p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 29 Gennaio 2023

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Beato chi cammina sulla via del Signore

Abbiamo davanti parole abissali, delle quali non riusciamo a vedere il fondo, le più alte della storia dell’umanità (Gandhi).

È la prima lezione del maestro Gesù, all’aperto, sulla collina, il lago come sfondo, e come primo argomento ha scelto la felicità. Perché è la cosa che più ci manca, che tutti cerchiamo, in tutti i modi, in tutti i giorni. Perché la vita è, e non può che essere, una continua ricerca di felicità, perché Dio vuole figli felici.

Il giovane rabbi sembra conoscerne il segreto e lo riassume così: Dio regala gioia a chi produce amore, aggiunge vita a chi edifica pace. Si erge controcorrente rispetto a tutti i nuovi o vecchi maestri, quelli affascinati dalla realizzazione di sé, ammaliati dalla ricerca del proprio bene, che riferiscono tutto a sé stessi. Il maestro del vivere mette in fila poveri, miti, affamati, gente dal cuore limpido e buono, quelli che si interessano del bene comune, che hanno gli occhi negli occhi e nel cuore degli altri. Giudicati perdenti, bastonati dalla vita, e invece sono gli uomini più veri e più liberi.

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E per loro Gesù pronuncia, con monotonia divina, per ben nove volte un termine tipico della cultura biblica, quel “beati” che è una parola-spia, che ritorna più di 110 volte nella Sacra Scrittura. […] Continua a leggere tutto il testo di questo commento su Avvenire


BEATI NOI

Lungo le nove beati­tudini si srotola lenta la regola della felicità; esse non evocano atti straordinari, ma una trama di storie comuni, nostro pa­ne quotidiano. 

Beati voi, beati noi. Tutti siamo stati poveri almeno una volta, tutti siamo stati nel pianto, e quell’unica volta ci è bastata.

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Lungo le nove beati­tudini si srotola lenta la regola della felicità; esse non evocano atti straordinari, ma una trama di storie comuni, nostro pa­ne quotidiano. C’è la sorpresa di coloro che han­no pianto molto e le cui lacrime sono il tesoro di Dio, la sorpresa dei poveri fatti principi del regno. Ma nell’elenco ci siamo tutti: piccoli, miti, pacificati dentro, quelli dagli occhi puri che agli occhi impuri del mondo non contano niente, ma che sanno posare una carezza sull’anima, bianca e leggera come neve.

Le beatitudini hanno parole che sanno affascinarci, ma poi ci accorgiamo che ci è stato messo fra le mani il manifesto più difficile, stra­volgente e contromano che l’uomo possa pensare.

Beati voi po­veri. E ci saremmo aspet­tati: perché ci sarà un ca­povolgimento, perché di­venterete ricchi. No! Beati, perché c’è più Dio in voi, c’è più libertà, meno attaccamento all’io e alle cose. Beati perché siete voi, e non i ricchi, a custodire la speranza che è possibile vivere meglio per tutti

In questo mondo di opulenza e povertà, un esercito silenzioso costrui­sce oasi di pace, nel lavoro, in famiglia, nelle istituzioni; ostinato nella gratuità e nella giustizia, onesto nelle piccole cose. Gli uo­mini delle beatitudini, i­gnoti al mondo, non andranno mai sui network, ma sono loro i legislatori segreti della storia.

Beati quel­li che piangono. Paradossale. Felicità e lacrime mescolate in­sieme, indissolubili. Ma Dio è dalla parte di chi pian­ge e non del dolore! Infatti, sono detti beati i poveri e non la povertà, non le situazioni. E’ detto felice chi non lo è, ma non perché piangere renda felici, ma perché accade una cosa nuova: «In piedi, voi che piangete, a­vanti: Dio cammina con voi, vi fascia il cuore, a­pre futuro». Un angelo misterio­so annuncia a chi piange: «Il Signore è con te».

Felici i giusti. Nell’immenso andare della vita, i giusti, coloro che più hanno sofferto, conducono gli altri, li trascinano in avanti e in al­to. Lo vediamo ovunque: chi ha il cuore più limpido indica la stra­da, chi ha pianto molto vede più lontano, chi è più misericordioso aiuta gli altri a ricominciare.

Beati i misericordiosi: sono gli u­nici che nel futuro troveranno la misericordia che già hanno ora e che si porteranno appresso per sempre, come un equipaggiamento in grado di attraversare l’eternità.

Fra le nove parole ce n’è una scritta per me e che devo indivi­duare perché contiene la mia missione, la mia possibilità di essere più uomo, più libero e più vero. Su di essa sono chiamato a fare il mio percorso, per un mondo bisognoso di storie di bene, di uomini e donne che si occupino della felicità di qualcu­no. E Dio si occuperà della loro.

AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire e PAGINA FACEBOOK