Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 11 agosto 2024.
Se sei interessato a tutti i sui commenti al Vangelo, puoi leggerli qui.
Da un figlio di falegname il pane del cielo?
Per 54 volte, nel Corano, ebrei e cristiani sono chiamati Genti del libro e 230 volte vi ricorre la parola libro, nel senso di testo contenente la rivelazione di Allah. Tuttavia, รจ un termine ambiguo perchรฉ a volte indica il libro di Mosรจ, altre volte i libri in cui si parla di Abramo e della sua discendenza, di Giovanni figlio di Zaccaria, di Gesรน e di sua madre Maria; altre volte per libro si intende semplicemente il Corano, come si puรฒ rilevare fin dalla presentazione: โEcco il libro! Il libro guida sicura โ non cโรจ dubbio al riguardo โ per coloro che temono il Dioโ.
Secondo unโinterpretazione diffusa fra i musulmani, Dio ha fatto discendere sulla terra, sotto forma di dettatura ai suoi profeti, diversi libri contenenti la sua parola: la Torร h, il Vangelo, i Salmi e il Corano. Non deve quindi destare meraviglia se si sente un musulmano ripetere: โAnchโio credo nella Bibbiaโ.
- Pubblicitร -
Al di lร delle molteplici convergenze fra musulmani e cristiani, non va trascurata una differenza sostanziale. Per i musulmani la rivelazione di Dio si รจ incarnata nel Corano; la parola di Allah รจ divenuta libro alla Mecca. Per i cristiani la parola di Dio non si รจ fatta libro, ma carne, a Nazaret.
Un giorno il Signore ordinรฒ a Ezechiele: โFiglio dellโuomo, mangia questo rotolo, poi vaโ e parla alla casa dโIsraeleโ (Ez 3,1). Era lโinvito ad assimilare il messaggio contenuto in un libro. La stessa immagine fu impiegata da Geremia โQuando le tue parole mi vennero incontro โ confessa il profeta โ le divorai con aviditร ; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuoreโ (Ger 15,16).
Come i profeti, come i musulmani, anche il cristiano ha fame della sapienza di Dio. La trova in un libro, sรฌ, ma non รจ un libro, รจ una persona, รจ Gesรน di Nazaret, il pane della vita.
- Pubblicitร -
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โBeati coloro che hanno fame e sete della Parola del Signore fattasi carneโ.
Prima Lettura (1 Re 19,4-8)
In quel tempo Eliaย 4ย si inoltrรฒ nel deserto una giornata di cammino e andรฒ a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: โOra basta, Signore! Prendi la mia vita, perchรฉ io non sono migliore dei miei padriโ.ย 5ย Si coricรฒ e si addormentรฒ sotto il ginepro.Allora, ecco un angelo lo toccรฒ e gli disse: โAlzati e mangia!โ.ย 6ย Egli guardรฒ e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio dโacqua. Mangiรฒ e bevve, quindi tornรฒ a coricarsi.7ย Venne di nuovo lโangelo del Signore, lo toccรฒ e gli disse: โSu mangia, perchรฉ รจ troppo lungo per te il camminoโ.ย 8ย Si alzรฒ, mangiรฒ e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminรฒ per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, lโOreb.
Lโarcheologia conferma che il regno Acab (874-853 a.C.) fu uno dei piรน prosperi di Israele. Acab fu un sovrano abile e accorto, fortificรฒ le cittร di Meghiddo e di Hazor dotandole di porte monumentali, mura poderose, ampi magazzini e impressionanti sistemi per lโapprovvigionamento dโacqua che rimangono ancora oggi. Favorรฌ il commercio, stipulรฒ alleanze con i popoli vicini, costruรฌ palazzi lussuosi, decorati con avori scolpiti secondo lo stile artistico egiziano. Eppure, su di lui la Bibbia pronuncia un giudizio severo: โNessuno si รจ mai venduto a fare il male agli occhi del Signore come Acab, istigato dalla propria moglie Gezabele. Commise molti abomini, seguendo gli idoliโ (1 Re 22,25-26).
Gezabele era la giovane, tanto affasciante quanto perfida, figlia del re di Tiro. Era giunta in Samaria accompagnata da uno stuolo di profeti di Baal e Astarte e, con lusinghe e malie, aveva indotto il marito ad erigere un tempio a queste divinitร , adorate in Fenicia e ritenute dispensatrici di feconditร nei campi e negli animali. Fu lโinizio, in Israele, della corruzione religiosa, della dissolutezza morale, delle ingiustizie sociali che culminarono in crimini come lโuccisione di Nabot (1 Re 21) e in pratiche orrende come i sacrifici umani (1 Re 16,34).
