GESÙ, AGNELLO CHE TOGLIE IL PECCATO DEL MONDO
Il mondo ci prova, ha tentato, ma non ce la fa a fiorire secondo il sogno di Dio: gli uomini non ce la fanno a raggiungere la felicità.
Dio ha guardato l’umanità, l’ha trovata smarrita, malata, sperduta e se n’è preso cura. È venuto, e invece del ripudio o del castigo, ha portato liberazione e guarigione.
Lo afferma il profeta roccioso e selvatico, Giovanni delle acque, quando dichiara:
ecco l’agnello che toglie il peccato del mondo.
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Sono parole di guarigione, eco della profezia di Isaia, rilanciata dalla prima Lettura: ecco il mio servo, per restaurare le tribù di Giacobbe. Anzi, è troppo poco: per portare la mia salvezza fino all’estremità della terra.
Giovanni parlava in lingua aramaica, come Gesù, come la gente del popolo, e per dire “ecco l’agnello” ha certamente usato il termine “taljah”, che indica al tempo stesso “agnello” e “servo”.
E la gente capiva che quel giovane uomo Gesù, più che un predestinato a finire sgozzato come un agnello nell’ora dei sacrifici nel cortile del tempio, tra l’ora sesta e l’ora nona, era invece colui che avrebbe messo tutte le sue energie al servizio del sogno di Dio per l’umanità, con la sua vita buona, bella e felice.
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Servo-agnello, che toglie il peccato del mondo.
Al singolare.
Non i peccati,
ma piuttosto la loro matrice e radice,
la linfa vitale,
il grembo che partorisce azioni che sono il contrario della vita,
quel pensiero strisciante che si insinua dovunque,
per cui mi importa solo di me, e non mi toccano le lacrime o la gioia contagiosa degli altri.
Non mi importano, non esistono, non ci sono, non li vedo.
Servo-agnello, guaritore dell’unico peccato che è il disamore.
Non è venuto come leone, non come aquila,
ma come agnello,
l’ultimo nato del gregge,
a liberarci da una idea terribile e sbagliata di Dio, su cui prosperavano le istituzioni di potere in Israele.
Gesù prende le radici del potere, le strappa, le capovolge al sole e all’aria, capovolge quella logica che metteva in cima a tutto un Dio dal potere assoluto, compreso quello di decretare la tua morte;
e sotto di lui uomini che applicavano a loro volta questo potere, ritenuto divino, su altri uomini, più deboli di loro, in una scala infinita, giù fino all’ultimo gradino.
L’agnello-servo, il senza potere, è un “no!” gridato in faccia alla logica del mondo, dove ha ragione sempre il più forte, il più ricco, il più astuto, il più crudele.
E l’istituzione non l’ha sopportato e ha tolto di mezzo la voce pura, il sogno di Dio.
Ecco l’agnello,
mitezza e tenerezza di Dio che entrano nelle vene del mondo, e non andranno perdute, e porteranno frutto; se non qui altrove, se non oggi nel terzo giorno di un mondo che sta nascendo.
Per gentile concessione di p. Ermes, fonte.