UN SOGNO DAL SAPORE DI PANE
Lc 24,35-48
Com’è difficile credere!
Si fondono insieme dubbi ed una gioia eccessiva: troppo bello per essere vero!
Non basta nemmeno il cuore che balza nel petto.
«Non sono un fantasma», dice sottovoce Gesù:
non sono un’illusione,
non sono un mantello di parole, pieno di vento.
E sento il suo umile desiderio
di essere abbracciato
come un amico che torna da lontano,
di essere stretto
con lo slancio diretto
di chi ti vuole bene.
Non si ama un fantasma,
e io voglio l’amore.
Io ho vita piena: guardate! Vedete! Toccate! Mangiamo insieme!
Ma come toccarlo oggi, dove vederlo?
Quando scorre l’amore.
Quando tocco,
con emozione e venerazione, le piaghe della terra: «ecco io carezzo la vita perché profuma di Te» (Rumi).
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Non alla gioia,
non alla visione,
non alle profezie,
gli apostoli si arrendono
ad una porzione di pesce arrostito,
al più semplice dei segni,
al più umano e primitivo bisogno.
Signore così umile che ti avvicini a questi nostri sensi,
che lamenti il tuo bisogno piccolo e concreto,
perché ti possiamo toccare,
per venirci più vicino possibile!
Gli apostoli,
ora segnati per sempre,
lo daranno come prova: abbiamo mangiato con lui dopo la sua risurrezione (At 10,41).
Lui è l’amico
che dà sapore al pane.
E mi assicura che la salvezza non sta
nei miei digiuni per lui,
ma nel suo mangiare
con me pane e sogni.
Lo conoscevano bene Gesù,
dopo tre anni di vento, pesci,
villaggi,
di fame di pane
e di occhi negli occhi.
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Eppure ora non lo riconoscono,
perché la Risurrezione
non è semplicemente tornare alla vita di prima:
è trasformazione.
Gesù è lo stesso
ed è diverso,
è il medesimo
ed è trasformato,
è quello di prima
ed è altro.
Mi consola la fatica
dei discepoli a credere,
il loro oscillare
tra paura e gioia.
È la garanzia che
Gesù risorto non è
una loro invenzione,
ma è l’evento che, spiazzandoli, li costringe ad andare avanti,
dentro il tocco di Dio
che entra nella carne,
e la trasfigura.
E si fa pace (pace a voi!) più grande di ogni mio diritto;
e si fa intelligenza
che io non ho conquistato
(svelò loro il senso delle scritture),
perché finora avevano capito solo ciò che li confermava nelle loro idee.
Non è un mito,
è parola come spada,
che svela e apre la vita;
pane e vino che bastano
ai giorni: abita in me,
mi chiama e mi sorride come nessuno.
Talvolta vive al posto mio
e cose più grandi di me
mi accadono:
c’è bisogno di pace per cogliere il senso delle cose, e quando sentiamo il cuore in tumulto è bene fermarci, fare silenzio,
non parlare.
E conclude il Vangelo:
di me voi siete testimoni. Non predicatori,
ma testimoni,
è altra cosa.
Con la semplicità di bambini che hanno una bella notizia da dare,
e non ce la fanno a tacere, e gli fiorisce dagli occhi.
Potenza di vita che mi avvolge di pace,
di perdono,
di risurrezione.
E tutto si fa umano,
e tutto si fa vivente.
Per gentile concessione di p. Ermes – Fonte.