Inaspettatamente, ecco apparire sulla scena un uomo coraggioso e risoluto che osa sfidare Gezabele, la regina che รจ allโapice del potere e puรฒ disporre a piacimento del sigillo del re. ร Elia, il profeta venuto da Tisbe, una cittร situata a oriente del Giordano. Le sue parole sono sferzanti, le sue denunce bruciano come fuoco (Sir 48,1); minaccia, invoca castighi del cielo, compie prodigi e, per tre anni, ordina alla pioggia di non irrorare la terra; sfida i profeti di Baal sul monte Carmelo e li vince (1 Re 18), ma, alla fine, deve arrendersi; Gezabele รจ troppo forte e lo cerca ovunque per toglierlo di mezzo. Si sente solo, abbandonato da tutti, รจ convinto che tutto il popolo abbia tradito il Signore e abbia seguito Baal e Astarte.
Non ha scelte, si deve rassegnare alla sconfitta. Prima si nasconde, poi fugge verso sud; vuole raggiungere il monte di Dio, lโOreb, dove Mosรจ, quattrocento anni prima, ha incontrato il Signore. Per non cedere alle lusinghe di Acab e alle minacce di Gezabele, ha bisogno di una fede solida e, per irrobustirla, decide di ripercorrere il cammino di Mosรจ.
Parte, ma la traversata del deserto รจ impegnativa e le difficoltร quasi insormontabili, resiste fin che puรฒ, ma poi, sfiduciato, si deve arrendere. ร a questo punto che inizia la nostra lettura.
Elia si siede sotto un albero e invoca la morte. Signore โ implora โ adesso basta! Per me รจ meglio morire, io non sono migliore dei miei padri; se essi hanno fallito, non posso illudermi di riuscire io a spuntarla, le mie parole non avranno mai un impatto significativo sulla realtร sociale e politica e sulle scelte religiose del mio popolo (v. 4).
Ha bisogno di forza Elia e il vigore lo dร il cibo, il pane, e il Signore glielo fa trovare. Si noti bene: Dio non sottrae alla prova il suo profeta, non lo solleva dalla fatica, non lo dispensa dal duro viaggio, facendolo trasportare, miracolosamente, da un angelo. Il deserto deve essere attraversato e le difficoltร affrontate. Gli offre lโalimento necessario e questo basta.
Il brano conclude: โCon la forza datagli da quel cibo, Elia camminรฒ per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, lโOrebโ (v. 8).
In questo contesto il numero quaranta richiama i quarantโanni trascorsi da Israele nel deserto ed รจ il simbolo dellโintera vita.
La vicenda di Elia รจ la nostra. Ci sono momenti in cui ci sentiamo, come il profeta, intimamente delusi e non troviamo conforto neppure in Dio, nella fede, nei fratelli della comunitร . Conflitti, incoerenze, pettegolezzi, invidie, meschinitร sono motivi di abbattimento, inquietudine e, a volte, persino di disperazione.
Dio non si dimentica di noi, รจ sempre al nostro fianco, ci accompagna come ha fatto con Elia. Non ci esenta dal lavoro, non si sostituisce a noi; quando siamo stanchi non ci carica sulle spalle, ma ci indica il cammino da percorrere e non ci lascia mancare il pane che ridona vigore.
Non pensiamo subito al pane eucaristico del quale parleremo la prossima domenica. Lโalimento che, in ogni circostanza della vita, dona forza e infonde coraggio รจ la parola di Dio. Quando ci si trova in difficoltร , quando si รจ demoralizzati e avviliti per ciรฒ che accade nel mondo e nella chiesa, forse ci sfoghiamo con qualche amico, andiamo a piangere sulle spalle di qualcuno, convinti di trovare aiuto e conforto. Dimentichiamo che รจ il pane della Parola che dona luce, consolazione e speranza.
Seconda Letturaย (Ef 4,30-5,2)
30 E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione.
31 Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignitร . 32 Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.
5,1 Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, 2 e camminate nella caritร , nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
Per evitare che potessero fuggire, sulla pelle degli schiavi era impresso un marchio a fuoco, indelebile, segno della loro definitiva appartenenza a un padrone.
