HomeVangelo della Domenicap. Ermes Ronchi - Commento al Vangelo di domenica 7 Gennaio 2024

p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 7 Gennaio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mc 1,7-11

Quella voce dal cielo: «Tu sei mio Figlio»

«E subito, uscendo dall’acqua vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere come una colomba ». Sento tutta la bellezza e la potenza del verbo: si squarciano i cieli, si lacerano, si strappano sotto la pressione di Dio, sotto l’impazienza di Adamo e dei poveri. Si spalancano, come le braccia dell’amata per l’amato. Noi siamo figli di un cielo lacerato per amore: vita ne entra, vita ne esce, e nessuno lo richiuderà più. Da questo cielo aperto e sonante di vita, viene, come colomba, il respiro di Dio. Una danza dello Spirito sull’acqua è il primo movimento della Bibbia ( Genesi 1,2).

Una danza nelle acque del grembo materno è il primo movimento di ogni figlio della terra. Una colomba che danza sul fiume è l’inizio della vita pubblica di Gesù. Il brano, quasi un Vangelo in miniatura, raccolto attorno a tre simboli: una voce, un figlio, una colomba. «Venne una voce dal cielo e disse “Tu sei mio Figlio”».

Primo viene il “tu”, la parola più importante del cosmo. In amore, il tu viene sempre prima dell’io. Venne una voce, con le parole proprie di una nascita: Figlio, il termine più potente per il cuore. E per la fede. Vertice della storia umana, culmine della storia divina. Era la voce di chi veniva a prendere in braccio lo storto mondo umano.​

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Seconda parola: amato. E lo sono da subito, a prescindere, prima che io faccia qualsiasi cosa, prima che io dica sì o dica no. Per quello che sono, così come sono, io sono amato. E che io lo sia, dipende da lui, non dipende da me. La terza parola: in te ho posto il mio compiacimento.

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Altro commento di fra Ermes

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LE DANZE DELL’AMORE

Il battesimo del Figlio racconta ciò che manca a Dio: essere riamato dai liberi, splendidi, meschini, traditori, amati figli che noi siamo. Sulla riva del fiume, quel giorno, una divina impazienza scese sull’umanità, squarciando finalmente il cielo che si aprì per sempre.

Gesù al Giordano ci riporta alla Genesi, alle prime immagini della Bibbia, quando lo spirito di Dio aleggiava sulle acque di un oceano gonfio di vita inespressa.

L’origine del creato è scritta sull’acqua; la nostra, nell’acqua del grembo di nostra madre.

Sulle rive del Giordano, il racconto è come una miniatura di Vangelo, ne illumina alcune tra le verità più alte. Racconta il Figlio del cielo che si immerge nel fiume dell’umanità, il fratello che scorre sul confine rischioso tra deserto e terra promessa.

Racconta di me e di te, ognuno figlio prediletto. In questa parola risiede la sostanza del battesimo: diventare figli amati, avere doppie radici nel profondo della terra e nel profondo del cielo.

Gesù non aveva alcun bisogno di farsi battezzare, è come se invece fosse lui a battezzare il Giordano, vi si immerge e lo santifica, con la sua presenza di creatura intrisa di Dio.

E Gesù, uscito dall’acqua, vide squarciarsi i cieli, vide lo Spirito volteggiare come una colomba. Noto la bellezza del particolare: il cielo si squarciò, si lacerò, si strappò.

Non può essere che la pressione dell’amore di Dio a far strappare il cielo, perché quando l’amore preme dentro con l’urgenza di uscire, dopo non può che irrompere. Sulla riva del fiume, quel giorno, una divina, amorosa impazienza scese sull’umanità, squarciando finalmente il cielo che si aprì per sempre.

Il battesimo del Figlio racconta poi ciò che manca a Dio: essere riamato dai liberi, splendidi, meschini, magnifici, traditori, amati figli che noi siamo.

La voce dal cielo ripete ad ogni battezzato: “Tu sei il Figlio mio, l’amato”, oggi ti ho generato. E ti affido al rischio di essere te stesso, figlio che diventa fratello dell’uomo.

L’immagine del cielo aperto indica la nostra vocazione: alzare gli occhi su pensieri altri, su vie alte che sovrastano le nostre vie; sentire che nella nostra vita sono in gioco forze più grandi di noi; che vengono da altrove, da una fonte fedele che non viene meno, che ci alimenta; che non abbiamo in noi la sorgente di ciò che siamo. Con questa fede possiamo anche noi aprire spazi alla luce, aprire speranza, abitare la terra con quella parte di cielo che la compone.

Una danza dello Spirito sull’acqua è il primo movimento della Bibbia. Una danza nelle acque del grembo materno è il primo movimento di ogni figlio della terra. Una colomba che danza sul fiume è l’inizio della vita pubblica di Gesù.

E una voce che dal cielo non tacerà e verrà a squarciare ancora ogni disamore: Figlio, il termine più potente per il cuore. Vertice della storia umana, culmine della storia divina, eco di Uno che viene a prendere in braccio lo storto mondo umano.

Fonte

Inciampare in una stella – Meditazioni sui vangeli dal 17 dicembre al 6 gennaio

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