Quel dono del «pane» per tutti e insieme
Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 19 giugno 2022
Mandali via, è sera ormai, e siamo in un luogo deserto. Gli apostoli si preoccupano per la folla, ne condividono la fame, ma non vedono soluzioni: «lascia che ciascuno vada a risolversi i suoi problemi, come può, dove può».
Ma Gesù non ha mai mandato via nessuno. Anzi vuole fare di quel luogo deserto una casa calda di pane e di affetto. E condividendo la fame dell’uomo, condivide il volto del Padre: “alcuni uomini hanno così tanta fame, che per loro Dio non può avere che la forma di un pane” (Gandhi). E allora imprime un improvviso cambio di direzione al racconto, attraverso una richiesta illogica ai suoi: Date loro voi stessi da mangiare. Un verbo semplice, asciutto, concreto: date. Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo, fattivo, di mani: dare (Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio (Gv 3,16), non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici (Gv 15,13).
Ma è una richiesta impossibile: non abbiamo che cinque pani e due pesci. Un pane per ogni mille persone e due pesciolini: è poco, quasi niente, non basta neppure per la nostra cena. Ma il Signore vuole che nei suoi discepoli metta radici il suo coraggio e il miracolo del dono. C’è pane sulla terra a sufficienza per la fame di tutti, ma non è sufficiente per l’avidità di pochi. […]
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LA FOLLA INCANTATA
La sorpresa di quella sera è che la fine della fame non sta nel mangiare da solo il tuo pane, ma nello spartire con gli altri il poco che hai. È volontà di Dio che anche la sua Chiesa sia capace di guarire, saziare, accogliere, capace di dare quello che ha, fosse anche la sua povertà.
“Mandali via, è sera ormai e siamo in un luogo deserto!”
Festa della vita donata, del Corpo e del Sangue di Dio in noi. Il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola; l’uomo è l’unica creatura che ha Dio nel sangue (G. Vannucci).
Per i discepoli, quella sera, Gesù aveva finito il suo lavoro. Aveva predicato, aveva nutrito la loro anima, ed era sufficiente così. Per Gesù no. Lui non riusciva ad amare l’anima senza amare i corpi, lui «parlava alle folle del Regno e guariva quanti avevano bisogno di cure». Corpo e Spirito abbracciati.
Il Vangelo trabocca di miracoli compiuti su corpi di uomini, donne, bambini. Corpi guariti che diventano laboratorio e collaudo di un mondo nuovo, risanato, liberato, respirante, dove lo Spirito può finalmente trovare casa. E sul finire del giorno quei cinquemila si incantano, a loro volta, davanti a questo sogno, tanto che devono intervenire i Dodici: Rabbi, tra poco è buio, e siamo in un luogo deserto.
Si preoccupano della gente, ma trovano la soluzione più meschina: mandali via.
Gesù non manda via nessuno, mai! Fare casa è la sua priorità, al punto che lui stesso è diventato casa per tutti, cercando casa in noi.
«Fateli sedere a gruppi», a tavolate, create mense comuni, comunità dove ognuno possa ascoltare la fame dell’altro, e faccia circolare il pane e il tempo che avrà fra le mani. Metteteli in relazione, che facciano casa.
La condivisione dei pani e dei pesci inizia con una richiesta illogica di Gesù ai suoi: date loro voi stessi da mangiare. Ma gli apostoli non sono in grado, hanno soltanto un pane ogni mille persone. Ancora una volta non hanno capito.
La sorpresa di quella sera è che la fine della fame non sta nel mangiare a sazietà, da solo, il tuo pane, ma nello spartire con gli altri il poco che hai, il bicchiere d’acqua fresca, un po’ di tempo e un po’ di cuore.
Gesù avanza questa pretesa irragionevole e profetica (date voi da mangiare) per dire a noi, alla Chiesa, di seguire la voce della profezia e non quella della ragione. Dona, allora, anche il tempo che non hai, e torneranno a te ore più liete, giorni più sereni, battiti danzanti del cuore. Tutti mangiarono a sazietà. Quel «tutti» è importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, donne di Samaria con cinque mariti e altrettanti divorzi, nessuno escluso.
È volontà di Dio che anche la sua Chiesa sia così: capace di guarire, dare, saziare, accogliere, capace come gli apostoli di mettere in comune quello che ha, fosse anche la sua povertà.
Il gioco divino, al quale quella sera tutti sono invitati, è la semplice condivisione. Ecco allora che i discepoli capiscono, e sperimentano, che il pane diventa benedizione, sempre (alzò gli occhi al cielo, lo benedisse, e lo spezzò). E non una guerra.
AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire e PAGINA FACEBOOK