Paolo ricorre a questa immagine per definire la condizione del cristiano. Nel battesimo il discepolo ha ricevuto, dal fuoco dello Spirito santo, un sigillo che dimostra la sua appartenenza a Dio (v. 30).
Da questa sua nuova realtร derivano conseguenze morali, formulate dallโautore della Lettera agli efesini prima in forma negativa, poi in forma positiva: ci sono vizi che devono essere evitati (v. 31) e virtรน che vanno praticate (v. 32).
I vizi elencati sono sei e, questo va tenuto presente, riguardano tutti il mancato controllo della lingua. Nel versetto che precede la nostra lettura, รจ stato raccomandato: โNessuna parola cattiva esca piรน dalla vostra bocca, ma solo parole buoneโ (v. 29).
Vale la pena di passare brevemente in rassegna questi vizi perchรฉ, spesso, nelle comunitร cristiane, si creano tensioni e si registrano scandali perchรฉ non ci si rende nemmeno conto della gravitร di questi peccati.
Lโasprezza si riferisce alle parole offensive di chi si ritiene superiore agli altri e sfoga sui piรน deboli che gli stanno accanto il proprio nervosismo, le proprie delusioni e insoddisfazioni. ร un vizio che si manifesta frequentemente nei rapporti fra familiari.
Lo sdegno รจ la reazione aggressiva di chi si sente offeso o privato di qualcosa che gli spetta. Se vede lesi i propri diritti, non solo non misura piรน le parole, ma passa anche a vie di fatto.
Lโira si manifesta nelle espressioni offensive di chi coltiva nel proprio cuore rancori e desideri di vendetta ed รจ incapace di dominare i propri impulsi primitivi e violenti.
Per clamore si intendono le urla delle risse, delle liti, delle furiose discussioni.
La maldicenza indica il pettegolezzo, il piacere morboso di divulgare il male, gli errori, le debolezze degli altri.
Nel termine malignitร sono compresi tutti gli altri vizi che sarebbe lungo elencare.
La parte positiva chiarisce quale deve essere il comportamento del cristiano: benevolo, mite e, soprattutto, ispirato a sentimenti di misericordia, che รจ la prima delle caratteristiche di Dio (Es 34,6).
Lโautore conclude le sue raccomandazioni invitando il cristiano a imitare Dio, suo padre, e a praticare lโamore vicendevole, sullโesempio di Cristo che ha dato se stesso per noi (5,1-2). In Gesรน lโamore del Padre si รจ reso visibile e costituisce, per ogni figlio, un invito a seguirne le orme.
Vangelo (Gv 6,41-51)
41ย I giudei mormoravano di Gesรน perchรฉ aveva detto: โIo sono il pane disceso dal cieloโ.ย 42ย E dicevano: โCostui non รจ forse Gesรน, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come puรฒ dunque dire: Sono disceso dal cielo?โ.43ย Gesรน rispose: โNon mormorate tra di voi.ย 44ย Nessuno puรฒ venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterรฒ nellโultimo giorno.ย 45ย Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me.ย 46ย Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.ย 47ย In veritร , in veritร vi dico: chi crede ha la vita eterna.48ย Io sono il pane della vita.ย 49ย I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti;ย 50ย questo รจ il pane che discende dal cielo, perchรฉ chi ne mangia non muoia.51ย Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrร in eterno e il pane che io darรฒ รจ la mia carne per la vita del mondoโ.
Nellโultima parte del brano della scorsa domenica, abbiamo udito Gesรน dichiarare: โIo sono il pane della vitaโ. Egli รจ โpaneโ in quanto sapienza di Dio. Chi assimila la sua proposta sazierร la fame e la sete di felicitร e di amore (Gv 6,35).
Di fronte a questa pretesa inaudita, i giudei reagiscono nel modo piรน risoluto. Sono convinti di essere giร in possesso del โpaneโ che sazia: la Torร h, la parola del Signore contenuta nelle sacre Scritture. Il Siracide ha chiaramente indicato il cibo e la bevanda offerti da Dio al giusto: โLo nutrirร con il pane dellโintelligenza, lo disseterร con lโacqua della saggezzaโ (Sir 15,3). Israele non ha bisogno di altro pane e non puรฒ ammettere che un uomo proponga se stesso quale โpane della vitaโ.
