunirsi per celebrare lโeucaristia. Commovente al riguardo รจ la testimonianza, non sospetta, di Plinio che, dalla Bitinia, scrisse allโimperatore Traiano: i cristiani โhanno lโabitudine di riunirsi in un giorno fissato prima del levarsi del sole, di cantare tra loro alternativamente un inno a Cristo come a un dio, di impegnarsi con giuramento a non perpetrare crimini, a non commettere nรฉ ruberie, nรฉ brigantaggi, nรฉ adulteri, a non venir meno alla parola data, a non negare un deposito reclamato con giustizia; compiuti questi riti, essi hanno lโabitudine di separarsi e di riunirsi ancora per prendere il loro cibo che, checchรฉ se ne dica, รจ ordinario e innocuoโ (Plinio, Ep. X).
ร una caratteristica del rito quella di essere ripetitivo, di seguire uno schema fisso. Guai a noi se, per salutarci, al posto del โbuon giornoโ e della stretta di mano, dovessimo inventare ogni volta formule e gesti sempre nuovi. I riti sono ripetitivi, ma non inutili, perchรฉ creano ciรฒ che significano. Il saluto non solo indica che esiste accordo fra due persone, ma produce e accresce la reciproca armonia. Il dono di una rosa fa sbocciare un rapporto di amore, lo manifesta e lo alimenta. I cori dei tifosi rivelano la simpatia per una squadra e mantengono viva la passione sportiva. La parata militare celebra lโamor patrio e lo inculca.
Questa รจ la forza, questa lโefficacia del rito.
I primi cristiani avevano una sola celebrazione eucaristica settimanale, oggi noi possiamo partecipare alla messa ogni giorno. Se ripetuto con fede, questo sacramento che significa lโunione con il Signore della vita, rende sempre piรน solida e piรน profonda questa unione.
AUTORE: p. Fernando Armellini
FONTE: per gentile concessione di Settimana News