Giovanni il profeta raggiunto dalla Parola
Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 5 Dicembre 2021.
Una pagina solenne, quasi maestosa, dà avvio a questo Vangelo. Da un luogo senza nome il racconto si lancia fino al cuore dell’impero romano, sconfina dal Giordano fino al trono di Tiberio Cesare. Il Vangelo attraversa le frontiere politiche, sociali, etniche, religiose, per introdurre Gesù, l’uomo senza frontiere, l’asse attorno al quale ruotano i secoli e i millenni, mendicanti e imperatori.
Traccia la mappa del potere politico e religioso, e poi, improvvisamente, introduce il dirottamento: nell’anno 15° dell’impero di Tiberio Cesare, la parola di Dio venne… su chi? Sull’imperatore? Sul sommo sacerdote? Su un piccolo re? Su nessuno di questi, ma su di un giovane, un asceta senza tetto, che viveva mangiando il nulla che il deserto gli offriva: insetti e miele faticoso.
La Parola di Dio vola via dal tempio, lontano dalle stanze del potere, e raggiunge un povero nel deserto, amico del vento senza ostacoli, del silenzio vigile, dove ogni sussurro raggiunge il cuore. La parola discese a volo d’aquila sopra Giovanni, figlio di Zaccaria nel deserto. La nuova capitale del mondo è un luogo senza nome, nelle steppe di Giuda.
Là dove l’uomo non può neppure vivere, lì scende la parola che fa vivere. E percorreva tutta la regione del Giordano. […]
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PIANA E IMMENSA COME LA VOCE
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio…
La grande storia è riassunta da Luca nell’elenco dei sette nomi propri che tracciano la mappa del potere politico e religioso.
Alla geografia dei potenti sfuggono però un deserto, un uomo, una parola.
Il quasi nulla, quanto basta a mutare la direzione della storia.
Mentre a Roma si decidevano le sorti dei popoli, mentre Pilato, Erode, Anna e Caifa si spartivano il potere su quella terra assolata e passionale, su questo meccanismo perfettamente oliato, cade un granello di sabbia del deserto, piccolo granello di profezia.
La Parola discese, a volo d’aquila, sopra la sua preda: Giovanni, figlio di Zaccaria e del miracolo.
Scese nel deserto, dove un uomo vale solo quanto il suo cuore pulito, dove è inevitabilmente senza maschere.
Solo nel deserto la goccia di fuoco della profezia può accendersi e avvampare.
«La parola fu su Giovanni».
Metto il mio nome al posto di quello del profeta, e so per certo che molte volte la Parola è venuta inutilmente sopra di me.
Metto il mio nome, e sento che ancora viene a cercarmi per i burroni e le valli del mio quotidiano, con l’assedio implacabile dell’amore, che di me mai si stanca.
Metto il mio nome, e voglio essere granello di sabbia nel meccanismo di questa storia sbagliata.
Verrà. Su tutti e su ciascuno può scendere la Parola, perché nessuno ha meno di Giovanni, nessuno ha meno del deserto.
Verrà, purché tu sia libero come lui, mai succube o cortigiano del potere di turno.
La parola di Dio è sempre in volo in cerca di uomini e donne dove porre il suo nido, di gente vera che voglia diventare “sillaba del Verbo” (Turoldo).
Raddrizzate, appianate, colmate… diventate semplici e diritti. Se non sarò una superstrada non mi importa, mi basterà essere un piccolo sentiero nel sole.
E allora, non resistere, non trattenerti più. Viene Dio e spiana, dice Baruc, il groviglio dei tuoi monti, e sta ad ognuno, dice Giovanni, aprire la mappa delle ferite mai guarite, il labirinto dei suoi burroni, degli abbandoni patiti o inflitti.
Noi resistiamo alla Parola perché è esigente. Arrendersi significa fermarsi, ricevere un battesimo di fuoco, diventare voce che dice con la vita.
Ma ancora di più è gioire, perché la Parola è diritta come la luce, piana come la voce che ti parla al cuore, immensa da colmarti la vita.
Chi conta davvero nella storia? Erode sarà ricordato solo perché ha tentato di uccidere quel bambino; Pilato perché l’ha condannato. Conta davvero chi lascia il sogno di Dio abitare la sua carne.
Allora sii come il profeta che vede burroni colmati e monti spianati nel viaggio infinito dell’uomo verso il suo cuore. E poi, nel tuo eremo interiore, con perseveranza, rendi continuo come il respiro, normale come il pane, il dialogo del cielo.
AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire e PAGINA FACEBOOK