Sconcertati, i giudei non si rivolgono direttamente a Gesรน, ma mormorano tra di loro: โCostui non รจ forse il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come puรฒ dunque dire: sono disceso dal cielo?โ (vv. 41-42).
Mormorare non significa sollevare qualche riserva, ma contestare, rifiutare lโaffermazione provocatoria e scandalosa che hanno udito. ร inaccettabile che Gesรน pretenda di incarnare la sapienza di Dio, di riprodurre nella propria persona il Signore tre volte santo.
Chiariremo lโidentitร di questi interlocutori, designati da Giovanni come giudei, ma prima dobbiamo capire bene il significato della loro obiezione. Come puรฒ Gesรน essere il pane della sapienza di Dio discesa dal cielo?
โDio non lโha mai visto nessunoโ (Gv 1,18) e non puรฒ nemmeno essere visto, riferiscono molti testi della Bibbia (Es 33,20; 1 Tm 6,16). Eppure, lungo i secoli, gli uomini hanno sempre provato un ardente desiderio di incontrarlo, di conoscere la sua volontร e i suoi progetti sul mondo (Es 33,18).
Hanno cominciato a scorgere qualche tratto del suo volto quando, alzando gli occhi, hanno contemplato โil fuoco, il vento, lโaria sottile, la volta stellata, lโacqua impetuosa e i luminari del cieloโ (Sap 13,2), sono rimasti stupiti dalla loro bellezza e sono giunti a scoprirne lโautore. โCiรฒ che di Dio si puรฒ conoscere, Dio stesso lo ha manifestato. Infatti, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate, con lโintelletto, nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinitร โ (Rm 1,19-20).
Ma Dio non si รจ limitato a rivelare se stesso attraverso il creato. Nella pienezza dei tempi, si รจ presentato nel mondo. Ora รจ possibile vederlo, toccarlo, ascoltarlo in un uomo, Gesรน di Nazaret, che รจ il volto umano di Dio; chi vede lui โvede il Padreโ (Gv 14,9-11).
I giudei mormorano, cioรจ, si rifiutano di seguire questo cammino che porta a Dio. Ritengono inconcepibile che un uomo possa avanzare la pretesa di rendere presente il Signore, sono spaventati dallโidea di un Dio che si fa uomo, convinti che lโOnnipotente abbia il suo trono nei cieli, viva lontano dal mondo e manifesti la sua maestร e la sua forza attraverso interventi prodigiosi e voci arcane. Non concepiscono che si riveli in un uomo debole e fragile, in un figlio di falegname.
Gesรน riconosce che nessuno ha visto il Padre (v. 46), ma indica il modo per poterlo contemplare; assicura che si puรฒ vedere Dio attraverso di lui, osservando ciรฒ che egli fa, chi frequenta, chi rimprovera, chi difende, a chi si avvicina, chi accarezza, da chi si lascia toccare, da chi si lascia baciareโฆ perchรฉ i suoi i gesti, le sue scelte, le sue preferenze sono quelle del Signore.
Per qualcuno lโumanitร di Cristo รจ lโintermediario che conduce a Dio, per altri รจ un impedimento. Oggi, come in passato, le prese di posizioni di fronte a lui si diversificano: si va dallโaccoglienza entusiasta, allโindifferenza, al rifiuto, allโopposizione astiosa.
Per cogliere il messaggio del brano, รจ importante identificare gli interlocutori di Gesรน. Lโevangelista li chiama giudei.
Siamo in Galilea e risulta davvero strano che Giovanni chiami giudei gli abitanti di Cafarnao, che sono galilei, gente che conosce bene lโorigine e la famiglia di Gesรน.
Nel vangelo di Giovanni, il termine giudei non ha una connotazione etnicoโgeografica, ma teologica. Indica chiunque assuma un atteggiamento ostile a Gesรน e si rifiuti di credere che egli รจ la rivelazione piena e definitiva di Dio
Non รจ la reazione del popolo giudaico di duemila anni fa che interessa allโevangelista; ciรฒ che gli preme รจ far capire ai suoi lettori che oggi essi sono posti di fronte a unโalternativa e devono scegliere fra la sapienza del vangelo, che รจ pane di vita, e lโastuzia del mondo, che รจ veleno di morte. Oggi essi sono invitati a credere che in Cristo รจ presente tutta la sapienza di Dio.
