Cristo è Risorto: Cercatelo tra i Vivi
In questo video di padre Ermes Ronchi riflette sul significato della Pasqua, sottolineando come l’annuncio della risurrezione sia stato affidato alle donne e come la fede non consista nel credere in un Gesù morto, ma in un Cristo vivo e presente.
Padre Ronchi evidenzia che la tomba vuota è il primo segno della vittoria sulla morte, ma è l’incontro con il Risorto che trasforma la disperazione in fede. Egli insiste sul fatto che Cristo non va cercato tra le cose morte, ma è vivo e operante nel mondo.
La Pasqua, quindi, non è un evento concluso, ma un continuo rilancio della vita e dell’amore che supera ogni barriera, inclusa la morte. Padre Ermes accenna anche a un dialogo con un non credente per illustrare la differenza cruciale tra un Gesù considerato un grande uomo del passato e un Cristo vivo che trasforma l’esistenza.
Trascrizione del video:
Ecco la trascrizione del video “Cercatelo dappertutto, ma non tra le cose morte” con i paragrafi e la punteggiatura corretta:
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Cristo è risorto veramente, alleluia! Gesù il vivente qui con noi resterà. Primo giorno al mattino presto esse si recarono al sepolcro. Luca si è dimenticato di scrivere il soggetto di questo andare, ma non occorre: ovvio, lo sappiamo tutti che sono loro, le donne, le stesse che il venerdì non sono arretrate di un millimetro dal piccolo confine di sangue della croce. Se sappiamo come è morto, lo dobbiamo a loro, ai loro occhi velati di lacrime e pieni del volto del crocifisso, a loro che ne hanno raccolto l’ultimo grido, a loro che gli si è fermato il cuore quando hanno sentito fermarsi il cuore di Dio.
Poi, giorno dopo, nel grande sabato, giorno di cucitura tra la morte e il parto della vita, hanno preparato oli aromatici e profumi per contrastare, come possono, come sanno, la morte. Mi commuove sempre se penso che l’annuncio della notizia più importante della storia è stato affidato a delle donne che non potevano neppure parlare in pubblico se non interrogate. E allora nessuno dica: “Io non so parlare, io balbetto, io non sono un prete o un catechista”. Neanche le donne di Pasqua lo erano. E allora tutti, donne e bambini per primi, siamo chiamati ad essere i messaggeri imperfetti di una notizia perfetta.
“Non cercate tra i morti colui che è vivo. Non è qui. Non è un sogno, non è una illusione, non è un simbolo. Tomba vuota”. E ce lo assicurano le donne del mattino, e poi Pietro, e poi Giovanni, e centinaia di fratelli e sorelle che l’hanno visto risorto, e poi migliaia che l’hanno fatto giungere fino a noi la notizia mettendoci la vita, lasciandoci il sangue. Non c’è nessun corpo dentro la tomba: è il primo segno. Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita. Manca un ucciso alla contabilità della violenza, i suoi conti sono in rosso, sono sbagliati.
Ma davanti alla pietra rovesciata, per le donne non c’è subito il balzo della fede. Si alza una immensa domanda di senso: cos’è questo? Non basta un sepolcro vuoto a far credere; magari quella madre di Gaza, venuta di corsa come Maddalena, avesse trovato la fossa comune vuota. È necessaria una nuova annunciazione. Ed ecco due uomini sfolgoranti vestiti di lampi: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto!”.
In questo annuncio c’è una cascata di cose belle, una cascata di bellezza: il nome delle donne prima di tutto, “cercatrici”, creature cioè di desiderio e di ricerca, che è poi il nome di ogni uomo, di ogni donna. Poi danno il nome a Gesù: colui che è vivo, quello che avete visto morire e poi chiudere in un buco nella roccia, quell’uomo che sapeva di cielo, che ha aperto orizzonti infiniti, è vivo. E l’abbiamo sentito nella seconda lettura: “Cristo, vostra vita”.
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Ho imparato la fede di Pasqua, sapete, da un maestro che più improbabile non si può: a Milano, da un docente di filosofia teoretica all’Università della Bicocca che frequentava la libreria nostra a San Carlo in cerca di pensieri nuovi. Un giorno che si parlava di Gesù in libreria mi disse: “Sai qual è la differenza tra te che credi e io che non credo? Vedi, anche per me Gesù è un grandissimo, forse il più grande uomo della storia. La differenza è una, una sola: che per te Gesù è vivo, per me purtroppo è morto, ucciso il 14 del mese di Nisan nell’anno 30 sotto Ponzio Pilato. La differenza tra fede e non fede non è neanche Gesù, è la Pasqua di Gesù, il tema più arduo e più bello e più difficile di tutta la Bibbia.“
E anche le donne non riescono a crederci subito, e gli apostoli ancora di meno. Perché se è vivo, tutto quello che ha detto e fatto è vero; ma non è un maestro, non è un ricordo, è vivo e lo incontri e ci inciampi addosso, lo urti, ti tocca, ti parla, ti abbraccia: basta prenderne coscienza.
