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p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 11 Agosto 2024

Domenica 11 Agosto 2024
Commento al brano del Vangelo di: Gv 6, 41-51

LA CARNE DI DIO

Elia, il profeta guerriero, inseguito dai sicari della regina, alla fine si arrende: Basta, meglio morire.

Troppo cammino, troppo deserto, troppo dolore. Voglia solo di restare accucciato, sotto il cespuglio di ginestre.

Ed ecco un angelo, un profumo di pane cotto e acqua fresca di pozzo. Niente parole dure, di giudizio, di accusa, ma solo: Elia, mangia.

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Dio non fa trovare al profeta stanco un cavallo che divori le distanze assolate del deserto, ma solo un po’ di pane e acqua, una carezza e una parola. Il quasi niente, che perรฒ risveglia la sua forza. E il profeta cammina sulle sue gambe, e non su mani dโ€™angeli, con le forze che non sapeva di avere, fino al monte di Dio.

La prima lettura ci introduce al tema del pane, con il vangelo passiamo dal deserto alla sinagoga di Cafarnao, seguendo tre parole centrali:

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1. Io sono il pane disceso dal cielo.

In una sola frase si intrecciano tre metafore: pane, cielo, e un movimento di discesa. Il pane รจ tutto ciรฒ che fa vivere. Io sono pane: io faccio vivere. Il lavoro di Dio รจ alimentare la vita. Il nostro, semplicemente accoglierlo. Uno diventa ciรฒ che accoglie, uno diventa ciรฒ che lo abita.

Cielo che discende: Dio in cammino. Scende Dio, ed entra in me come pane. Dio sotto la mia pelle, sopra la mia povertร , come un re sul trono.

Prendiamo nota di questa azione descritta da Gesรน: discende per mille strade, in cento modi, discende verso di me e lo fa adesso, in questo momento, e continuamente. Mi avvolge, io sono immerso in lui. Lui immerso in me.

2. Nessuno puรฒ venire a me se non lo attira il Padre.

Un Dio attraente! Finalmente: non un dito puntato, ma una forza di attrazione cosmica. Io sono cristiano per attrazione, da parte non di un Dio onnipotente, ma di un Dio che tutto abbraccia(K. Jaaspers). Dentro tutte le creature รจ al lavoro una forza di attrazione divina verso la bellezza e la bontร , verso quelle cose che fanno star bene.

3. Chi mangia la mia carne.

Mangiare. Verbo cosรฌ semplice, quotidiano, vitale. Che indica cento cose, ma la prima รจ vivere di ciรฒ che mangi. Vivere di Dio รจ il senso ultimo del tempo e dellโ€™eterno. Dio dentro, che mi trasforma nel cuore, nel corpo, nellโ€™anima.

La mia carne, dice Gesรน, e non il mio corpo. La carne, cioรจ lโ€™umanitร  originaria e fragile: โ€œPrendete la mia umanitร  come misura alta del vivereโ€: racconti, gesti e parole, croce e pasqua.

Sta a me respirare la sua aria limpida e fresca, muovermi in quel mare dโ€™amore che ci avvolge e ci nutre, sognare i suoi sogni.

Del tuo Spirito รจ piena la terra: รจ piena, รจ colma, ne trabocca;

il Pane non sta sullโ€™altare della chiesa, ma sulla tavola di casa…dolce carne รจ quella di chi ti ama; dolente carne di Cristo รจ il povero; e tutta la gente insieme รจ la carne santa di Dio.

Per gentile concessione di p. Ermes, fonte.

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