Purtroppo, oggi, come allora, molti si limitano a riconoscere in Gesรน lโuomo saggio che ha indicato vie di giustizia e di pace, uno dei tanti profeti, forse anche il maggiore dei profeti, ma, pur stimandolo, lo ritengono un semplice uomo, โil figlio di Giuseppeโ e non si rendono conto, o si rifiutano di accettare, che egli รจ lโUnigenito del Padre (Gv 1,14); non credono che โDio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perchรฉ chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eternaโ (Gv 3,16).
Perchรฉ questo accade, qual รจ la radice dellโincredulitร ?
A questo enigma si risponde nella seconda parte del brano di oggi (vv. 43-47).
Qualcuno si ciba della parola di Cristo, pane di vita, qualche altro esita o รจ incapace di comprenderla. La ragione โ spiega Gesรน โ รจ che nessuno puรฒ andare a lui, se non lo attira il Padre che lo ha mandato (v. 44). La scoperta del โpane del cieloโ non รจ una conquista dellโuomo, ma un dono gratuito del Padre.
Come mai questo dono non รจ offerto a tutti? Dio favorisce forse alcuni e ostacola altri? A qualcuno fa incontrare il โpane del cieloโ, ad altri lo rifiuta?
Dio dร a tutti la possibilitร di conoscerlo: โTutti saranno ammaestrati da Dioโ โ risponde Gesรน (v. 45).
Il riferimento รจ allโoracolo del profeta Geremia che ha annunciato: โEcco verranno giorni โ dice il Signore โ nei quali porrรฒ la mia legge nel loro animo, la scriverรฒ sul loro cuore. Allora io sarรฒ il loro Dio ed essi il mio popolo. Non dovranno piรน istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perchรฉ tutti mi conosceranno, dal piรน piccolo al piรน grandeโ (Ger 31,34).
Lโistruzione che il Signore dร a tutti รจ il suo Spirito, lโimpulso divino che agisce nellโintimo di ogni uomo e lo sospinge sulle vie della vita. Purtroppo non sempre e non tutti lo assecondano, non tutti apprendono i suoi ammaestramenti, sono docili ai suoi impulsi; โsolo chi impara da luiโ accoglie Gesรน (v. 45).
La domanda da porsi quindi รจ una sola: mi lascio istruire dallo Spirito di Cristo oppure, come i giudei del tempo di Gesรน, rifiuto il โpane del cieloโ e preferisco cibi di morte?
Fino a questo punto del suo discorso Gesรน non ha ancora invitato i suoi ascoltatori a โmangiareโ il pane disceso dal cielo. Si รจ limitato a identificare se stesso con questo pane. Nellโultima parte (vv. 48-51) del brano egli, per la prima volta, dichiara che, per avere la vita, รจ necessario mangiare il pane che รจ la sua carne.
La manna che gli israeliti gustarono nel deserto non comunicรฒ la vita piena, infatti, morirono tutti. Solo chi mangia il pane venuto dal cielo vivrร in eterno.
Per non equivocare sul senso dellโinvito di Gesรน a mangiare โla sua carneโ bisogna tenere presente cosa significa, nel vangelo di Giovanni, questo termine. Nella concezione semitica la carne non si identifica con i muscoli, indica la parte debole, fragile, precaria della persona, si riferisce a tutto lโuomo in quanto destinato alla morte. Dio sente compassione degli uomini โ dice il salmista โ perchรฉ โricorda che essi sono carne, un soffio che va e non ritornaโ (Sl 78,39). Quando, nel prologo del suo vangelo, Giovanni afferma: โIl verbo si fece carneโ (Gv 1,14), non si riferisce al fatto che il Figlio di Dio ha assunto le sembianze esteriori di un uomo, ma che si รจ fatto in tutto simile a noi, accogliendo anche gli aspetti piรน precari della nostra condizione.
Mangiare questo Dio fattosi carne significa riconoscere che attraverso โil figlio del falegnameโ passa la rivelazione piena di Dio, significa accogliere la sapienza venuta dal cielo anche se la si vede rivestita di carne, cioรจ di tutti gli aspetti caduchi che caratterizzano la nostra debolezza umana.
Ribadiamo: non si parla ancora dellโeucaristia. Gesรน si riferisce sempre al suo messaggio, al suo vangelo che gli uomini sono invitati ad assimilare, come pane, fino a costituire la loro stessa vita. Dellโintimo rapporto fra questa accoglienza della Parola ed il segno del pane eucaristico, si tratterร la prossima domenica.