E poi la terza cosa bella che dicono gli angeli: “Non è qui, lui c’è, è Cristo è, ma non qui, è altrove, più avanti. Cercatelo dappertutto, ma non fra le cose morte, non nei cimiteri: è in giro per le strade, per gli occhi, per i cuori, bussa alle case e aspetta che gli si apra”. Il Vangelo è un libro infinito, proprio per questo entusiasmante, proprio per questo, perché non termina mai con una conclusione, ma sempre con una ripartenza, con un rilanciare la strada: c’è vita davanti, c’è vita e non finisce mai.
“Non è qui, è oltre”. Quarta cosa che dicono gli angeli: “È risorto!”. E lo dicono con un verbo umile, concreto: “Si è svegliato”. Non sanno come dire la risurrezione gli evangelisti, e allora Luca, Marco, Matteo prendono in prestito i verbi di ogni nostro mattino, quando ci svegliamo e riprendiamo vita, lavori, amori, gioie: “Si è svegliato” è il primo verbo; “si è alzato” è il secondo verbo che usano per dire la risurrezione.
E allora c’è la nostra piccola risurrezione quotidiana ogni mattino, la nostra annunciazione quotidiana ogni mattino. La vita è qui, ma è anche oltre. E allora siamo tutti creature di desiderio e creature di ricerca come le donne di Pasqua, e poi creature di stupore come Pietro che termina il Vangelo di Luca. Perché la Pasqua è illogica, perché non è possibile, è tutto contro ragione quella mattina. È certo che è così: ogni filosofo, ogni biologo, ogni scienziato ve lo saprà dire.
Ma noi oggi ripartiamo dallo stupore, ripartiamo da lì. Guardiamo il nostro Dio che lava i piedi ai suoi. Guardiamo il crocifisso inchiodato e perdonante che dice a tutti e sussurra a me: “Io ti amo, io ti amo, io ti amo”, proprio me, sì. È il grido di quella sera a Gerusalemme, quello della prima canzone che ha aperto la liturgia: “È veramente risorto!”. Guardate, gli ortodossi si salutano ancora con i verbi greci del Vangelo: “Christos anesti! Alithos anesti!”. Cristo è risorto! È veramente risorto!.
Oggi che celebriamo la Pasqua con tutte le chiese cristiane in questa giornata di coincidenza provvidenziale, noi ripetiamo come loro: “Cristo è veramente risorto!”. Veramente, non apparentemente, come una illusione, una visione un po’ fantasiosa, non idealmente, non nel pensiero, nel ricordo (un ricordo che non si cancella), non probabilmente, come se la risurrezione fosse una delle spiegazioni probabili della tomba vuota, non simbolicamente, come simbolo della rinascita della vita a primavera, non apparentemente, non idealmente, non probabilmente, non simbolicamente: Cristo è veramente risorto!.
E infatti non è l’anima che risorge, è il corpo, e nella tomba non c’è più. Siamo stati molti di noi al Santo Sepolcro a Gerusalemme come milioni di credenti: cosa siete andati a vedere? Nient’altro che ciò che hanno visto Maria di Magdala e le altre, a constatare che è un vuoto, che c’è un angelo che silenziosamente ripete a ciascuno: “Non è qui, solo questo: non è qui, vive e ti precede”.
Allora Pasqua ci ricorda che nella vita è nascosto un segreto. Il segreto è questo: l’amore vero esiste e non c’è tomba che lo possa fermare. C’è un movimento dentro la vita che non la fa mai restare ferma, che la rimette in moto dopo ogni morte, che la rilancia dopo ogni caduta. Per ogni uomo che uccide ce ne sono cento che amano e milioni di donne che danno la vita. Per ogni uomo che uccide ci sono mille ciliegi che continuano ostinatamente a fiorire. Un movimento d’amore che non ha mai fine, che nessuna violenza potrà mai arrestare, perché? Perché un flusso divino di risurrezione prende dentro di sé ogni cosa e la solleva. Non siamo chiamati a capire la risurrezione, ma ad aggrapparci ad essa. Un amore che è la sorgente di tutto. E allora Pasqua non si lascia sgomentare. La notte è lunga, la notte è dura, c’è notte sul mondo, ma la Pasqua non si lascia sgomentare. Se la morte è in agguato, anche la vita di Dio è sempre in agguato. Se il dolore è a un passo, è a un passo anche l’amore vivo per sempre.