p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 13 Novembre 2022

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L’uomo è al sicuro nelle mani del Signore

Il Vangelo adotta linguaggio, immagini e simboli da fine del mondo; evoca un turbinare di astri e di pianeti in fiamme, l’immensità del cosmo che si consuma: eppure non è di questo che si appassiona il discorso di Gesù.

Come in una ripresa cinematografica, la macchina da presa di Luca inizia con il campo largo e poi con una zoomata restringe progressivamente la visione: cerca un uomo, un piccolo uomo, al sicuro nelle mani di Dio. E continua ancora, fino a mettere a fuoco un solo dettaglio: neanche un capello del vostro capo andrà perduto. Allora non è la fine del mondo quella che Gesù fa intravvedere, ma il fine del mondo, del mio mondo.

C’è una radice di distruttività nelle cose, nella storia, in me, la conosco fin troppo bene, ma non vincerà: nel mondo intero è all’opera anche una radice di tenerezza, che è più forte. Il mondo e l’uomo non finiranno nel fuoco di una conflagrazione nucleare, ma nella bellezza e nella tenerezza.

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Un giorno non resterà pietra su pietra delle nostre magnifiche costruzioni, delle piramidi millenarie, della magnificenza di San Pietro, ma l’uomo resterà per sempre, frammento su frammento, nemmeno il più piccolo capello andrà perduto. […] Continua a leggere tutto il testo di questo commento su Avvenire


LA BEATITUDINE DEGLI OPPOSITORI

Un Vangelo così denso non anticipa le cose ultime, svela il senso ultimo delle cose. Dopo ogni crisi ecco un punto di rottura, un tornante che apre una breccia di speranza.

È la beatitudine degli oppositori.

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Dov’è la buona notizia su Dio e sull’uomo in questo Vangelo di catastrofi, in questo balenare di spade e di pianeti che cadono?

Siamo sopra il crinale ripido della storia: da un lato il versante oscuro della violenza, il cuore di tenebra che distrugge; dall’altro versante la tenerezza che salva, terra di pace dove “neppure un capello” andrà perduto.

Un Vangelo così denso non anticipa le cose ultime, svela il senso ultimo delle cose. Dopo ogni crisi ecco un punto di rottura, un tornante che apre una breccia di speranza. Verranno guerre e attentati, rivoluzioni e disinganni brucianti, ansie e paure. Sarete traditi da chi amate di più, ma voi alzate il capo e risollevatevi.

Ma voi… bellissimo questo «ma»: una disgiunzione, una resistenza a ciò che incombe oggi nel mondo. Ma voi, voi alzatevi: agite, non rassegnatevi, non omologatevi, non arrendetevi.

È la beatitudine degli oppositori.

Ringrazio il mio Signore, perché nel caos della storia il suo sguardo è fisso su di me, custode memore di ogni mio frammento. E nulla di me è troppo piccolo, per lui. È l’infi­nita cura di Dio per l’infini­tamente fragile, amante anche di un solo unico ca­pello del mio capo. Cosa c’è più affidabi­le di un Dio che si perde a contarti i capelli in capo? Che ama l’uo­mo nella sua interezza, uno solo dei capelli e tutto il suo mistero?

Dentro a tutto questo Gesù ci in­dica come camminare: con perseveranza. «Nella perseveranza salverete le vostre anime», vale a dire salverete le vostre vite. La vita si salva non nel disimpegno, ma nel tenace, umile, quotidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite. Senza cedere allo scoraggiamento né alle seduzioni dei falsi profeti.

Restare saldi nella perseveranza poiché il cristiano non evade, non si toglie, sta in mezzo al mondo e alle sue piaghe, prendendosene cura. Vicino alle croci non per caso, se capita, fortuitamente, ma nella perseveranza della vita, che sarà salva.

Ogni volta che vai fino in fondo a un’idea, a una intuizione, a un servizio sfoci nella verità della vita. Ogni atto umano perseverante nel tempo, si avvicina all’assoluto di Dio.

Cadono molti punti di riferimento, ogni giorno di più, ma questo mondo ne porta un altro nel grembo, come in una danza felice. Per ogni mondo che ogni giorno muore, ce n’è uno nuovo che ogni giorno rinasce.

La violenza alla fine si autodistruggerà. Noi lo crediamo. Ciò che deve restare inciso negli occhi del cuore è l’ultima riga di questo vangelo: risollevatevi, perché la vostra liberazione è vicina.

Che cosa posso fare? Usare la tattica del contadino. Rispondere alla grandine piantando nuovi frutteti, per ogni rac­colto di oggi perduto impe­gnarmi a prepararne uno nuovo per domani. Semi­nare, piantare, attendere, perseverare vegliando su o­gni germoglio di vita che, inarrestabile, nasce.

AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire e PAGINA FACEBOOK