Dio regala gioia a chi costruisce la pace
Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 13 Febbraio 2022
Se non siamo come sonnambuli, questo Vangelo ci dà la scossa. «Sono venuto a portare il lieto annuncio ai poveri», aveva detto nella sinagoga, eco della voce di Isaia. Ed eccolo qui, il miracolo: beati voi poveri, Il luogo della felicità è Dio, ma il luogo di Dio è la croce, le infinite croci degli uomini.
E aggiunge un’antitesi abbagliante: non sono i poveri il problema del mondo, ma i ricchi: guai a voi ricchi. Sillabe sospese tra sogno e miracolo, che erano state osate, prima ancora che da Gesù, da Maria nel canto del Magnificat: ha saziato gli affamati di vita, ha rimandato i ricchi a mani vuote (Lc 1,53).
Se Gesù avesse detto che la povertà è ingiusta, e quindi semplicemente da rimuovere, il suo sarebbe stato l’insegnamento di un uomo saggio attento alle dinamiche sociali (R. Virgili). Ma quell’oracolo profetico, anzi più-che-profetico, quel “beati” che contiene pienezza, felicità, completezza, grazia, incollato a persone affamate e in lacrime, a poveracci, disgraziati, ai bastonati dalla vita, si oppone alla logica, ribalta il mondo, ci obbliga a guardare la storia con gli occhi dei poveri, non dei ricchi, altrimenti non cambierà mai niente.
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E ci saremmo aspettati: beati voi perché ci sarà un capovolgimento, un’alternanza, diventerete ricchi. No. Il progetto di Dio è più profondo. Il mondo non sarà reso migliore da coloro che hanno accumulato più denaro. «Il vero problema del mondo non è la povertà, è la ricchezza! […]
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SCOMMESSE CONTROCORRENTE
Le beatitudini raccontano Dio che scommette su coloro sui quali la storia mai scommetterebbe: i piccoli, gli affamati, i piangenti, i rifiutati.
Come Gesù nella sinagoga di Nazaret, quando rivela la lieta notizia a poveri, oppressi, ciechi, prigionieri.
L’uomo è così, un mendicante di felicità che ad essa soltanto vorrebbe obbedire. Gesù lo sa, e incontrando il nostro desiderio profondo, gli risponde.
Beati voi poveri. Beati voi che piangete. Parole che mi lasciano disarmato. Che scendono come una spada, come rovente linea di fuoco nel mio cuore diviso.
Il luogo dove risiede la felicità è Dio. Ma il luogo dove Dio risiede è sempre la croce, dentro le infinite croci dell’uomo. E ancora una volta Dio fa ripartire il suo Adamo da un pugno di polvere.
Beati, perché? Perché è cosa buona soffrire? No. Beati voi, perché vostro è il Regno, qui e adesso, perché avete più spazio per Dio, perché avete il cuore libero, da gettare al di là delle cose. Perché c’è più futuro in voi, perché il vostro è un cuore affamato di oltre.
Beati i poveri, che non avendo cose non hanno nulla da perdere, e donano se stessi; che sono al tempo stesso mano che chiede e mano tesa che dona, in un circuito pulsante di vita. Beati, perché è con voi che Dio cambierà la storia, e non con i potenti! Con voi, piccole anfore piene di pezzi di cielo e di futuro.
Ma guai a voi, ricchi. Mi sembra di vedere Gesù girarsi lentamente verso di loro.
Mi inquieta, quel suo “guai”. Ma Dio non maledice, la sua è la tristezza del padre in ansia per la sua creatura.
Guai è un lamento, il compianto su quelli che confondono superfluo ed essenziale, che si aggrappano alle cose rubando spazio all’eterno e all’infinito, che sono senza sentieri nel cuore.
È un appello accorato, quello di Gesù: la vostra vita è senza frutto.
Il mondo non avanzerà per chi accumula, la terra non fiorirà dalle mani di chi non offre almeno un po’ di sé.
Chi è sazio non crea, si difende, e dalle sue mani fiorirà solo altra fame.
Attenti voi ricchi, state sbagliando strada perché le cose sono tiranne, idoli che divorano pensieri e affetti. Diceva Madre Teresa: ciò che non serve, pesa! E la gioia non viene dal possesso, ma dai volti.
E io? Io ho capito che un uomo vale non per il suo successo, ma per il suo cuore? «Io ho commesso un solo peccato serio, quello di non essere felice» (A. Merini).
La beatitudine di chi si mette al seguito di Gesù, sarà fare come Dio: donare e sfamare, consolare e accogliere, smascherare l’idolo della ricchezza. Sarà una vita sempre povera, affamata d’oltre e marginale; eppure, al contempo, sempre ricca, piena, vibrante, appassionata.
Un modo controcorrente di essere uomini.
AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire e PAGINA FACEBOOK