Il flusso della vita divina nelle nostre vene
Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 30 Maggio 2021.
Prendete, questo è il mio corpo. Nei Vangeli Gesù parla sempre con verbi poveri, semplici, diretti: prendete, ascoltate, venite, andate, partite; corpo e sangue. Ignote quelle mezze parole la cui ambiguità permette ai potenti o ai furbi di consolidare il loro predominio. Gesù è così radicalmente uomo, anche nel linguaggio, da raggiungere Dio e da comunicarlo attraverso le radici, attraverso gesti comuni a tutti.
Seguiamo la successione esatta delle parole così come riportata dal Vangelo di Marco: prendete, questo è il mio corpo… Al primo posto quel verbo, nitido e preciso come un gesto concreto, come mani che si aprono e si tendono. Gesù non chiede agli apostoli di adorare, contemplare, venerare quel pane spezzato, chiede molto di più: “io voglio essere preso dalle tue mani come dono, stare nella tua bocca come pane, nell’intimo tuo come sangue, farmi cellula, respiro, pensiero di te. Tua vita”.
Qui è il miracolo, il batticuore, lo scopo: prendete. Per diventare ciò che ricevete. Quello che sconvolge sta in ciò che accade nel discepolo più ancora che in ciò che accade nel pane e nel vino: lui vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore metta radici il suo coraggio, che ci incamminiamo a vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta lui.
Dio in me, il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola, una stessa vocazione: non andarcene da questo mondo senza essere diventati pezzo di pane buono per la fame e la gioia e la forza di qualcuno. Dio si è fatto uomo per questo, perché l’uomo si faccia come Dio. […] Continua a leggere tutto il testo del commento su Avvenire
PICCOLO, BIANCO e SILENZIOSO
Da molti anni faccio la comunione, camminando verso l’altare a volte un po’ distratto e inaffidabile, eppure Dio non si nega.
Sull’altare, un piccolo pane bianco che non ha sapore, che è silenzio, profondissimo silenzio.
Che cosa mi può dare questo po’ di pane, lieve come un’ala, povero e così piccolo da non saziare neppure il più piccolo bambino?
Per un istante mi affaccio sull’enormità di Dio che mi cerca, Dio che è arrivato, che mi assedia, che entra e trova casa. La mia processione verso l’altare è solo un pallido simbolo del suo eterno venire verso l’uomo, verso me.
L’amore cerca casa.
La comunione, più che un mio bisogno, è un bisogno di Dio.
Sono colmo di Dio. E non riesco a dire parole, non ho doni da offrire, non ho progetti alti, non coraggio. Ma dentro qualcosa si apre, perché vi si depositi l’orma lieve di Dio.
L’amore scavalca anche Dio, se quel Dio non è l’amore stesso.
Prendete me… e non saprei come altro amarvi.
AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire PAGINA FACEBOOK