Durante questi giorni vedremo il capitolo 7. Questi tre capitoli, 5, 6 e 7 offrono un’idea di come si faceva la catechesi nelle comunità dei giudei convertiti nella seconda metà del primo secolo in Galilea ed in Siria. Dopo aver spiegato come ristabilire la giustizia (Mt 5,17 a 6,18) e come restaurare l’ordine della creazione (Mt 6,19-34), Gesù insegna come deve essere la vita in comunità (Mt 7,1-12).
La prima condizione per una buona convivenza comunitaria è non giudicare il fratello o la sorella. Il giudizio qui va inteso non come opinione, ma come condanna, disprezzo degli altri!!! Il giudizio ultimo è una competenza esclusiva di Dio; le nostre cifre di misura e i nostri criteri sono relativi; sono condizionati dalla nostra soggettività. Il Signore coglie nel vivo una difformità che portiamo dentro di noi, un limite umano, che spesso ci porta a catalogare le persone come e fossero cose.
Gesù non dice o proibisce di giudicare nel senso di avere o esprimere una opinione, ma ci ricorda di non considerare un giudizio una condanna. Oggi ci chiede di verificare se le nostre lenti del giudizio siano pulite o distorte , prima di mettere qualcuno sotto ad esse.
Per coloro che fanno appello a un cristianesimo senza giudizi, questo vangelo ci ricorda che è impossibile non esprimere una opinione, ma ci invita ad essere il più oggettivi possibile, ricordandoci che il giudizio non deve essere una condanna, e che spesso vediamo negli altri quei difetti e sbagli che sono dentro di noi.
Ancor di più, ci avvisa che chi giudica con tanta frequenza e cattiveria, è perché dentro di se vive contraddizioni e ipocrisie molto più profonde di chi stà accusando.
Fonte: Telegram
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