Beato chi cammina sulla via del Signore
Abbiamo davanti parole abissali, delle quali non riusciamo a vedere il fondo, le più alte della storia dell’umanità (Gandhi).
È la prima lezione del maestro Gesù, all’aperto, sulla collina, il lago come sfondo, e come primo argomento ha scelto la felicità. Perché è la cosa che più ci manca, che tutti cerchiamo, in tutti i modi, in tutti i giorni. Perché la vita è, e non può che essere, una continua ricerca di felicità, perché Dio vuole figli felici.
Il giovane rabbi sembra conoscerne il segreto e lo riassume così: Dio regala gioia a chi produce amore, aggiunge vita a chi edifica pace. Si erge controcorrente rispetto a tutti i nuovi o vecchi maestri, quelli affascinati dalla realizzazione di sé, ammaliati dalla ricerca del proprio bene, che riferiscono tutto a sé stessi. Il maestro del vivere mette in fila poveri, miti, affamati, gente dal cuore limpido e buono, quelli che si interessano del bene comune, che hanno gli occhi negli occhi e nel cuore degli altri. Giudicati perdenti, bastonati dalla vita, e invece sono gli uomini più veri e più liberi.
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E per loro Gesù pronuncia, con monotonia divina, per ben nove volte un termine tipico della cultura biblica, quel “beati” che è una parola-spia, che ritorna più di 110 volte nella Sacra Scrittura. […] Continua a leggere tutto il testo di questo commento su Avvenire
BEATI NOI
Lungo le nove beatitudini si srotola lenta la regola della felicità; esse non evocano atti straordinari, ma una trama di storie comuni, nostro pane quotidiano.
Beati voi, beati noi. Tutti siamo stati poveri almeno una volta, tutti siamo stati nel pianto, e quell’unica volta ci è bastata.
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Lungo le nove beatitudini si srotola lenta la regola della felicità; esse non evocano atti straordinari, ma una trama di storie comuni, nostro pane quotidiano. C’è la sorpresa di coloro che hanno pianto molto e le cui lacrime sono il tesoro di Dio, la sorpresa dei poveri fatti principi del regno. Ma nell’elenco ci siamo tutti: piccoli, miti, pacificati dentro, quelli dagli occhi puri che agli occhi impuri del mondo non contano niente, ma che sanno posare una carezza sull’anima, bianca e leggera come neve.
Le beatitudini hanno parole che sanno affascinarci, ma poi ci accorgiamo che ci è stato messo fra le mani il manifesto più difficile, stravolgente e contromano che l’uomo possa pensare.
Beati voi poveri. E ci saremmo aspettati: perché ci sarà un capovolgimento, perché diventerete ricchi. No! Beati, perché c’è più Dio in voi, c’è più libertà, meno attaccamento all’io e alle cose. Beati perché siete voi, e non i ricchi, a custodire la speranza che è possibile vivere meglio per tutti
In questo mondo di opulenza e povertà, un esercito silenzioso costruisce oasi di pace, nel lavoro, in famiglia, nelle istituzioni; ostinato nella gratuità e nella giustizia, onesto nelle piccole cose. Gli uomini delle beatitudini, ignoti al mondo, non andranno mai sui network, ma sono loro i legislatori segreti della storia.
Beati quelli che piangono. Paradossale. Felicità e lacrime mescolate insieme, indissolubili. Ma Dio è dalla parte di chi piange e non del dolore! Infatti, sono detti beati i poveri e non la povertà, non le situazioni. E’ detto felice chi non lo è, ma non perché piangere renda felici, ma perché accade una cosa nuova: «In piedi, voi che piangete, avanti: Dio cammina con voi, vi fascia il cuore, apre futuro». Un angelo misterioso annuncia a chi piange: «Il Signore è con te».
Felici i giusti. Nell’immenso andare della vita, i giusti, coloro che più hanno sofferto, conducono gli altri, li trascinano in avanti e in alto. Lo vediamo ovunque: chi ha il cuore più limpido indica la strada, chi ha pianto molto vede più lontano, chi è più misericordioso aiuta gli altri a ricominciare.
Beati i misericordiosi: sono gli unici che nel futuro troveranno la misericordia che già hanno ora e che si porteranno appresso per sempre, come un equipaggiamento in grado di attraversare l’eternità.
Fra le nove parole ce n’è una scritta per me e che devo individuare perché contiene la mia missione, la mia possibilità di essere più uomo, più libero e più vero. Su di essa sono chiamato a fare il mio percorso, per un mondo bisognoso di storie di bene, di uomini e donne che si occupino della felicità di qualcuno. E Dio si occuperà della loro.
AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire e PAGINA FACEBOOK