In questi gionri Giovanni mette innanzitutto in scena un dialogo tra due maestri, che si riconoscono tali reciprocamente: Nicodemo chiama Gesù “rabbi”, cioè “mio maestro”, e Gesù a sua volta lo definisce “maestro in Israele”. Si tratta però di un dialogo faticoso su una questione difficile, quella della possibilità di un’autentica rinascita dell’uomo.
Gesù afferma che questa rinascita può avvenire solo “dall’alto” (Gv 3,3), per azione di Dio, mentre Nicodemo si chiede come è possibile che chi è vecchio ritorni nuovamente nel grembo materno (cf. Gv 3,4)… In risposta a tale obiezione, Gesù parla della forza dello Spirito di Dio, che può operare la vera rinascita (cf. Gv 3,5-8), e poi fa a Nicodemo una grande rivelazione: affinché lo Spirito sia effuso da Dio sull’umanità, occorre che lui, il Figlio dell’uomo, sia “innalzato”. Oggi il vangelo vuole dirci i motivi di tutto questo.
L’innalzamento di Gesù avviene perché “Dio ha tanto amato il mondo da dargli il suo Figlio unigenito”: come Abramo non ha esitato a offrire al Signore il suo figlio unico, l’amato, Isacco (cf. Gen 22,1-19), così Dio dona a noi uomini il suo Figlio unico e amatissimo, affinché noi abbiamo la vita in abbondanza (cf. Gv 10,10)…
Di fronte agli uomini religiosi, sempre tentati di leggere l’operare di Dio come un giudizio di condanna, il vangelo assicura che “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”. Questa è l’intenzione profonda del cuore di Dio, il quale non vuole che il peccatore muoia, ma che viva e sia salvato.
P. Arturo MCCJ
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