p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 27 Agosto 2023

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È solo Cristo che rende appassionata la mia vita

Dopo due anni e mezzo passati con Gesù, in cammino per sentieri e villaggi, i discepoli vengono coinvolti in una sorta di sondaggio d’opinione: cosa si dice in giro di me? L’opinione della gente è bella: Rabbi, sei uno che allarga i cuori, uno bravo, un innamorato di Dio, uno che guarisce la vita.

Gesù lancia una seconda provocazione, stringe il cerchio: ma voi, voi dalle barche abbandonate, voi dei cammini con me, voi amici che ho scelto a uno a uno, che cosa sono io per voi? Le sue domande assomigliano a quelle degli innamorati: quanto conto per te? Che posto ho, che importanza ho nella tua vita?

Gesù non ha bisogno della risposta dei discepoli per sapere se è più bravo degli altri rabbini, ma per sapere se si sono innamorati di una almeno delle sue parole, se Pietro gli ha aperto il cuore. Non è facile rispondere: il primo passo è quello di chiudere i libri e i catechismi, e di guardare dentro le mie esperienze.

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Come dire chi tu sia per me Signore? Sei il mio rimorso, la mia dolce rovina; voce che sale, dice e ridice, e non tace mai, vento nelle mie vele, disarmato amore. Sei un maestro d’ali. Il secondo passo per una risposta vera è uscire dall’ovile rassicurante e immobile delle frasi fatte; via dal prontuario delle affermazioni non sofferte, che sono la rovina della comunicazione della fede.

Perdersi invece nei campi della vita: “in Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4). La Vita è teologa, è la prima catechista.

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Altro commento per gentile concessione di fra Ermes Ronchi

CHI SEI TU? CHI SONO IO?

Ma perché io gli vado dietro? Per essere felice! Per una vita piena, accesa, vibrante; lanciata in avanti, attorno, in alto. Una vita dove gli altri problemi vengono dopo.

Ogni anno, alla fine dell’estate, ritorna questa bellissima domanda di Gesù. Ogni anno con un evangelista diverso: ma voi chi dite che io sia?

Siamo nell’estremo Nord, ai piedi dell’Ermon, nel punto più lontano dalla sacralità di Gerusalemme, in zona pagana.

Qui Gesù interroga i suoi, in quello che sembra quasi un sondaggio: cosa dice di me la gente? Dicono che sei un rabbi che allarga i cuori, che sei uno innamorato di Dio. Che sei un profeta! Una creatura di fuoco, come Elia o il Battista; sei bocca di Dio e bocca dei poveri.

Ma questo non è che il preludio di ciò che davvero importa sapere al maestro: e voi?

Dopo due anni e mezzo passati in giro con Gesù il cerchio si stringe: voi, ora, adesso, chi dite che io sia? Voi dalle barche abbandonate, voi che camminate con me da anni, voi amici che ho scelto a uno a uno, cosa sono io per voi?

Provocazione che mi raggiunge in pieno: chi sono io per te?

Per rispondere occorre chiudere tutti i libri. Cosa ti è successo quando mi hai incontrato, cosa è cambiato in te?

Ma perché io gli vado dietro? Perché loro gli andavano dietro?

Per essere felici! Per una vita più piena, accesa, vibrante; lanciata in avanti, attorno, in alto. Una vita dove gli altri problemi vengono dopo.

Gesù non ha bisogno della risposta mia o di Pietro per sapere se è più bravo degli altri rabbini, lui vuole sapere se siamo innamorati, se gli abbiamo aperto il cuore.

Tu, Signore, sei uno che inquieta e non lascia in pace; sei gioia e rimorso. Impossibile per noi amarti senza sentire una mano dentro prenderci le viscere.

Gesù non era l’atteso messia potente, lui insegnava il perdono e l’amore ai nemici; quasi un anti-messia. E invece Pietro dichiara: tu sei il messia, sei mano di Dio, sei la sua carezza di libertà. Sei figlio del Dio vivente, colui che fa viva la vita e la fa fiorire, sei fontana da cui sgorga vita inesauribile.

E poi il contrappasso, bellissimo: Pietro, adesso sono io che ti dico chi sei. Tu sei pietra fondante!

Chi sono io veramente? Abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci faccia da specchio, come Pietro aiutato da Gesù a decifrarsi, ad amarsi: quel suo essere grezzo e focoso, quella parte di sé di cui si vergognava, sarebbe poi servita al messia, per amarla.

Ti darò le chiavi del Regno, del mondo nuovo come Dio lo sogna, in questa vita. Non solo Pietro ha le chiavi, ma ogni credente, con fatiche e povertà, può fare come Dio: perdonare, trasfigurare il dolore, calarsi nel prossimo, tutte cose divine che trasformano il mondo.

Sono forse anch’io una piccola roccia? Sono forse solo un piccolo sasso aguzzo? Eppure per lui nessuna piccola pietra è inutile.

Qualcosa sarò, Signore, se tu farai del mio nulla qualcosa che serva a qualcuno. E come Pietro ancora e sempre ti dirò: Signore… ma dove vuoi che io vada, se non da te?

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