p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo del giorno, 15 Aprile 2020

La Parola nel tempo della distanza

 TI PREGO FERMATI!

Luca 24,13-35
Gesù si avvicinò e camminava con loro. Come avevano fatto insieme, maestro e discepoli, per tre anni, quasi fosse un ricominciare dall’inizio, dalla Galilea.

Caffè sospeso

Ed è, come allora, tutto un parlare, confrontarsi, insegnare, imparare, discutere, lungo almeno due ore di strada. Ma tutte le spiegazioni non sarebbero bastate per riconoscere Gesù. Giunti a Emmaus Gesù mostra di voler “andare più lontano”. Come un senza fissa dimora, un Dio migratore, lui va per spazi liberi e aperti che appartengono a tutti, come la strada.
Rimani con noi, perché si fa sera e il giorno sta per finire.
Lo invitano a restare, in una maniera così delicata che par quasi siano loro a chiedere ospitalità.

Poi la casa, non è detto niente di essa, perché possa essere la casa di tutti.
La strada e la casa, sono questi i due luoghi preferiti da Gesù per il suo insegnamento e per i suoi gesti di salvezza.
E in quella casa sono benedette tutte le case, le nostre, che sono le prime chiese, dove tutti sono sacerdoti di un rito amoroso.

Lo riconobbero allo spezzare del pane. Profumo di pane sulla tavola, tra tutti i cibi il più evidente ed eloquente. Lo riconobbero non perché quello fosse un gesto esclusivo e inconfondibile di Gesù – era compito di ogni padre spezzare il pane ai propri figli – chissà quante volte l’avevano fatto anche loro, magari in quella stessa stanza, ogni volta che la sera scendeva su Emmaus.

Ma tre giorni prima, il giovedì sera, era accaduto qualcosa che non avevano dimenticato: Gesù aveva dato il pane del suo corpo da mangiare. Lo riconobbero perché spezzare, rompere e consegnarsi contiene il segreto del vangelo: Dio è un pezzo di pane buono che si consegna alla fame dell’uomo, che si dona, nutre e scompare: prendete, è per voi! Non siamo noi ad esistere per Dio, è Dio che esiste per noi!

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