E’ LUI MA NON LO E’. NON PIÙ COME PRIMA
Sconvolti, credevano di vedere un fantasma.
Dopo tre anni di Galilea, di olivi, di lago, di villaggi, di occhi negli occhi, lo conoscevano bene, eppure non lo riconoscono. Gesù è lo stesso ed è diverso, è il medesimo ed è trasformato, è quello di prima ma non più come prima, perché la Risurrezione non è un semplice tornare indietro, è andare avanti, è trasformazione, è pienezza che non si volta indietro.
Un fantasma non lo puoi stringere, come Gesù chiede. Toccatemi!
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Ma tu da chi desideri essere toccato? Solo da chi ti vuole bene!
L’incredulità degli apostoli si arrende al più umano dei bisogni: non agli angeli, non all’amicizia o alla teofania prodigiosa, ma ad una porzione di pesce arrostito.
Lo racconteranno come prova dell’incontro con il Risorto: noi abbiamo mangiato con lui dopo la sua risurrezione (At 10,41).
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Mangiare è il segno della vita, e mangiare insieme è il segno eloquente di un legame perfetto, della comunione che tiene insieme le vite.
Quel struggente lamento – non sono un fantasma – arriva fino a me. Chi sei, Signore?
Un’emozione occasionale, un gioco d’ombre sul muro della vita, un mito, pur magnifico e necessario, un rito settimanale, poco più che un fantasma?
No, Cristo è il presente e il futuro della mia carne, concreto punto nella storia che si dilata e mi coinvolge.
Non è un fantasma, è pane e vino che bastano ai giorni. Vive in me, mi chiama, si dilata dentro, piange le mie lacrime e sorride come nessuno.
Talvolta vive al posto mio e cose più grandi di me mi accadono.
E si fa pace (pace a voi!) più grande di ogni mio diritto; e si fa intelligenza che io non ho conquistato (svelò loro il senso delle scritture e della vita); e si fa orizzonte e passi d’amico lungo il cammino.
Mi consola la fatica dei discepoli a credere, è la garanzia che non si tratta di un evento da loro inventato, ma di un fatto che li ha spiazzati.
Allora Gesù pronuncia, per sciogliere paure e dubbi, i verbi più semplici e familiari: “Guardate, toccate, mangiamo insieme! Non sono un fantasma”.
Mi tormenta questo lamento di Gesù, umanissimo e dichiarato: non sono un fiato nell’aria, un mantello di parole pieno di vento…
E senti il suo desiderio di essere abbracciato come l’amico che torna da lontano, e tutti i tradimenti sono spazzati via dall’umile richiesta di affetto.
Vorrei oggi ripartire, come i due di Emmaus, alla ricerca della carne di Cristo sparpagliata nella carne del mondo, scoprire come tutti i nostri volti uniti fanno il suo unico volto. Vicinissima a te è la sua carne; affidata a te. Quando capiremo che Dio abbraccia attraverso i nostri abbracci?
Le tue mani possono ancora toccarlo e accarezzarlo, nei fratelli e nelle creature tutte. E far tacere il suo lamento: non sono un fantasma, io ho carne e ossa, toccatemi!
E siatemi testimoni.