GIOVANNI BATTISTA IL TESTIMONE DELLA LUCE
Sacerdoti e leviti sono scesi da Gerusalemme al Giordano, una commissione d’inchiesta istituzionale, venuta non per capire ma per coglierlo in fallo:
Tu chi credi di essere?
Elia?
Il profeta che tutti aspettano?
Chi sei?
Perché battezzi?
Che cosa dici di te stesso?
Sei domande sempre più incalzanti.
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Ad esse Giovanni risponde “no”, per tre volte, lo fa con risposte sempre più brevi: anziché replicare “io sono” preferisce dire “io non sono”.
Si toglie di dosso immagini gratificanti, prestigiose, che forse sono perfino pronti a riconoscergli.
Locuste, miele selvatico, una pelle di cammello, quell’uomo roccioso e selvatico, di poche parole, non vanta nessun merito, è l’esatto contrario di un pallone gonfiato, come capita così di frequente sulle nostre scene.
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Risponde non per addizione di meriti, titoli, competenze, ma per sottrazione: e ci indica così il cammino verso l’essenziale. Non si è profeti per accumulo, ma per spoliazione.
Io sono voce,
parlo parole non mie,
che vengono da prima di me,
che vanno oltre me.
Testimone di un altro sole. La mia identità sta dalle parti di Dio, dalle parti delle mie sorgenti.
Se Dio non è, io non sono, vivo di ogni parola che esce dalla sua bocca.
La voce rigorosa del profeta ci denuda: io non sono il mio ruolo o la mia immagine.
Non sono ciò che gli altri dicono di me.
Ciò che mi fa umano è il divino in me; lo specifico dell’umanità è la divinità.
La vita viene da un Altro, scorre nella persona, come acqua nel letto di un ruscello.
Io non sono quell’acqua, ma senza di essa io non sono più.
«Chi sei tu?»
Io cerco l’elemosina di una voce che mi dica chi sono veramente.
Un giorno Gesù darà la risposta, e sarà la più bella:
Voi siete luce!
Luce del mondo.
Per gentile concessione di p. Ermes, fonte.