Umanità impossibile senza compassione
Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 10 luglio 2022
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Uno dei racconti più belli al mondo. Solo poche righe, di sangue, polvere e splendore. Il mondo intero scende da Gerusalemme a Gerico. Nessuno può dire: io faccio un’altra strada, io non c’entro.
Siamo tutti sulla medesima strada. E ci salveremo insieme, o non ci sarà salvezza. Un sacerdote scendeva per quella stessa strada. Il primo che passa è un prete, un rappresentante di Dio e del potere, vede l’uomo ferito ma passa oltre. Non passare oltre il sangue di Abele. Oltre non c’è nulla, tantomeno Dio, solo una religione sterile come la polvere.
Invece un samaritano, che era in viaggio, vide, ne ebbe compassione, si fece vicino. Un samaritano, gente ostile e disprezzata, che non frequenta il tempio, si commuove, si fa vicino, si fa prossimo. Tutti termini di una carica infinita, bellissima, che grondano umanità. Non c’è umanità possibile senza compassione, il meno sentimentale dei sentimenti, senza prossimità, il meno zuccheroso, il più concreto. Il samaritano si avvicina. Non è spontaneo fermarsi, i briganti possono essere ancora nei dintorni. Avvicinarsi non è un istinto, è una conquista; la fraternità non è un dato ma un compito.
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I primi tre gesti concreti: vedere, fermarsi, toccare, tracciano i primi tre passi della risposta a “chi è il mio prossimo?”. Vedere e lasciarsi ferire dalle ferite dell’altro. Il mondo è un immenso pianto, e «Dio naviga in questo fiume di lacrime» (Turoldo), invisibili però a chi ha perduto gli occhi del cuore, come il sacerdote e il levita. Fermarsi addosso alla vita che geme e si sta perdendo nella polvere della strada. […]
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La straordinaria intelligenza comunicativa di Gesù si svela con una storia semplice, che tutti possono capire.
Le sue parabole rappresentano la punta più alta e geniale, la più rifinita del suo linguaggio, non l’eccezione. Insegnava non per concetti, ma per immagini e racconti, che liberano la mente, la rendono leggera e immediata.
Ecco una delle storie più belle al mondo.
Un uomo scendeva, e guai se ci fosse un aggettivo: giudeo o samaritano, ricco o povero, può essere perfino un disonesto, un brigante anche lui. E’ l’uomo, e tanto basta.
Non ne sappiamo il nome, ma sappiamo il suo dolore: ferito, colpito, terrore e sangue, faccia a terra. Simbolo di un oceano di uomini, derubati, bombardati, naufraghi, sacche di umanità insanguinata per ogni continente. Il mondo intero scende da Gerusalemme a Gerico, sempre.
Il primo che passa quella sera è un prete, che lo aggira, lo scansa, passa oltre.
Ma dov’è questo oltre? Cosa c’è oltre l’uomo? Il nulla. Tantomeno Dio. Oltre il dolore dell’uomo, non ci sono il tempio e il culto, c’è solo l’illusione di una religione sterile come la polvere.
Nessuno può dirsi estraneo, nessuno può dire “si fermino gli altri”. Bisogna avvicinarsi, vedere gli occhi, ascoltare il respiro, allora ti accorgi che quell’uomo è un pezzo di te.
E il sogno di un mondo nuovo distende le sue ali ai primi tre gesti del samaritano: lo vide, ne ebbe pietà, si fece vicino.
La compassione, descritta come una fitta nelle viscere, fa scendere il samaritano da cavallo e chinarsi sul ferito. La compassione non è istinto, è conquista; non è un dato, ma un compito . E poi altri sette verbi in fila per descrivere l’amore, un amore senza parole: versò, fasciò, caricò, portò, si prese cura, pagò. Fino al decimo verbo: ripasserò a saldare, se serve.
Quell’uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico è fortunato. Perché l’esperienza di essere amato gratuitamente, anche una sola volta nella vita, riempie tutto di senso, risana in profondità chi si sente calpestato nell’anima.
Il dottore ha domandato: cosa devo fare per essere vivo? Come si fa ad essere uomo? E Gesù risponde: tu amerai; lo sai già, lo dice la legge. Tutto il futuro è qui, in un unico imperativo.
Allora ama il prossimo tuo, ama i tuoi samaritani, quelli che ti hanno salvato, rialzato, che hanno sofferto per te. Chi ti ha versato olio e vino sulle ferite, e affetto nel cuore. Non dimenticare mai chi ti ha soccorso e ha pagato per te. Li amerai con gioia, con festa, con gratitudine. E da loro imparerai. Va’ e anche tu fai così.
L’appuntamento con Dio, per te e per tutti, è sempre sulla strada di Gerico.
AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire e PAGINA FACEBOOK