Dio risana le nostre vite senza porre condizioni
Un lebbroso cammina diritto verso di lui. Gesù non si scansa, non mostra paura. Si ferma in faccia al dolore, al rifiuto del villaggio, così vicino da toccarlo. Il lebbroso “porterà vesti strappate, sarà velato fino al labbro superiore, starà solo e fuori” (Lev 13,46).
Dalla bocca velata, dal volto nascosto del rifiutato, esce un’espressione bellissima: «Se vuoi, puoi guarirmi». Con tutta la discrezione di cui è capace: «Se vuoi». E intuisco Gesù toccato da questa domanda grande e sommessa, che gli stringe il cuore e lo obbliga a rivelarsi: «Se vuoi».
A nome di tutti i figli dolenti della terra il lebbroso lo interroga: che cosa vuole veramente Dio da questa carne piagata, che se ne fa di queste lacrime? Vuole dolore o figli guariti? Davanti al contagioso, all’impuro, un cadavere che cammina, che non si deve toccare, uno scarto buttato fuori, Gesù prova “compassione”.
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Il vangelo usa un termine di una carica infinita, che indica un crampo nel ventre, un morso nelle viscere, una ribellione fisica: no, non voglio; basta dolore! Gesù prova compassione, allunga la mano e tocca.
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Altro commento di fra Ermes…
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NIENTE COME LA VITA
Gesù ci chiede di partecipare ad un solo miracolo: avere, come il Padre, viscere di misericordia, che è la perfezione di Dio, che sarà la perfezione dell’uomo.
Il lebbroso «porterà vesti strappate, sarà velato fino al labbro superiore, starà solo e fuori» (Levitico 13,46). Dalla bocca velata, dal volto nascosto del rifiutato esce un’espressione bellissima: «Se vuoi, puoi guarirmi». Con tutta la discrezione di cui è capace: «Se vuoi». E intuisco Gesù toccato da questa domanda grande e sommessa che può far cambiare il corso della storia, esattamente come è successo a Natale, poche settimane fa: tu puoi guarire il disamore del mondo.
Di quell’uomo che si sta decomponendo da vivo non conosciamo né il volto né il nome, perché è ogni uomo, sbalzato a terra dalla carovana troppo rapida e distratta del mondo.
Il rifiutato è stanco di fuggire e di gridare, e si avvicina al giovane rabbi, andando contro la legge. Attorno a lui il vuoto, ma Gesù rimane, non scappa, non si scansa, non lo manda via, gli sta in piedi davanti e lo ascolta. E riafferma così che nulla vale quanto la vita.
A nome di tutti noi il lebbroso domanda: ma qual è la volontà di Dio? Che cosa vuole veramente Dio da questa carne sfatta, da questo corpo piagato? Che cosa vuole dall’immenso pianto del mondo? Il profeta, bocca di Dio, ha detto: io non bevo il sangue, non mangio la carne dei vostri sacrifici. Ma ho un dubbio, come tutti i lebbrosi, come tutti i sofferenti: che Dio si disseti al calice delle nostre lacrime; che voglia ancora il sacrificio delle sue creature; che sia il dolore, accettato, a dare gloria a Dio.
Ho un dubbio, perché tanti fatti oggi insinuano, alludono che il corpo di lebbra o di dolore è ancora e sempre volontà di Dio.
Se vuoi… Il lebbroso si appella al desiderio di Dio, alla sua volontà. E riceve la risposta bellissima, la pietra d’angolo su cui poggia la nuova immagine di Padre: «lo voglio!» Un verbo totale, assoluto. Dio vuole, è coinvolto, gli importa, gli sta a cuore, patisce, urge in lui un patimento solo per me.
Ciò che è scritto qui non è una fiaba, funziona davvero, funziona così. Persone piene di Gesù oggi riescono a fare le stesse cose di Gesù, fanno miracoli. Vanno dai nostri lebbrosi della porta accanto, barboni, tossici, prostitute, li toccano con un gesto di affetto, un sorriso, con la conseguenza che molti di loro guariscono letteralmente dal loro male, diventando a loro volta guaritori. Succede ogni giorno, in ogni invisibile parte del mondo. Prendere il Vangelo sul serio ha dentro una potenza che cambia la vita.
Gesù tocca, e l’uomo è restituito alla famiglia, torna alle carezze. Gesù ci chiede di partecipare al desiderio di Dio, alle carezze restituite e non ai miracoli. O forse sì. Ci chiede di partecipare ad un solo miracolo: avere, come il Padre, viscere di misericordia, che è la perfezione di Dio, che sarà la perfezione dell’uomo.